LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Stato di bisogno in usura: la prova secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per usura. La sentenza conferma che l’aggravante dello stato di bisogno della vittima può essere provata anche attraverso elementi logici e presuntivi, come tassi di interesse esorbitanti, senza necessità di una diretta ammissione da parte della persona offesa. La Corte ha inoltre respinto le eccezioni sulla prescrizione, in virtù del principio del giudicato progressivo formatosi sulla responsabilità penale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di bisogno nell’usura: come si prova secondo la Cassazione

Il reato di usura si aggrava quando viene commesso approfittando dello stato di bisogno della vittima. Ma come si dimostra in un processo questa condizione di vulnerabilità? Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha ribadito principi fondamentali sulla prova di tale aggravante, confermando che essa può essere desunta anche da elementi indiretti e logici, senza che sia necessaria un’ammissione esplicita da parte della persona offesa. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello, pronunciata in sede di rinvio dopo un precedente annullamento da parte della stessa Corte di Cassazione. L’imputato era stato condannato per diversi episodi di usura. Il primo annullamento aveva riguardato specificamente la motivazione con cui era stata riconosciuta l’aggravante dello stato di bisogno delle vittime. La Corte di Appello, nel nuovo giudizio, aveva riconfermato la condanna, argomentando in modo più dettagliato le ragioni per cui riteneva sussistente l’aggravante. Contro questa seconda decisione, la difesa ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre argomenti principali:
1. Violazione di legge sulla prova dello stato di bisogno: Secondo la difesa, la Corte di Appello avrebbe errato nuovamente, desumendo lo stato di bisogno esclusivamente dall’entità del tasso di interesse, confondendo le difficoltà economiche con la specifica condizione richiesta dalla norma.
2. Mancata dichiarazione di prescrizione: La difesa sosteneva che il reato fosse ormai prescritto, un’eccezione che a suo dire la Corte avrebbe dovuto accogliere.
3. Vizi nella quantificazione della pena: Infine, si lamentava un errore nel calcolo della pena, in particolare nel bilanciamento tra attenuanti e aggravanti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondati tutti i motivi proposti. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.

La Prova dello Stato di Bisogno tramite Inferenza Logica

Il punto centrale della sentenza riguarda la prova dello stato di bisogno. La Cassazione ha chiarito che, sebbene la sola misura degli interessi non sia di per sé sufficiente, essa rappresenta un indizio fondamentale. Quando i tassi sono talmente elevati (nel caso di specie si arrivava al 66% e persino al 120% annuo), è ragionevole presumere che solo una persona in una grave e impellente difficoltà economica possa accettare simili condizioni.

La Corte ha valorizzato il lavoro della Corte di Appello, che non si era limitata a considerare i tassi, ma aveva analizzato partitamente la situazione di ogni vittima, basandosi su elementi oggettivi emersi nel processo:
– Per un imprenditore, la chiusura delle attività commerciali e un’esposizione debitoria di 300.000 euro.
– Per un altro, l’essersi rivolto al credito privato per ripianare debiti con le banche che minacciavano azioni esecutive.
– Per altri ancora, la necessità di ricorrere a continue operazioni di cambio assegni per far fronte all’impossibilità di rientrare dal debito.

Questi elementi, nel loro complesso, hanno permesso ai giudici di desumere logicamente e in modo ineccepibile la sussistenza di un vero e proprio stato di bisogno, superando le reticenze o le dichiarazioni parziali delle vittime in dibattimento.

Il Principio del Giudicato Progressivo e la Prescrizione

La Corte ha respinto la richiesta di dichiarare la prescrizione del reato. Ha spiegato che, a seguito del primo annullamento parziale (limitato solo all’aggravante), l’accertamento della responsabilità penale dell’imputato era diventato definitivo. Questo fenomeno, noto come “giudicato progressivo”, impedisce di poter sollevare in una fase successiva questioni, come la prescrizione, che avrebbero dovuto essere definite in precedenza. L’affermazione di colpevolezza era ormai irrevocabile e non più discutibile.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Stabilisce che per provare l’aggravante dello stato di bisogno non è indispensabile una confessione della vittima, ma è sufficiente una ricostruzione logica basata su elementi fattuali gravi, precisi e concordanti. Un tasso di interesse esorbitante, unito a prove concrete di dissesto finanziario (debiti, chiusura di attività, ricorso a prestiti non bancari), costituisce una base solida per affermare che l’usuraio ha approfittato della vulnerabilità della sua vittima. Inoltre, la pronuncia riafferma la rigidità dei principi processuali, come quello del giudicato progressivo, che garantiscono la certezza e la stabilità delle decisioni giudiziarie.

Come si può provare lo ‘stato di bisogno’ in un reato di usura se la vittima è reticente o non lo ammette esplicitamente?
Secondo la Corte di Cassazione, lo stato di bisogno può essere provato attraverso un ragionamento logico-deduttivo basato su elementi oggettivi e indiretti. Fatti come l’accettazione di tassi di interesse esorbitanti (es. 66% o 120% annuo), la chiusura di attività commerciali, una pesante esposizione debitoria verso altri creditori o il ricorso al credito privato per evitare azioni esecutive da parte delle banche, sono tutti indizi che, nel loro complesso, possono dimostrare in modo inequivocabile la condizione di vulnerabilità della vittima.

È possibile che un reato venga dichiarato prescritto dopo che la Corte di Cassazione ha annullato parzialmente la sentenza di condanna?
No, se l’annullamento è solo parziale (ad esempio, riguarda solo il riconoscimento di un’aggravante) e non mette in discussione l’accertamento della responsabilità per il reato, quella parte della sentenza diventa definitiva. Questo principio, chiamato ‘giudicato progressivo’, impedisce che la questione della prescrizione possa essere sollevata in una fase successiva del giudizio, poiché la colpevolezza dell’imputato è già stata irrevocabilmente accertata.

Le dichiarazioni fatte da un testimone alla polizia prima del processo sono utilizzabili se in aula il testimone non ricorda bene i fatti?
Sì, le dichiarazioni predibattimentali possono essere utilizzate attraverso il meccanismo delle contestazioni (art. 500 c.p.p.). Se il testimone in aula manifesta una difficoltà a ricordare ma conferma la veridicità di quanto dichiarato in precedenza, quelle dichiarazioni possono essere acquisite e valutate dal giudice come se fossero state rese direttamente in dibattimento. Questo non viola le regole processuali se i presupposti di legge sono rispettati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati