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Spese processuali: quando non sono dovute in appello

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34805/2024, ha annullato una condanna al pagamento delle spese processuali a carico di alcuni imputati. La Corte ha stabilito che, se un ricorso viene accolto, anche solo parzialmente (in questo caso con un ricalcolo della pena), l’imputato non può essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. Tale decisione si basa sul principio che la condanna alle spese è prevista solo in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione, non in caso di suo accoglimento.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spese processuali: la Cassazione chiarisce quando non sono dovute

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34805/2024) ha affrontato un’importante questione procedurale: la condanna al pagamento delle spese processuali in caso di accoglimento, anche solo parziale, del ricorso dell’imputato. La Corte ha stabilito un principio chiaro: se l’impugnazione porta a un risultato favorevole per l’imputato, come un ricalcolo della pena, non può esserci condanna alle spese.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per reato associativo a carico di tre individui. A seguito di un primo ricorso in Cassazione, la sentenza d’appello era stata annullata limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio a una nuova sezione della Corte d’Assise d’Appello.

Nel giudizio di rinvio, la Corte territoriale, prendendo atto di un accordo tra le parti, aveva rideterminato le pene in senso favorevole agli imputati. Tuttavia, li aveva anche condannati al pagamento delle spese processuali. Due degli imputati hanno quindi proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, l’illegittimità di tale condanna.

La Decisione della Corte sulle spese processuali

La Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi sul punto specifico delle spese processuali, annullando la sentenza impugnata senza rinvio e eliminando la relativa condanna. Ha invece dichiarato inammissibili e infondati gli altri motivi di ricorso, relativi a una presunta violazione del divieto di reformatio in pejus nel calcolo degli aumenti di pena per la recidiva e la continuazione.

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 592, comma 1, del codice di procedura penale. Questa norma prevede la condanna dell’imputato al pagamento delle spese del procedimento solo in caso di rigetto o di dichiarazione di inammissibilità della sua impugnazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ragionato in modo lineare: la rideterminazione della pena in senso più favorevole all’imputato è il risultato diretto dell’accoglimento del suo precedente ricorso per cassazione. Di conseguenza, non si può affermare che l’impugnazione originaria sia stata ‘rigettata’ o ‘dichiarata inammissibile’. Al contrario, essa ha avuto successo, seppur parzialmente. Mancando il presupposto normativo richiesto dall’art. 592 c.p.p., la condanna al pagamento delle spese era illegittima e doveva essere eliminata.

È interessante notare che la Corte ha applicato il cosiddetto ‘principio estensivo’, previsto dall’art. 587 c.p.p., estendendo l’eliminazione della condanna alle spese anche al coimputato che non aveva presentato ricorso su quel punto, poiché il motivo non era di natura strettamente personale.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte ha ribadito che, in caso di pena concordata in appello, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della legalità della pena, non potendo entrare nel merito della sua determinazione. Nel caso di specie, gli aumenti di pena per recidiva e continuazione non superavano i limiti massimi previsti dalla legge, e pertanto non potevano essere considerati illegali.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale per l’imputato. Chi impugna una sentenza e ottiene un risultato favorevole, anche se limitato a un aspetto come la quantificazione della pena, non deve essere gravato dei costi del procedimento che ha portato a tale correzione. La condanna alle spese processuali assume una connotazione sanzionatoria, legata all’esito negativo dell’impugnazione. Se l’esito è, anche solo in parte, positivo, tale condanna non ha ragione di essere applicata. La decisione sottolinea l’importanza di un’applicazione rigorosa delle norme procedurali a tutela del diritto di difesa.

Quando un imputato è tenuto a pagare le spese processuali di un’impugnazione?
Secondo l’art. 592 del codice di procedura penale, l’imputato è condannato al pagamento delle spese del procedimento solo quando la sua impugnazione viene rigettata o dichiarata inammissibile.

Se un ricorso viene accolto solo parzialmente, ad esempio con una riduzione della pena, l’imputato deve pagare le spese?
No. La sentenza chiarisce che l’accoglimento del ricorso, anche se parziale (come nel caso di una rideterminazione della pena), esclude la condanna al pagamento delle spese processuali, poiché non si verifica il presupposto del rigetto o dell’inammissibilità.

L’eliminazione della condanna alle spese processuali si applica anche ai coimputati che non hanno fatto ricorso?
Sì. In base al principio estensivo (art. 587 c.p.p.), l’effetto favorevole dell’eliminazione della condanna alle spese si estende anche ai coimputati non ricorrenti, a condizione che il motivo di ricorso non sia di natura strettamente personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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