Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7849 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7849 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 27/07/1988
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME Marco nonché la memoria sopravvenuta;
rilevata la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la maturazione della prescrizione. Tale manifesta infondatezza emerge sottolineando come il ricorrente attribuisca alla ricettazione la pena edittale massima di sei anni di reclusione (sulla qula calibra il motivo), là dove le pena edittale massima comminata dall’art. 648 cod. pen. è di otto anni di reclusione;
comminai solo sottolineare ctenuto che tutti i motivi di ricorso, con i quali si deducono violazioni di legge e vizi motivazionali in relazione agli artt. 640, 641, 133, 99 e 62-bis cod. pen., oltre ad essere privi di concreta specificità, sono anche manifestamente infondati;
che, invero, la mancanza di specificità dei motivi deve essere apprezzata non solo intrinsecamente, ovverosia per la genericità e indeterminatezza delle ragioni di fatto e diritto a sostegno della censura, ma anche estrinsecamente, per l’apparenza degli stessi allorquando, non essendovi correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, omettano di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, inoltre, le doglianze difensive in punto di responsabilità e qualificazione giuridica tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, in relazione alle circostanze attenuanti generiche, non è necessario che il giudicante, nel motivare il mancato riconoscimento delle stesse, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza di elementi positivi, rimanendo disattesi e superati tutti gli altri da tale valutazione;
che, quanto alla dosimetria della pena, l’onere argomentativo può ritenersi adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale;
che, con riguardo alla circostanza aggravante, trattandosi di recidiva specifica e infraquinquennale, è sufficiente che sia esaminata in concreto, in base ai criteri vA•-•–.
di cui all’art. 133 cod. pen., l’esistenza sia del presupposto formale, rappresentato dalla commissione, nei cinque anni dalla precedente condanna, di un nuovo delitto non colposo della stessa indole, che di quello sostanziale, costituito dalla maggiore colpevolezza e dalla più elevata capacità a delinquere del reo;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con corretti argomenti logici e giuridici (cfr. Sez. 2, n. 46437 del 27/09/2023, Metus, Rv. 285519 – 01; Sez. 5, n. 44659 del 21/10/2021, COGNOME, Rv. 282174; Sez. 2, n. 28703 del 19/03/2013, COGNOME, Rv. 256348), le ragioni del loro convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 4 e 5);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 novembre 2024.