Occupazione Abusiva e Stato di Necessità: Quando è Giustificata?
L’occupazione abusiva di un immobile è un reato, ma cosa accade quando è dettata da una situazione di grave difficoltà economica? Il concetto di stato di necessità è spesso invocato in questi casi, ma la sua applicazione è tutt’altro che automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 45716/2024) ha fornito importanti chiarimenti sui limiti di questa causa di giustificazione, distinguendo tra emergenza temporanea e bisogno abitativo permanente.
I Fatti del Caso: L’Appello contro la Condanna
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava una donna condannata dalla Corte d’Appello di Palermo per l’occupazione abusiva di un immobile. La difesa della donna aveva presentato ricorso in Cassazione basandosi principalmente su due motivi: il mancato riconoscimento dello stato di necessità (art. 54 c.p.) e la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
La ricorrente sosteneva che le sue precarie condizioni economiche e la presenza di figli a carico configurassero una situazione di necessità tale da giustificare la sua condotta, escludendone la punibilità.
Lo Stato di Necessità e il Diritto all’Abitazione
Lo stato di necessità è una scriminante prevista dal codice penale che rende non punibile un’azione illecita se compiuta per salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. La giurisprudenza ha da tempo riconosciuto che la compromissione del diritto all’abitazione, tutelato anche a livello costituzionale, può rientrare nel concetto di “danno grave alla persona”.
Tuttavia, per poter invocare con successo questa scriminante, devono ricorrere specifici presupposti:
1. Pericolo Attuale: Il rischio di subire un danno grave deve essere imminente e in corso.
2. Danno Grave alla Persona: Il pericolo deve riguardare diritti fondamentali dell’individuo, come la salute o, appunto, l’abitazione.
3. Inevitabilità: La condotta illecita deve essere l’unico modo per evitare il pericolo.
La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire e precisare la portata di questi requisiti nel contesto dell’emergenza abitativa.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni si concentrano su una distinzione cruciale: quella tra pericolo attuale e transitorio e un’esigenza abitativa di carattere stabile e permanente.
Gli Ermellini hanno stabilito che lo stato di necessità può essere invocato solo in relazione a un pericolo attuale e transitorio. Non può, invece, diventare uno strumento per sopperire in via definitiva alla necessità di trovare un alloggio. In altre parole, la scriminante è concepita per fronteggiare un’emergenza improvvisa e temporanea (es. uno sfratto esecutivo imminente senza alternative immediate), non per risolvere una condizione cronica di difficoltà abitativa.
Nel caso specifico, la difesa non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare l’esistenza di un pericolo con tali caratteristiche, limitandosi a contestare la valutazione dei giudici di merito senza evidenziare errori logici o travisamenti di prove. Di conseguenza, il motivo di ricorso è stato giudicato una mera riproposizione di argomenti di fatto, non ammissibile in sede di legittimità.
Anche il motivo relativo alla particolare tenuità del fatto è stato respinto, in quanto la Corte d’Appello aveva già adeguatamente motivato le ragioni per cui tale istituto non era applicabile al caso di specie.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche dell’Ordinanza
La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: sebbene il diritto all’abitazione sia un diritto fondamentale, la sua tutela non può avvenire attraverso la compressione indiscriminata del diritto di proprietà altrui. Lo stato di necessità rimane un’ancora di salvezza per situazioni di emergenza reale e imminente, ma non può essere invocato come una giustificazione generalizzata per l’occupazione abusiva di immobili.
Questa pronuncia chiarisce che chi si trova in una situazione di difficoltà abitativa deve percorrere le vie legali e istituzionali previste per l’assegnazione di alloggi popolari o per ottenere sussidi. L’occupazione illegale è ammessa come extrema ratio solo in circostanze eccezionali, temporanee e non altrimenti risolvibili, il cui onere della prova spetta a chi la invoca.
L’occupazione abusiva di un immobile può essere giustificata dallo stato di necessità?
Sì, ma solo a condizioni molto rigorose. La giurisprudenza ammette che l’occupazione possa essere scriminata se serve a fronteggiare un pericolo attuale e transitorio di un danno grave alla persona, come la perdita dell’abitazione.
Quali sono le condizioni per invocare lo stato di necessità in caso di occupazione?
Devono sussistere contemporaneamente tre elementi: l’assoluta necessità della condotta (l’occupazione deve essere l’unica soluzione possibile), l’inevitabilità del pericolo (il danno non può essere evitato in altro modo) e la natura attuale e transitoria del pericolo stesso.
Lo stato di necessità può essere usato per risolvere in via definitiva un problema abitativo?
No. La Corte di Cassazione, basandosi su un orientamento consolidato, ha chiarito che questa scriminante non può essere utilizzata per sopperire alla necessità strutturale di reperire un alloggio, ma solo per far fronte a un’emergenza temporanea e non a un’esigenza abitativa permanente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45716 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45716 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 26/08/1973
avverso la sentenza del 14/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto il ricorso di COGNOME ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa deduce vizio di motivazione in merito al mancato riconoscimento della scriminante di cui all’art 54 cod pen., è formulato in termini non consentiti in questa sede avendo la Corte territori sostenuto non essere stata acquisita la prova dell’esistenza dei presupposti dell’esimente che vengono in questa sede allegati facendo riferimento alle precarie condizion economiche della ricorrente e la presenza di figli a carico e, pertanto, opponendo a quell dei giudici di merito una valutazione antitetica senza, tuttavia, denunziare al travisamento di dati acquisiti al processo e pretermessi di cui, in ogni caso, non si conto ai fini della autosufficienza;
ribadito che l’abusiva occupazione di un bene immobile ben può essere scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, che può consistere anche nella compronnissione del diritto di abitazione ovvero di altri di fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., purché, tutt ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitut scriminante, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del perico consegue che la stessa può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di reperire un alloggio al fine di risolv via definitiva la propria esigenza abitativa (cfr., Sez. 2 – , n. 10694 del 30/10/2019, 27/03/2020, Tortorici, Rv. 278520 – 01);
ritenuto che con il primo e, ancora, con il secondo motivo del ricorso la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. si risolvono nella mera contestazione del risultato dell’apprezzamento operato dalla Corte d’appello che ha invece motivatamente argomentato (cfr., pagg. 4-5 della sentenza) circa la assenza dei presupposti sia di natura oggettiva che soggettiva per la sua applicabilità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024
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Il Consigliere COGNOME
Il Presidente