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Stalking tra minorenni: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di stalking tra minorenni avvenuto in una comunità educativa. Un ragazzo è stato condannato per atti persecutori e lesioni contro due coetanei. La difesa ha sollevato dubbi sulla costituzionalità dell’aggravante della minore età della vittima, dato che anche l’imputato era minorenne. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che l’aggravante è valida per garantire maggiore tutela ai minori vittime di reati. Ha inoltre chiarito che una discordanza tra la pena letta in udienza e quella scritta in sentenza costituisce un errore materiale correggibile, senza invalidare la decisione.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stalking tra minorenni: la Cassazione conferma la validità dell’aggravante

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un delicato caso di stalking tra minorenni, fornendo chiarimenti cruciali su questioni di diritto sostanziale e processuale. La vicenda, nata all’interno di una comunità educativa, ha visto un giovane imputato per atti persecutori e lesioni nei confronti di due coetanei. La pronuncia offre spunti fondamentali sull’applicazione dell’aggravante della minore età della vittima, anche quando l’autore del reato è a sua volta minorenne, e sulla gestione degli errori materiali nelle sentenze.

I Fatti del Caso: Bullismo e Violenze in Comunità

Il caso trae origine da una serie di gravi episodi di violenza fisica e psicologica avvenuti all’interno di una comunità per minori. L’imputato, insieme ad altri coetanei, aveva posto in essere condotte persecutorie sistematiche ai danni di due ragazzi considerati più fragili. Le vittime hanno subito vessazioni continue, aggressioni fisiche (pugni, uso di un coltello) e umiliazioni, che hanno compromesso la loro serenità e generato un fondato timore per la propria incolumità. I giudici di merito avevano accertato la responsabilità del ragazzo, condannandolo per il reato di atti persecutori (stalking) previsto dall’art. 612-bis del codice penale.

La Questione di Costituzionalità sullo Stalking tra Minorenni

Uno dei principali motivi di ricorso presentati dalla difesa riguardava la presunta incostituzionalità dell’art. 612-bis, comma 3, c.p. Questa norma prevede un aumento di pena se il reato di stalking è commesso ai danni di un minore. La difesa sosteneva che tale aggravante violasse i principi di uguaglianza e proporzionalità della pena (artt. 3 e 27 della Costituzione) quando anche l’autore del reato è minorenne.

La Posizione della Difesa

Secondo il ricorrente, applicare un aumento di pena a un autore minorenne solo perché la vittima è anch’essa minorenne creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata. L’immaturità dell’agente dovrebbe, a suo dire, escludere l’applicazione di un simile inasprimento sanzionatorio, pensato per proteggere i più deboli da aggressori adulti.

La Decisione della Corte

La Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi, giudicandola manifestamente infondata. I giudici hanno chiarito che la scelta del legislatore di prevedere un’aggravante per i reati commessi contro minori è ragionevole e proporzionata. L’ordinamento penale, d’altra parte, già prevede specifici meccanismi per tenere conto della minore età dell’autore del reato, come la speciale circostanza attenuante di cui all’art. 98 c.p., che comporta una diminuzione di pena. Esiste quindi un bilanciamento tra la necessità di assicurare una protezione rafforzata alle vittime minorenni e la considerazione della non piena maturità del reo minorenne.

L’Errore Materiale nella Sentenza e la Correzione in Cassazione

Un’altra questione rilevante era di natura procedurale. La Corte d’Appello aveva letto in udienza un dispositivo che condannava l’imputato a dieci mesi di reclusione, ma nella motivazione scritta e depositata successivamente la pena indicata era di soli tre mesi. La difesa lamentava questa contraddizione.

La Cassazione ha qualificato tale discrepanza come un mero “errore materiale”, ovvero una svista che non inficia la validità della decisione. In questi casi, prevale il dispositivo letto pubblicamente in udienza, che cristallizza la volontà del giudice. La Suprema Corte ha quindi utilizzato il potere conferitole dall’art. 619 c.p.p. per correggere direttamente l’errore nella sentenza impugnata, stabilendo che la pena corretta era quella di dieci mesi, senza necessità di annullare la sentenza e rinviare il processo.

La Motivazione della Cassazione sulla Configurazione dello Stalking

La Corte ha inoltre respinto le argomentazioni difensive che miravano a derubricare i fatti a semplici percosse o lesioni. I giudici hanno ribadito che per integrare il delitto di stalking tra minorenni sono sufficienti anche solo due condotte moleste o minatorie, se idonee a provocare nella vittima uno degli eventi previsti dalla norma: un grave e perdurante stato d’ansia o di paura, un fondato timore per la propria incolumità o un’alterazione delle proprie abitudini di vita. Nel caso di specie, le testimonianze delle vittime e le prove raccolte dimostravano chiaramente il grave turbamento psicologico subito, legittimando la qualificazione del fatto come atti persecutori.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha riaffermato che il bilanciamento tra la tutela rafforzata delle vittime minori e la valutazione della condizione del reo minorenne è già presente nel sistema penale, rendendo l’aggravante in questione pienamente legittima. La scelta legislativa non è arbitraria né irragionevole. In secondo luogo, sul piano processuale, la Corte ha privilegiato l’efficienza e l’economia dei giudizi, applicando l’istituto della correzione dell’errore materiale per sanare una palese divergenza tra la volontà del giudice (espressa in udienza) e la sua successiva trascrizione, evitando così un annullamento superfluo. Infine, ha confermato che la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operate dai giudici di merito erano logiche e coerenti, e come tali non sindacabili in sede di legittimità.

Le conclusioni

La sentenza analizzata riveste una notevole importanza pratica. Essa chiarisce in modo inequivocabile che lo stalking tra minorenni è un reato trattato con la massima serietà, e la giovane età dell’autore non è sufficiente a escludere l’applicazione delle aggravanti previste per la protezione delle vittime vulnerabili. La pronuncia consolida l’orientamento secondo cui il bullismo e la prevaricazione sistematica tra giovani possono integrare la fattispecie di atti persecutori, con tutte le conseguenze sanzionatorie che ne derivano. Infine, il principio della correggibilità dell’errore materiale in Cassazione rafforza la stabilità delle decisioni giudiziarie e la celerità del processo penale.

L’aggravante per la vittima minorenne si applica se anche l’autore del reato di stalking è minorenne?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’aggravante si applica. La legge mira a fornire una protezione rafforzata alle vittime minorenni, e l’ordinamento tiene già conto della minore età dell’autore del reato attraverso specifiche circostanze attenuanti, realizzando così un corretto bilanciamento.

Cosa succede se c’è una differenza tra la pena letta in udienza e quella scritta nella motivazione della sentenza?
Secondo la Corte, questa situazione costituisce un “errore materiale” che non invalida la sentenza. La decisione che prevale è quella letta pubblicamente in udienza. La Corte di Cassazione può correggere direttamente questo errore senza bisogno di annullare la pronuncia.

Due soli episodi di molestia possono essere considerati stalking?
Sì. La Corte ha ribadito il suo orientamento secondo cui anche solo due condotte di minaccia o molestia sono sufficienti a integrare il requisito della “reiterazione” richiesto per il reato di atti persecutori, a condizione che provochino nella vittima uno degli eventi previsti dalla legge (come un grave stato d’ansia o la modifica delle abitudini di vita).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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