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Stato di necessità evasione: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per evasione dagli arresti domiciliari. L’imputato aveva invocato lo stato di necessità evasione per presunti motivi di salute, ma la Corte ha ritenuto la giustificazione troppo generica e non provata, confermando la decisione dei giudici di merito che avevano negato l’esimente e le attenuanti generiche.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di necessità evasione: quando una giustificazione generica non basta

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’applicazione dello stato di necessità evasione. Un individuo, già ai domiciliari per motivi di salute, aveva lasciato la propria abitazione, sostenendo di doversi recare in ospedale. Tuttavia, la Suprema Corte ha confermato la condanna, stabilendo che una giustificazione generica non è sufficiente a integrare la scriminante prevista dall’articolo 54 del Codice Penale.

I Fatti del Caso

Un soggetto, sottoposto alla misura della detenzione domiciliare concessagli proprio per ragioni di salute, veniva fermato dalle forze dell’ordine al di fuori della sua abitazione. In seguito, veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di evasione (art. 385 c.p.) e per false dichiarazioni a un pubblico ufficiale (art. 495 c.p.).

L’imputato proponeva ricorso per cassazione, basando la sua difesa principalmente su due motivi: il mancato riconoscimento dello stato di necessità e la presunta eccessività della pena inflitta, oltre al diniego delle attenuanti generiche.

L’impugnazione e lo stato di necessità evasione

Il nucleo centrale del ricorso verteva sul presunto stato di necessità evasione. La difesa sosteneva che l’imputato fosse stato costretto a violare i domiciliari a causa di un’urgenza sanitaria che richiedeva un immediato accesso a cure ospedaliere. A detta del ricorrente, la Corte d’Appello aveva erroneamente negato l’applicazione dell’esimente.

Il secondo motivo di ricorso criticava la graduazione della pena, ritenuta sproporzionata, e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della sanzione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati.

Per quanto riguarda il primo punto, i giudici hanno sottolineato come la Corte territoriale avesse correttamente escluso lo stato di necessità con una motivazione logica e coerente. L’imputato non aveva fornito alcuna specifica indicazione sulle ragioni di salute che lo avrebbero spinto a uscire di casa con urgenza. Inoltre, non aveva spiegato perché avesse taciuto tali motivi agli agenti che lo avevano fermato. La genericità delle sue affermazioni è stata decisiva per il rigetto della tesi difensiva.

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena e la concessione delle attenuanti generiche rientrano nella discrezionalità del giudice di merito. Tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia palesemente illogica o arbitraria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato il diniego delle attenuanti, evidenziando l’assenza di elementi positivi di valutazione e considerando il comportamento tenuto dall’imputato.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati. Lo stato di necessità, per poter scriminare un reato come l’evasione, deve essere supportato da prove concrete di un pericolo attuale e grave per la persona, non altrimenti evitabile. Una semplice dichiarazione di ‘motivi di salute’, senza ulteriori specificazioni, non è sufficiente a integrare i requisiti dell’art. 54 c.p., soprattutto quando la misura restrittiva era stata concessa proprio per tutelare lo stato di salute del soggetto.

In merito alla dosimetria della pena, la Corte ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio nel merito, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge. La scelta del trattamento sanzionatorio, se adeguatamente motivata in base ai criteri degli artt. 132 e 133 c.p., è insindacabile. La Corte d’Appello aveva correttamente giustificato la propria decisione, valorizzando elementi negativi come il comportamento complessivo dell’imputato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: chi invoca una causa di giustificazione, come lo stato di necessità, ha l’onere di allegare elementi specifici e concreti a suo sostegno. Non basta una generica affermazione per superare la presunzione di colpevolezza. Per chi si trova agli arresti domiciliari, anche per motivi di salute, qualsiasi allontanamento non autorizzato deve essere giustificato da una situazione di pericolo eccezionale, imminente e debitamente documentabile. In assenza di tali prove, la condanna per evasione è una conseguenza inevitabile.

Quando si può invocare lo stato di necessità per giustificare un’evasione dagli arresti domiciliari?
Per invocare lo stato di necessità è necessario dimostrare in modo specifico e concreto l’esistenza di un pericolo attuale e grave per la propria salute, non altrimenti evitabile. Secondo la Corte, una generica affermazione di ‘motivi di salute’ non è sufficiente.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati. La tesi dello stato di necessità era generica e non provata, mentre le censure sulla pena e sulle attenuanti miravano a una rivalutazione del merito, non consentita nel giudizio di legittimità.

La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare l’adeguatezza della pena, che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Può intervenire solo se la motivazione della sentenza è manifestamente illogica, arbitraria o del tutto assente, cosa che non è avvenuta in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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