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Stato di necessità e furto: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per furto. L’imputato sosteneva di aver agito per stato di necessità e richiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, sottolineando che la presenza di numerosi precedenti specifici ostacolava il beneficio della tenuità e che lo stato di necessità richiede una prova rigorosa, non una mera affermazione di indigenza.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di Necessità: Non Basta Affermarlo, Bisogna Provarlo

Introduzione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9056/2024, ha ribadito principi fondamentali in materia di cause di giustificazione e benefici premiali nel diritto penale. Il caso riguarda un uomo condannato per furto che ha tentato di giustificare la propria condotta invocando lo stato di necessità e la particolare tenuità del fatto. La decisione della Suprema Corte offre spunti cruciali sull’onere della prova e sui limiti all’applicazione di tali istituti, specialmente in presenza di una carriera criminale consolidata.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per furto (art. 624 c.p.) emessa in primo grado e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Messina. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso: Particolare Tenuità e Stato di Necessità

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomenti principali:

1. La non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.): Sosteneva che il fatto commesso fosse di minima gravità e che, pertanto, non meritasse una sanzione penale. Questo istituto permette al giudice di non punire l’autore di un reato quando l’offesa è particolarmente lieve e il comportamento non è abituale.
2. La scriminante dello stato di necessità (art. 54 c.p.): Affermava di aver agito per far fronte a un bisogno impellente e inevitabile, ovvero una condizione di grave indigenza. Lo stato di necessità è una causa di giustificazione che rende non punibile un’azione illecita se compiuta per salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona.

La Decisione della Cassazione e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni chiare e in linea con la giurisprudenza consolidata.

L’Abitualità della Condotta come Ostacolo alla Tenuità del Fatto

Il primo motivo è stato giudicato generico. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente negato il beneficio dell’art. 131 bis c.p. a causa del carattere ostativo dell’abitualità della condotta. Dal casellario giudiziale dell’imputato emergevano, infatti, ben dieci precedenti specifici per reati contro il patrimonio. Questa circostanza, secondo la legge e l’interpretazione costante della giurisprudenza, dimostra una tendenza a delinquere che è incompatibile con la concessione del beneficio, riservato a episodi del tutto sporadici e occasionali.

Lo Stato di Necessità e il Rigoroso Onere della Prova

Il secondo motivo, relativo allo stato di necessità, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha ricordato che l’imputato che invoca questa scriminante ha un preciso onere di allegazione. Non è sufficiente affermare di trovarsi in difficoltà, ma è necessario dimostrare tutti gli elementi che compongono la causa di giustificazione:

* Un pericolo attuale e imminente di un danno grave alla persona.
* L’inevitabilità del pericolo, ovvero l’impossibilità di evitarlo con mezzi leciti.
* La proporzionalità tra il fatto commesso e il pericolo che si intendeva evitare.

Nel caso di specie, l’imputato si era limitato a dedurre uno stato di indigenza, senza però documentarlo o fornire alcuna prova concreta. Questa mera affermazione non è stata ritenuta sufficiente per dimostrare l’esistenza di uno stato di costrizione insuperabile. La Corte ha concluso che la mancanza di una prova rigorosa esclude l’operatività della scriminante.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce due principi cardine del diritto penale. In primo luogo, il beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto non è accessibile a chi ha una storia di reati specifici, poiché l’abitualità della condotta è un chiaro indicatore di pericolosità sociale. In secondo luogo, e con ancora maggiore enfasi, lo stato di necessità non è un’autocertificazione. Chi lo invoca deve fornire prove concrete e dettagliate di una situazione di pericolo grave, attuale e non altrimenti evitabile. Una semplice dichiarazione di povertà, senza alcun supporto probatorio, non è sufficiente a giustificare la commissione di un reato.

Avere precedenti penali specifici impedisce di ottenere il beneficio della particolare tenuità del fatto?
Sì, secondo l’ordinanza, la presenza di numerosi precedenti specifici (nel caso esaminato, dieci per reati contro il patrimonio) costituisce ‘abitualità della condotta’, che è una causa ostativa alla concessione del beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto previsto dall’art. 131 bis c.p.

Per invocare lo stato di necessità è sufficiente dichiarare di essere in uno stato di indigenza?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’imputato ha un onere di allegazione e prova di tutti gli estremi della causa di esenzione. La sola deduzione di uno stato di indigenza, non documentata, non basta a integrare la scriminante dello stato di necessità.

Chi ha l’onere di provare i presupposti dello stato di necessità in un processo penale?
L’onere di allegare e provare tutti gli elementi dello stato di necessità (come l’insuperabile stato di costrizione e l’imminenza di un male non altrimenti evitabile) ricade sull’imputato che invoca tale causa di giustificazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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