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Stato di necessità e immigrazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione analizza il caso di un uomo, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver guidato un gommone, che invocava lo stato di necessità. La Corte ha annullato la decisione di un tribunale inferiore che aveva accolto questa difesa, sottolineando che lo stato di necessità richiede una prova rigorosa di un pericolo attuale e inevitabile. Secondo la Suprema Corte, le minacce generiche subite prima della partenza non sono sufficienti se il pericolo non persiste durante l’intera traversata. La sentenza chiarisce che chi si affida volontariamente a organizzazioni criminali per un viaggio pericoloso difficilmente può poi invocare questa esimente.

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Pubblicato il 11 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di necessità: non basta la paura per giustificare la guida di un barcone

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14616/2019, offre un’importante lezione sui limiti dell’applicazione dello stato di necessità nei casi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La Suprema Corte ha stabilito che, per essere scriminati, non è sufficiente provare una generica situazione di minaccia prima della partenza, ma occorre dimostrare un pericolo attuale, concreto e inevitabile per tutta la durata della condotta illecita. Analizziamo insieme questa pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo accusato di favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina e di aver causato la morte di otto persone come conseguenza del naufragio del gommone che stava conducendo. L’imbarcazione, partita dalle coste libiche con a bordo 120 persone, era naufragata in acque internazionali dopo circa otto ore di navigazione. Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto la custodia cautelare in carcere per l’imputato. Tuttavia, il Tribunale del Riesame aveva annullato tale misura, ritenendo plausibile la difesa dell’uomo, che sosteneva di aver agito in stato di necessità.

La Tesi Difensiva e la Decisione del Tribunale

L’imputato aveva dichiarato di essere stato costretto a guidare il gommone sotto minaccia. Aveva raccontato di essere stato tenuto prigioniero per un mese, di essere stato picchiato e minacciato con una pistola, e che un trafficante gli aveva sparato a un piede quando si era rifiutato di mettersi al comando. Il Tribunale del Riesame aveva considerato questa versione credibile, valorizzando le testimonianze di altri migranti che confermavano la presenza di uomini armati sulla spiaggia, i quali minacciavano chiunque si rifiutasse di imbarcarsi a causa delle cattive condizioni del mare. La ferita al piede dell’imputato, che si presentò in udienza con le stampelle, fu ritenuta un ulteriore riscontro.

L’analisi sullo stato di necessità della Corte di Cassazione

La Procura ha impugnato la decisione del Tribunale, e la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso per un nuovo esame. La Suprema Corte ha mosso diverse critiche alla valutazione del giudice di merito. In primo luogo, ha ribadito un principio fondamentale: chi invoca una causa di giustificazione come lo stato di necessità ha l’onere di allegare elementi concreti e specifici a sostegno della propria tesi. Non ci si può basare su presunzioni o sulla generica atmosfera di intimidazione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono state chiare e rigorose. I giudici hanno evidenziato una debolezza logica nel ragionamento del Tribunale: le minacce rivolte agli altri migranti per costringerli a salire a bordo non provavano, di per sé, una coercizione specifica e irresistibile nei confronti di chi doveva pilotare l’imbarcazione. Mancava un nesso diretto.

Il punto cruciale, però, riguarda i requisiti dello stato di necessità: il pericolo deve essere attuale e inevitabile. La Corte ha osservato che, anche ammettendo le minacce sulla spiaggia, nulla dimostrava che tale pericolo fosse persistito durante le otto ore di navigazione. Dalle testimonianze, infatti, non era emersa la presenza di membri armati dell’organizzazione a bordo del gommone. Una volta in mare, il conducente era insieme agli altri migranti. Il pericolo, quindi, non era più attuale.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come la scriminante dello stato di necessità sia difficilmente compatibile con situazioni di pericolo che il soggetto ha contribuito a creare. Chi si rivolge volontariamente a un’organizzazione criminale per intraprendere un viaggio illegale e palesemente pericoloso, accetta implicitamente un alto livello di rischio per la propria e altrui incolumità. Questa scelta volontaria iniziale rende difficile sostenere che il pericolo successivo fosse del tutto imprevedibile e non causato.

Infine, anche il riscontro della ferita al piede è stato giudicato insufficiente, in assenza di un accertamento medico-legale che ne confermasse la natura e la riconducibilità ai fatti narrati.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un confine netto: la difesa basata sullo stato di necessità non può fondarsi su una ricostruzione presuntiva o su un generico contesto di violenza. È necessario fornire prove concrete di una minaccia grave, attuale durante l’intera condotta criminale, e inevitabile. La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, rafforza il principio secondo cui la responsabilità penale per reati gravissimi come il favoreggiamento dell’immigrazione non può essere elusa se non di fronte a una prova rigorosa e circostanziata di una coercizione irresistibile, un onere che spetta a chi la invoca.

Chi deve provare lo stato di necessità in un processo penale?
Secondo la sentenza, colui che invoca lo stato di necessità ha un ‘compiuto onere di allegazione’. Ciò significa che deve fornire al giudice elementi di indagine e prove concrete per dimostrare la sussistenza, o almeno la probabilità, della situazione di pericolo che lo avrebbe costretto a commettere il reato.

Un pericolo esistente solo prima di commettere il reato è sufficiente per invocare lo stato di necessità?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il pericolo deve essere ‘attuale’. Nel caso specifico, anche se ci fossero state minacce sulla spiaggia prima della partenza, non è stato provato che il pericolo persistesse durante le otto ore di navigazione, dato che a bordo non c’erano esponenti armati dell’organizzazione. Il pericolo deve quindi essere presente durante la condotta illecita.

Una persona che si affida volontariamente a criminali per un viaggio pericoloso può invocare lo stato di necessità?
La Corte lo ritiene difficilmente compatibile. La sentenza afferma che chi si rivolge a un’organizzazione criminale per un viaggio clandestino ‘accetta il rischio di esporsi a pericoli’. Poiché lo stato di necessità richiede che il pericolo non sia stato ‘volontariamente cagionato’ dall’agente, questa scelta iniziale di mettersi in una situazione rischiosa rende problematica l’applicazione della scriminante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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