Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14616 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14616 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/06/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI CATANIA nel procedimento a carico di: NOME COGNOME nato il 14/07/1996
avverso l’ordinanza del 25/01/2018 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Il PG chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME udito il difensore
Ritenuto in fatto
1. Con la decisione in epigrafe, il Tribunale di Catania, all’esito di udienza camerale ex art. 309 cod. proc. pen. attivata su richiesta di riesame proposta da Amet Tine, annullava l’ordinanza, 11 gennaio 2018, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città aveva applicato al ricorrente la misura della custodia cautelare in carcere, avendo ritenuto la sussistenza di gravi indizi e di esigenze cautelari in ordine ai delitti di cui all’ art. 12, comm 3 bis e 3 ter, D.Lgs. n. 286 del 1998, e all’art. 586 cod. pen..
COGNOME era stato addebitato il reato di favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina ai fini di illecito profitto, per avere condotto gommone partito dalle coste libiche, a bordo del quale si trovavano 120 cittadini extracomunitari, e di avere cagionato, ponendo in essere la condotta diretta a procurarne l’irregolare ingresso nel territorio dello Stato italiano, la morte di ot di essi a seguito del naufragio dell’imbarcazione verificatosi in acque internazionali, otto ore dopo la partenza.
1.1 A ragione della decisione il Tribunale osservava che non era in dubbio il ruolo attribuito al ricorrente di conducente dell’imbarcazione, e tuttavia sussistevano elementi tali da poter configurare l’esimente dello stato di necessità. A detta del Tine, egli aveva corrisposto l’intero prezzo del viaggio, era stato tenuto prigioniero per circa un mese prima dell’imbarco e già in tale torno di tempo minacciato per il rifiuto opposto alla richiesta di condurre il gommone; un libico gli aveva sparato ad un piede di fronte al suo rifiuto di mettersi al post di comando; anche il giorno della partenza era stato picchiato e minacciato con una pistola.
Il provvedimento riferisce che l’assunto difensivo aveva trovato riscontro, quanto al nucleo essenziale relativo all’esistenza di una situazione di costrizione, nelle dichiarazioni degli altri migranti che avevano riferito circa la presenza, nei frangenti immediatamente precedenti l’imbarco, di libici armati di fucili e di pistole, dai quali erano stati minacciati allorchè si erano rifiutati di salire natante per le avverse condizioni del mare; quanto alla specifica violenza subita dall’indagato, il Tribunale dava atto che questi si era presentato in udienza facendo uso di stampelle accordategli, secondo quanto riferito dalla polizia penitenziaria, dal sanitario del carcere perché ferito a un piede.
2. Avverso detta ordinanza il Procuratore Distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Catania ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con motivo formalmente unico, inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale in relazione all’art. 54 cod. pen. e vizio di motivazione in punto di concretezza e attualità del pericolo nonché di inevitabilità della condotta in tesi necessitata. La decisione si era limitata a valorizzare genericamente la sussistenza di un pericolo per la vita e l’incolumità dell’indagato al momento dell’imbarco, mentre nulla emergeva dal testo del provvedimento in ordine alla persistenza di tale pericolo anche nel corso del viaggio durato otto ore, non essendo emersa, alla stregua delle dichiarazioni rese dalla generalità dei trasportati, la presenza di soggetti armati durante la traversata. Erroneamente poi le dichiarazioni dell’indagato erano state ritenute riscontrate dagli apporti informativi degli altri migranti, nessuno di essi avendo indicato specifiche condotte minacciose o violente realizzate in danno del Tine, ma avendo esclusivamente indicato la sola presenza di soggetti armati intenti a vigilare sulle operazioni di imbarco. Quanto, infine, alla presunta violenza fisica in pregiudizio del ricorrente, incongruo appariva il riferimento alla constatazione visiva di difficoltà deambulatorie dell’indagato, mancando qualunque accertamento medico-legale sulla natura del ferimento e sulla sua riconducibilità ai fatti di cu alle elevate incolpazioni.
Considerato in diritto
Ritiene il Collegio che il ricorso appare fondato.
1. Con esso, come innanzi sintetizzato, il ricorrente propone una duplice censura, l’una relativa alla violazione della disciplina portata dall’art. 54 cod pen., l’altra riguardante la motivazione sviluppata dal Tribunale a dimostrazione della configurabilità e ricorrenza, nel caso in disamina, della invocata esimente.
Orbene, quanto al primo dei profili detti, giova ricordare che, in tema di cause di giustificazione, incombe su colui che deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di un’esimente, se non un vero e proprio onere probatorio inteso in senso civilistico, un compiuto onere di allegazione di elementi di indagine per porre il giudice nella condizione di accertare la sussistenza o quanto meno la probabilità di sussistenza dell’esimente (Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, COGNOME, Rv. 261657; Sez. 2, n. 20171 del 07/02/2013, Weng, Rv. 255916). La scriminante dello stato di necessità di cui all’art.54 cod. pen. accorda la non punibilità a chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, e al riguardo l’operatività della scriminante non può scattare sulla base di fatti sforniti di riscontri oggettivi e accertati in via presuntiva.
Quanto al secondo profilo, va ricordato che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità de risultati della interpretazione dei dati indiziari e di attingere il merito dell’a ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli eleme probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della conseguenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici.
Nel caso in esame, entrambe le doglianze del ricorrente colgono nel segno.
3. Il Tribunale non ha dubitato del “comprovato” ruolo svolto dall’indagato di conducente dell’imbarcazione, con la quale era stata effettuata la traversata sino al naufragio verificatosi in acque internazionali, né della sua intrinseca significatività in una fattispecie concreta come quella in esame, dove l’incarico di condurre l’imbarcazione costituisce l’essenza del fatto ed integra l’in sé dello scopo delittuoso perseguito, ma ha sostenuto la sussistenza di elementi tali da poter configurare in favore dell’agente l’esimente dello stato di necessità, alla luce delle generiche argomentazioni difensive volte ad affermare la ricorrenza di un costringimento fisico e psichico subito dal Tine, indotto ad assumere il ruolo attivo e rilevante di nocchiero dell’imbarcazione. Argomentazioni ritenute riscontrate dalla complessiva atmosfera intimidatoria conseguente alle minacce praticate dai criminali organizzatori verso i migranti.
4. Epperò, le dichiarazioni valorizzate dal Tribunale (segnatamente quelle rese dai soli NOME COGNOME e di NOME COGNOME) davano atto, come correttamente annota il ricorrente, della sola presenza sulla spiaggia di soggetti libici armati, impegnati a sovraintendere alle operazioni di imbarco e a costringere a salire a bordo coloro che si erano opposti per le avverse condizioni del mare. Di contro, nessuno dei migranti ha fornito indicazioni circa la costrizione subita dall’indagato, né si comprende il meccanismo logico secondo il quale le minacce praticate nei confronti degli stranieri riottosi ad intraprendere i viaggio fossero idonee a dimostrare le condotte intimidatorie e violente asseritamente praticate nei confronti del COGNOME per il rifiuto dal medesimo opposto a pilotare l’imbarcazione; lo stesso COGNOME aveva sostenuto di aver subito minacce e violenze in modo del tutto vago, generico e indeterminato, collocandole temporalmente nel corso dell’intero mese nel quale, in tesi, era stato tenuto prigioniero e aggiungendo di essere stato picchiato e minacciato anche il giorno dell’imbarco. Senza contare che, secondo quanto emerge dallo stesso provvedimento, né secondo l’assunto dell’indagato, né dalle dichiarazioni dei trasportati era emerso che, nel corso della traversata, fossero presenti a bordo del gommone esponenti dell’organizzazione.
5. Ed allora appaiono fondate le notazioni del ricorrente in ordine al difetto di motivazione sia in punto di concretezza del pericolo sia in punto di attualità dello stesso, avendo il Tribunale, da un lato, sopperito all’assenza di riscontri oggettivi alla tesi difensiva, sostenendo che la plausibilità della sussistenza delle minacce e delle violenze, asseritamente perpetrate prima dell’imbarco ai danni del Tine per costringerlo ad assumere il ruolo di pilota, si poteva ricavare induttivamente dalle minacce subite da due migranti che avevano tentato di rifiutare l’imbarco, preoccupati per le inclementi condizioni del mare; dall’altro avendo ritenuto sussistente, concreto e inevitabile il pericolo per l’incolumità dell’indagato nel corso dell’intervento necessitato, consistito nel condurre il gommone per l’intera durata del viaggio di otto ore dalle coste libiche sino al luogo in cui si era verificato il naufragio, sebbene a bordo del natante non vi fosse nessun altro esponente dell’organizzazione, ma solo i migranti trasportati e il conducente, ossia la vittima delle asserite minacce; il che sembra confliggere con la tesi volta ad affermare la ricorrenza di uno stato di necessità penalmente rilevante ai sensi dell’art. 54 cod. pen. in capo all’indagato, che non risulta abbia allegato (o almeno il provvedimento non ne dà conto) di aver condotto l’imbarcazione, durante l’intera durata del viaggio, per insuperabile stato di costrizione, avendo subito la minaccia di un male imminente, non altrimenti evitabile, e di non avere potuto sottrarsi, nemmeno putativamente, al pericolo minacciato. Bastando qui solo aggiungere, quanto all’osservazione, secondo la quale la scriminata condotta di favoreggiamento dell’immigrazione travolgerebbe anche la contestazione di cui all’art. 586 cod. pen., che lo stato di necessità è incompatibile con situazioni di pericolo volontariamente cagionate dallo stesso soggetto attivo (Sez. 2, n. 19714 del 14/04/2015, COGNOME, Rv. 263533), tal che appare difficilmente confutabile che chi si rivolga ad una organizzazione criminale allo scopo di raggiungere clandestinamente e illegalmente le coste italiane, attraverso un pericoloso viaggio marittimo in precarie o inesistenti condizioni di sicurezza, accetta il rischio di esporsi a pericoli per la propria altrui incolumità, e tale situazione appare incompatibile con la scriminante invocata, che giustifica, del tutto eccezionalmente, condotte di reato poste in essere a danno di terzi, a patto che l’agente non sia responsabile della situazione di pericolo che lo costringerebbe a recar offesa ad altri, solo per non subire lui un danno grave alla persona. Mentre, e per concludere, correttamente il ricorrente ha ritenuto meramente presunta e priva di obiettiva base fattuale la violenza specifica subita dall’indagato, a detta del quale un libico lo avrebbe sparato ad un piede, non potendo al proposito valere la constatazione visiva da parte del Tribunale delle difficoltà di deambulazione dello stesso, senza alcun accertamento medico-legale sulla natura e sulla causa della riferita lesione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
6. Alla stregua delle superiori considerazioni l’ordinanza deve es annullata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame: libero negli e ma che si attenga alle coordinate ermeneutiche fissate da questa Co regolatrice sui presupposti dell’invocata esimente e che colmi le evidenz lacune della motivazione, senza incorrere nelle illogicità che affliggono il per argomentativo dell’impugnata decisione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale d Catania competente ex art. 309 cod. proc. pen., con integrale trasmissione d atti.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018
onsigliere; stensore Il Presidente Il