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Stampa in carcere 41-bis: i limiti al diritto

La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di un Tribunale di Sorveglianza che autorizzava un detenuto in regime 41-bis ad acquistare qualsiasi tipo di stampa. La Suprema Corte ha stabilito che l’Amministrazione penitenziaria può legittimamente limitare la scelta di libri e riviste a un elenco pre-approvato per garantire la sicurezza e prevenire comunicazioni illecite. Questa regolamentazione della stampa in carcere non nega il diritto all’informazione, ma ne disciplina l’esercizio, rientrando nei poteri discrezionali dell’amministrazione e non essendo sindacabile dal giudice se non in caso di un’effettiva lesione di un diritto fondamentale.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stampa in Carcere al 41-bis: La Cassazione Fissa i Paletti tra Diritto e Sicurezza

L’accesso alla stampa in carcere rappresenta un tema delicato, che bilancia il diritto fondamentale all’informazione e allo studio con le imprescindibili esigenze di sicurezza, specialmente per i detenuti sottoposti al regime speciale del 41-bis. Con la sentenza n. 26593 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per tracciare una linea netta tra la titolarità del diritto e le modalità del suo esercizio, riaffermando l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione Penitenziaria in questo ambito.

Il Fatto: Una Richiesta Generica di Accesso alla Stampa

Il caso trae origine dal reclamo di un detenuto sottoposto al regime del 41-bis, il quale chiedeva di poter acquistare qualsiasi tipo di rivista, libro o quotidiano a tiratura nazionale, anche se non incluso nell’elenco pre-approvato dall’istituto penitenziario (il cosiddetto ‘mod. 72’).

Inizialmente, sia il Magistrato che il Tribunale di Sorveglianza avevano accolto la richiesta, ordinando all’amministrazione di consentire l’acquisto generalizzato, purché sottoposto ai successivi controlli di sicurezza. Questa decisione si basava sull’idea che limitare la scelta a un catalogo predefinito costituisse una lesione del diritto all’informazione. Contro questa ordinanza, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso: Sicurezza e Sostenibilità dei Controlli

L’Amministrazione Penitenziaria ha fondato il proprio ricorso su due argomenti principali:

1. Mancanza di un pregiudizio attuale e grave: Il detenuto non aveva contestato il diniego all’acquisto di una specifica pubblicazione, ma aveva sollevato una critica generale al sistema. Secondo il Ministero, per attivare il reclamo giurisdizionale è necessario un pregiudizio concreto a un diritto, non una generica doglianza.
2. Inesigibilità dei controlli: Autorizzare l’acquisto di qualsiasi pubblicazione imporrebbe all’amministrazione un onere di controllo insostenibile. Ogni rivista, specialmente quelle di nicchia o specializzate, potrebbe diventare un veicolo per messaggi criptici, difficili da individuare e decifrare, vanificando così lo scopo primario del 41-bis: recidere ogni legame con l’esterno.

L’amministrazione ha sostenuto che la regolamentazione vigente, che canalizza gli acquisti attraverso procedure interne e liste predefinite, non nega il diritto, ma ne disciplina l’esercizio in modo ragionevole e proporzionato alle esigenze di sicurezza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla Stampa in Carcere

La Suprema Corte ha accolto pienamente le ragioni del Ministero, annullando senza rinvio le decisioni dei giudici di sorveglianza. Il ragionamento dei giudici di legittimità si fonda sulla distinzione cruciale tra la titolarità di un diritto e le modalità del suo esercizio.

La Corte ha chiarito che il diritto del detenuto all’informazione, allo studio e alla lettura non è negato. Tuttavia, le modalità con cui questo diritto viene esercitato all’interno di un regime speciale come il 41-bis possono e devono essere regolate dall’Amministrazione Penitenziaria. Questa regolamentazione rientra nel potere discrezionale dell’amministrazione di organizzare la vita detentiva per raggiungere gli scopi istituzionali, primo fra tutti quello di impedire le comunicazioni con le organizzazioni criminali.

Secondo la Cassazione, la richiesta del detenuto era generica e mirava a contestare il sistema regolamentare nel suo complesso, piuttosto che a lamentare la lesione di un diritto in una situazione specifica. Un’istanza di questo tipo esula dalla competenza del giudice di sorveglianza, che può intervenire solo quando un atto dell’amministrazione provoca una lesione ‘attuale e grave’ di una posizione giuridica soggettiva.

La Corte ha inoltre ritenuto legittime e ragionevoli le preoccupazioni dell’amministrazione riguardo all’onere dei controlli. Imporre una verifica su ogni singola pubblicazione richiesta, potenzialmente illimitata, non è esigibile e metterebbe a rischio la sicurezza. La scelta di utilizzare un catalogo pre-approvato (mod. 72) è una soluzione organizzativa che bilancia adeguatamente il diritto del detenuto con le finalità del regime detentivo speciale.

Conclusioni: La Prevalenza delle Esigenze di Sicurezza

In conclusione, la sentenza riafferma un principio fondamentale dell’ordinamento penitenziario: nel contesto del 41-bis, le esigenze di ordine e sicurezza pubblica assumono un ruolo preponderante. L’Amministrazione Penitenziaria dispone di un potere discrezionale nell’organizzare le attività interne, inclusa la gestione della stampa in carcere, per prevenire contatti illeciti.

Finché queste scelte organizzative non si traducono in una negazione assoluta del diritto, ma ne regolano semplicemente le modalità di fruizione in modo non manifestamente irragionevole, esse non sono sindacabili in sede giurisdizionale. Il diritto all’informazione è garantito, ma deve essere esercitato attraverso i canali ‘sicuri’ predisposti dall’amministrazione, la cui scelta di limitare il catalogo delle pubblicazioni disponibili è considerata legittima e funzionale agli scopi del regime speciale.

Un detenuto in regime 41-bis può acquistare qualsiasi libro o rivista in vendita?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’Amministrazione Penitenziaria può legittimamente limitare l’acquisto a un elenco di pubblicazioni pre-approvate (c.d. mod. 72) per garantire la sicurezza e impedire comunicazioni illecite con l’esterno.

Perché l’amministrazione penitenziaria può limitare la scelta della stampa in carcere?
Perché il regime 41-bis ha lo scopo primario di recidere i legami dei detenuti con le organizzazioni criminali di appartenenza. Limitare la scelta previene il rischio che riviste, specialmente quelle di nicchia, possano essere usate per veicolare messaggi criptici, il cui controllo su vasta scala sarebbe insostenibile per il personale.

Quando può intervenire il Magistrato di Sorveglianza sulle decisioni dell’amministrazione riguardo alla stampa?
Il Magistrato di Sorveglianza può intervenire solo se un provvedimento dell’amministrazione causa un ‘attuale e grave pregiudizio’ a un diritto del detenuto, ad esempio negando l’acquisto di una specifica pubblicazione senza un motivo valido. Non può intervenire su una contestazione generica delle regole organizzative, che rientrano nella discrezionalità dell’amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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