Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30643 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30643 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 504/2025
– Relatore –
COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 07/01/2025 della Corte d’appello di Reggio calabria
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
L ‘avvocato NOME COGNOME si riporta alle conclusioni scritte e chiede l’accoglimento del ricorso
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 15/03/2024, con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, NOME COGNOME Ł stato dichiarato responsabile del delitto di porto in luogo pubblico d’arma comune da sparo, e condannato alla pena di due anni, due mesi e venti giorni di reclusione, ed € 3.333 di multa.
Il fatto per il quale l’imputato ha subìto condanna, secondo la concorde valutazione di entrambi i Giudici di merito, si inseriva in un contesto di grave conflitto venutosi a creare tra i famigliari di NOME COGNOME ed il convivente di quest’ultima, NOME COGNOME, responsabile di avere violentemente picchiato la donna, rompendole il setto nasale, e costringendola ad un ricovero ospedaliero.
In data 11/05/2023, mentre NOME COGNOME si trovava ancora degente presso il G.O.M. di Reggio Calabria, NOME COGNOME si presentava in ospedale aggredendo un infermiere, e dandosi alla fuga prima dell’intervento delle forze di polizia, nel frattempo allertate.
Gli episodi di violenza posti in essere dal COGNOME scatenavano la reazione dei famigliari della sua convivente.
Lo stesso 11/05/2023, alle ore 17:15, NOME COGNOME che si trovava agli arresti domiciliari per altra causa, usciva di casa e si metteva alla ricerca del cognato alla guida di unaFiat
Punto, travisato da uno scaldacollo e da un cappello, con guanti di lattice,ed armato, come desumibile dalle immagini di videosorveglianzaposte nei pressi dello stabile che lo immortalavano mentre usciva di casa tenendo qualcosa nella mano sinistra, che cercava di celare; il fratello NOME COGNOME, a sua volta alla ricerca del COGNOME a bordo di una Lancia Y, lo rintracciava e cercava di investirlo. A quel punto COGNOME, a sua volta armato, giungeva nel quartiere ove abitano ii fratelli COGNOME, e, incrociando NOME COGNOME, lo attingeva mortalmente con sei colpi d’arma da fuoco. Alle 17:43 NOME COGNOME faceva ritorno presso la propria abitazione, sempre a bordo della Fiat Punto, impugnando una pistola, chiaramente visibile dalla telecamera di sorveglianza.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME deducendo i vizi di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 10, 12 legge 497 del 1974, ecarente ed erronea motivazione, anche sotto il profilo del travisamento del fatto, in ordine alla specifica questione attinente al rinvenimento della pistola.
Il ragionamento dei giudici posto a fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputato Ł erroneo; la motivazione Ł carente per non aver preso in esame le conclusioni della Difesa, secondo la quale l’imputato aveva rinvenuto la pistola accanto al corpo riverso per terra del fratello.
La Corte ha inoltre omesso di esaminare l’antefatto, ovvero l’aggressione ricevuta dalla sorella dell’imputato, che era stata vittima di violenze da parte di NOME COGNOME; proprio tale fatto rendeva plausibile il possesso da parte di NOME COGNOME di un’arma.
La Corte d’appello non ha adeguatamente esaminato tutte le deduzioni difensive incorrendo in plurimi travisamenti ed errori in ordine alla percezione dei dati rilevanti, ed avendo ignorato le argomentazioni sottoposte dalla Difesa.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 54 cod. pen., nonchØ erronea e carente motivazione.
La Corte non ha adeguatamente motivato in ordine alla ritenuta insussistenza della invocata scriminante dello stato di necessità, atteso il contesto di pericolo in cui l’imputato si trovava a seguito dell’aggressione subita dalla sorella del medesimo da parte del convivente, NOME COGNOME
La ricorrenza dell’invocata scriminante Ł comprovata dall’essersi verificato, nel contesto descritto, l’omicidio di NOME COGNOME: tale fatto delittuoso comprova la circostanza che l’imputato avesse la necessità di una difesa personale, e su tale punto la Corte d’appello nulla ha motivato.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 133, 99 e 62 bis cod. pen., nonchØ erronea e carente motivazione.
La Corte ha effettuato un’applicazione automatica della recidiva incorrendo in evidente illegittimità, avendo omesso di operare il giudizio di maggior colpevolezza e piø elevata capacità delinquere derivante da tale aggravante. La Corte ha poi trascurato di esaminare la situazione di pericolo familiare concreto ed attuale che la famiglia COGNOME stava attraversando e che ha determinato una reazione dettata dallo stato di necessità della difesa della propria incolumità.
Analogamente, per quanto attiene al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Corte d’appello ha omesso alcun riferimento ai plurimi argomenti spesi sul punto dalla difesa.
1.Il ricorso, proposto sulla base di censure manifestamente infondate ovvero generiche o non consentite, deve essere dichiarato inammissibile con ogni conseguenza di legge.
Il primo motivo Ł inammissibile perchØ generico, aspecifico e meramente reiterativo di doglianze risolte adeguatamente dalla Corte territoriale, oltrechØ manifestamente infondato.
2.1. Preliminarmente, si precisa che ci si trova al cospetto della conferma nei medesimi termini della sentenza di condanna pronunciata in primo grado, cioŁ ad una c.d. ‘doppia conforme’. Tale costruzione postula che il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimità sia soltanto quello che, a presidio del devolutum , discende dalla pretermissione dell’esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede (Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, COGNOME e altri, Rv. 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, Dall’Agnola, Rv. 257967); o anche manifestamente travisati in entrambi i gradi di giudizio (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018).
Al di fuori di tale perimetro, resta precluso il rilievo del vizio di motivazione secondo la nuova espressione dell’art. 606, comma 1, lett. e ) cod. proc. pen. nel caso di adeguata e logica valutazione conforme nei gradi di merito del medesimo compendio probatorio. Deve altresì ribadirsi che nei casi di doppia conforme, le motivazioni delle sentenze di merito convergono in un apparato motivazionale integrato e danno luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218), che in tali termini deve essere assunto anche nella denuncia dei vizi di legittimità, nei limiti della loro rilevanza.
2.2. Ciò premesso,la Corte d’appello ha evidenziato come laresponsabilità di COGNOME si fondasse su plurimi indizi, gravi, precisi e concordanti: in particolare l’imputato Ł stato immortalato dalle telecamere di sorveglianza uscire alle ore 17.15 del 11/05/2023 dall’abitazione ove si trovava ristretto agli arresti domiciliari, con il volto travisato da un cappello e da uno scaldacollo, e indossante guanti in lattice; la posizione del braccio (tenuto costantemente piegato) faceva ipotizzare che egli nascondesse qualcosa nella mano sinistra; mezz’ora piø tardi, alle ore 17.43 faceva rientro a bordo della medesima vettura con la quale si era allontanato, e in tale occasione era possibile vedere nitidamente nelle immagini di videosorveglianza che l’oggetto impugnato nella mano era una pistola.
Con argomentare logico e saldamente ancorato alle risultanze procedimentali, i Giudici di merito hanno ritenuto che l’uscita dell’imputato dall’abitazione fosse da ascrivere alla volontà di «regolare i conti con il COGNOME», concludendo come «in tale contesto, assume significato del tutto univoco il fatto che COGNOME sia uscito da casa con il volto travisato ed indossando dei guanti in lattice, cautele che trovano plausibile spiegazione con l’intento di costui, all’epoca ristretto agli arresti domiciliari, di eludere controlli da parte delle Forze dell’Ordine ed evitare di lasciare tracce sull’arma che impugnava con la mano sinistra tenendo il braccio piegato, nel tentativo di occultarla mentre raggiungeva il veicolo, parcheggiato davanti l’abitazione. Tale ricostruzione trova puntuale e logica conferma nelle immagini che ritraggono lo stesso imputato nel momento in cui fa ritorno all’abitazione impugnando detta arma, questa volta chiaramente immortalata dalle telecamere» (pag. 5, sentenza impugnata).
