Stato di Necessità: Non Basta Affermarlo, Bisogna Provarlo
Introduzione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9056/2024, ha ribadito principi fondamentali in materia di cause di giustificazione e benefici premiali nel diritto penale. Il caso riguarda un uomo condannato per furto che ha tentato di giustificare la propria condotta invocando lo stato di necessità e la particolare tenuità del fatto. La decisione della Suprema Corte offre spunti cruciali sull’onere della prova e sui limiti all’applicazione di tali istituti, specialmente in presenza di una carriera criminale consolidata.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per furto (art. 624 c.p.) emessa in primo grado e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Messina. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso: Particolare Tenuità e Stato di Necessità
Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomenti principali:
1. La non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.): Sosteneva che il fatto commesso fosse di minima gravità e che, pertanto, non meritasse una sanzione penale. Questo istituto permette al giudice di non punire l’autore di un reato quando l’offesa è particolarmente lieve e il comportamento non è abituale.
2. La scriminante dello stato di necessità (art. 54 c.p.): Affermava di aver agito per far fronte a un bisogno impellente e inevitabile, ovvero una condizione di grave indigenza. Lo stato di necessità è una causa di giustificazione che rende non punibile un’azione illecita se compiuta per salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona.
La Decisione della Cassazione e le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni chiare e in linea con la giurisprudenza consolidata.
L’Abitualità della Condotta come Ostacolo alla Tenuità del Fatto
Il primo motivo è stato giudicato generico. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente negato il beneficio dell’art. 131 bis c.p. a causa del carattere ostativo dell’abitualità della condotta. Dal casellario giudiziale dell’imputato emergevano, infatti, ben dieci precedenti specifici per reati contro il patrimonio. Questa circostanza, secondo la legge e l’interpretazione costante della giurisprudenza, dimostra una tendenza a delinquere che è incompatibile con la concessione del beneficio, riservato a episodi del tutto sporadici e occasionali.
Lo Stato di Necessità e il Rigoroso Onere della Prova
Il secondo motivo, relativo allo stato di necessità, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha ricordato che l’imputato che invoca questa scriminante ha un preciso onere di allegazione. Non è sufficiente affermare di trovarsi in difficoltà, ma è necessario dimostrare tutti gli elementi che compongono la causa di giustificazione:
* Un pericolo attuale e imminente di un danno grave alla persona.
* L’inevitabilità del pericolo, ovvero l’impossibilità di evitarlo con mezzi leciti.
* La proporzionalità tra il fatto commesso e il pericolo che si intendeva evitare.
Nel caso di specie, l’imputato si era limitato a dedurre uno stato di indigenza, senza però documentarlo o fornire alcuna prova concreta. Questa mera affermazione non è stata ritenuta sufficiente per dimostrare l’esistenza di uno stato di costrizione insuperabile. La Corte ha concluso che la mancanza di una prova rigorosa esclude l’operatività della scriminante.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce due principi cardine del diritto penale. In primo luogo, il beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto non è accessibile a chi ha una storia di reati specifici, poiché l’abitualità della condotta è un chiaro indicatore di pericolosità sociale. In secondo luogo, e con ancora maggiore enfasi, lo stato di necessità non è un’autocertificazione. Chi lo invoca deve fornire prove concrete e dettagliate di una situazione di pericolo grave, attuale e non altrimenti evitabile. Una semplice dichiarazione di povertà, senza alcun supporto probatorio, non è sufficiente a giustificare la commissione di un reato.
Avere precedenti penali specifici impedisce di ottenere il beneficio della particolare tenuità del fatto?
Sì, secondo l’ordinanza, la presenza di numerosi precedenti specifici (nel caso esaminato, dieci per reati contro il patrimonio) costituisce ‘abitualità della condotta’, che è una causa ostativa alla concessione del beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto previsto dall’art. 131 bis c.p.
Per invocare lo stato di necessità è sufficiente dichiarare di essere in uno stato di indigenza?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’imputato ha un onere di allegazione e prova di tutti gli estremi della causa di esenzione. La sola deduzione di uno stato di indigenza, non documentata, non basta a integrare la scriminante dello stato di necessità.
Chi ha l’onere di provare i presupposti dello stato di necessità in un processo penale?
L’onere di allegare e provare tutti gli elementi dello stato di necessità (come l’insuperabile stato di costrizione e l’imminenza di un male non altrimenti evitabile) ricade sull’imputato che invoca tale causa di giustificazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9056 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9056 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Mes che ha confermato la condanna riportata in primo grado dal predetto in ordine al reato di all’art. 624 cod.pen.;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta il diniego alla richi concessione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., è generico per aspecificità, dal momento che non si confronta con le statuizioni della Corte territoria conformemente alla consolidata giurisprudenza di legittimità, ha riscontrato il carattere o alla concessione del beneficio dell’abitualità della condotta (attestando la presenza di precedenti specifici, sul casellario, per reati contro il patrimonio, a carico dell’odierno r
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia il manca riconoscimento della scriminante dello stato di necessità, è manifestamente infondato in quan per costante giurisprudenza, “in tema di stato di necessità di cui all’art. 54 cod. pen., l’im ha un onere di allegazione avente per oggetto tutti gli estremi della causa di esenzione, s egli deve allegare di avere agito per insuperabile stato di costrizione, avendo subito la mi di un male imminente non altrimenti evitabile, e di non avere potuto sottrarsi, nemm putativamente, al pericolo minacciato, con la conseguenza che il difett tale allegazione esclude l’operatività dell’esimente”; appare così ineccepibile la motivazione della Corte territoriale, la quale ha confermato l’inoperatività dell’art. 54 cod. pen., sul pre che l’imputato aveva solo dedotto, e non documentato, lo stato di indigenza che avrebbe potut a rigorose condizioni, l’applicazione della causa di giustificazione;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conda del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore de Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 gennaio 2024
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Il consigliere estensore
Il Presidente