Contrariamente a quanto osservato in ricorso, la Corte territoriale ha analizzato la tesi difensiva, per cui COGNOME, al suo rientro nell’abitazione, avrebbe rinvenuto l’arma vicino al corpo del fratello, ritenendola del tutto inattendibile; nel richiamare le considerazioni svolte sul punto dal primo Giudice, la Corte territoriale ha evidenziato come ad escludere che l’arma in questione fosse riconducibile al fratello dell’imputato, NOME COGNOME, deceduto per
mano del COGNOME, fossero plurimi elementi, ed in particolare, oltre all’estraneità della vittima da ambienti delinquenziali, anche l’assenza di bossoli riconducibili all’arma stessa che, se fosse stata in possesso di NOME COGNOME, sarebbe senz’altro stata utilizzata per difesa al momento dell’aggressione da parte del cognato.
¨ evidente come, a fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici, il ricorrente inviti ad una rivalutazione di elementi fattuali non consentita in questa sede, riproponendo peraltro argomenti con i quali la sentenza impugnata risulta essersi già confrontata in termini non manifestamente illogici, come quelli sopra riportati.
Il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole del mancato riconoscimento dello stato di necessità, Ł generico, aspecifico e manifestamente infondato.
In proposito Ł sufficiente evidenziare come la tesi difensiva non abbia trovato alcun sostegno negli elementi acquisiti, tanto che la stessa viene affacciata in modo del tutto assertivo. La prospettazione difensiva Ł, infatti, in distonia rispetto alla ricostruzione operata dai giudici di merito, i quali hanno comunque correttamente evidenziato l’inapplicabilità della scriminante, essendosi il COGNOME allontanato dall’abitazione portando con sØ una pistola, con chiari intenti vendicativi nei confronti del cognato, senza che in quello specifico frangente vi fosse alcun attuale ed imminente pericolo per la propria incolumità, prospettiva in ogni caso utilmente fronteggiabile con la richiesta di intervento delle forze dell’ordine.
¨ stato, a tale proposito, affermato che, in tema di cause di giustificazione, lo stato di necessità non Ł configurabile nel caso in cui il soggetto che lo invochi possa sottrarsi alla minaccia ricorrendo alla protezione dell’Autorità, ove tale soluzione alternativa si prospetti come realmente praticabile ed efficace a neutralizzare la situazione di pericolo attuale in cui l’agente o il terzo destinatario della minaccia versa (Sez. 1, n. 47712 del 29/09/2022, Termine, Rv. 283785 – 01).
Del pari inammissibile perchØ generico, aspecifico e comunque manifestamente infondato Ł il terzo motivo.
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche Ł giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità (in particolare l’assenza di elementi positivamente apprezzabili), circostanza che rende la statuizione in parola insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non Ł necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma Ł sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME e altri, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
Quanto alla mancata esclusione della recidiva, la Corte ha logicamente argomentato,con motivazione congrua e quindi insindacabile in questa sede, come la condotta posta in essere dal COGNOME, già recidivo e gravato da plurime condanneanche specifiche, fosse «certamente espressiva, anche alla luce delle allarmanti modalità del fatto e dei gravi accadimenti che connotano il contesto in cui si colloca la vicenda di causa, di una accentuata pericolosità sociale del medesimo, dimostratosi insensibile al trattamento rieducativo ed al conformarsi alle prescrizioni del vivere civile, piuttosto proclive invece a risolvere situazioni critiche con l’uso della violenza, della minaccia e comunque a metodi potenzialmente offensivi» (pag. 6, sentenza impugnata).
La Difesa si limita a censurare la motivazione reiterando la censura sollevata in atto di
appello e risolta con motivazione che risulta congrua ed adeguata, immune da censure.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso; tale decisione postula la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 04/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME