Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2070 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2070 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
FOTI NOMECOGNOME nato a Milazzo il 12/08/1987
avverso l’ordinanza emessa in data 18/07/2024 dal Tribunale di Messina
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi ci ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18/07/2024, il Trtunale di Messina, adito con richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen. da FOTI NOMECOGNOME ha parzialmente riformato l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere disposta nei suoi confronti dal G.i.p. del Tribunale di Messina, in data 14/06/2024, in relazione ai reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990, a lui rispettivamente ascritti
ai capi 50), 60, 62), 1033 120) e – quanto al reato associativo – 124) della rubrica. In particolare, il Tribunale non ha ritenuto adeguatamente comprovata la sussistenza della gravità indiziaria in relazione al capo 120).
Ricorre per cassazione il FOTI, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta partecipazione del ricorrente al sodalizio di cui al capo 124). Si censura la motivazione dell’ordinanza, che aveva valorizzato le dichiarazioni del GENOVESE senza affrontare specificamente la posizione del FOTI, e aveva ritenuto configurabile un serio riscontro a quelle dichiarazioni nel narrato della COGNOME, compagna del GENOVESE, senza considerare il totale difetto di autonomia delle dichiarazioni della donna. Sotto altro profilo, si censura l’ordinanza per non aver considerato l’apporto, favorevole al ricorrente, costituito dalle dichiarazioni dell’altro collaboratore COGNOME GabrieleCOGNOME Si ribadisce il carattere autoreferenziale ed apparente della motivazione.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta configurabiità di esigenze cautelari tali da richiedere la misura di massimo rigore. Si deduce: che le condotte del FOTI erano cessate già nel 2020; che la sussistenza di esigenze cautelari, nonostante l’ampiezza del tempo trascorso, era stata motivata con riferimenti a fatti estranei al sodalizio; che gli elementi valorizzati ai punti 4 e 5 dell’ordinanza riguardavano, rispettivamente, una detenzione ad uso personale e il danaro ricavato dall’attività commerciale condotta dal FOTI; che nessun rilievo era stato conferito al percorso terapeutico intrapreso dal ricorrente.
2.3. Violazione di legge e vizio di mot vazione con riferimento al capo 103) della rubrica. Si lamenta il travisamento in cui il Tribunale era incorso ritenendo che lo stupefacente ricevuto dal FOTI sarebbe stato destinato allo smercio, laddove invece la sostanza era stata da lui consumata all’interno dell’autovettura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché privo delle necessarie connotazioni di specificità.
Per ciò che riguarda le doglianze concernenti la partecipazione del FOTI al reato associativo, deve osservarsi che la deduzione di genericità della motivazione del Tribunale quanto alle dichiarazioni accusatorie del GENOVESE non si confronta in alcun modo con il puntuale riferimento (cfr. pag. 13 del provvedimento t. impugnato) alle pagg. 212 segg. dell’ordinanza applicativa della misura, in cui erano state puntualmente riportate le propalazioni del principale indagato, divenuto collaboratore di giustizia, secondo cui il FOTI era un pusher alle proprie dipendenze, dedito allo spaccio di hashish ma anche di spice per il quale si riforniva
direttamente dal NASTASI (altro elemento di spicco nella seconda fase di operatività del sodalizio).
Allo stesso modo, nessun effettivo confronto si rinviene rispetto alle dichiarazioni della COGNOME, moglie del GENOVESE e anch’essa divenuta collaboratrice di giustizia, che la difesa ha ritenuto prive ci autonomia rispetto a quelle del marito: con ciò ignorando che la coindagata non si era limitata ad affermare di conoscere il FOTI come spacciatore, avendo altresì precisato di essersi recata da lui, insieme al GENOVESE, per ritirare il danaro ricavato dal narcotraffico (cfr. pag. 14 dell’ordinanza impugnata).
Anche quanto all’apporto conoscitivo assicurato dall’altro collaboratore COGNOME, il motivo risulta generico: si deduce che le sue dichiarazioni risulterebbero favorevoli al FOTI, senza peraltro chiarire le ragioni di tale valutazione, tanto più necessarie ove si consideri che l’COGNOME aveva tra l’altro riferito dell’attività di spaccio dello spice fornitogli dal COGNOME (circostanza riscontrata anche nelle dichiarazioni del GENOVESE: cfr. pag. 14, cit.).
Ad analoghe conclusioni di inammissibilità deve pervenirsi quanto al terzo motivo di ricorso (che si esamina qui cl! seguito per evidenti ragioni di logicità espositiva), con cui è stata contestata la sussistenza della gravità indiziaria in relazione al capo 103).
Invero, il dialogo valorizzato dal Tribunale (cfr. pag. 5 che richiama pag. 127 seg. dell’ordinanza applicativa della misura) tra il ricorrente e COGNOME NOME, con riferimento alla ricezione dello stupefacente dalla COGNOME (compagna del COGNOME, tratto in arresto) appare del tutto compat.bile con la contestata finalità di spaccio dello stupefacente medesimo: la tesi dell’uso personale si risolve nella prospettazione di una diversa e più favorevole lettura delle risultanze captative, che in questa sede è evidentemente preclusa.
Anche quanto alla sussistenza di esigenze specialpreventive e alla adeguatezza della misura in atto, contestate con il secondo motivo, il ricorso del FOTI appare generico.
La difesa evita di confrontarsi non solo con la “correzione” al 2021 (anziché al 2020 come dedotto in ricorso) dell’epoca di commissione dei fatti contestati, ma anche – ed anzi soprattutto – con quanto osservato dal Tribunale a proposito sia delle plurime denunce a carico del FOTI per detenzione di stupefacente leggero e pesante (in un caso per il possesso, tra l’altro, di 78,45 grammi di marijuana) riportate tra il 2022 e il 2024, sia della considerevole somma di danaro rinvenuta dagli operanti in sede di esecuzione della misura (Euro 3.350 in banconote da 100 e da 50 Euro: sul punto, il Tribunale ha tutt’altro che illogicamente disatteso, alla luce del taglio delle banconote, la spiegazione del FOTI secondo cui si sarebbe trattato del danaro ricavato dalla vendita di prodotti ortofrutticoli: cfr. pag. 16
dell’ordinanza impugnata). Il mancato confronto con tali plurime convergenti risultanze non può che condurre ad una valutazione di inammissibilità delle doglianze volte a contestare l’operatività, nel caso di specie, della doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del FOTI al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle mmende, che, tenuto conto della causa di inammissibilità, appare equo quantificare in Euro tremila.
Non derivando dall’odierno provvedimento la rimessione in libertà dell’indagato, la Cancelleria provvederà agli adempimerti comunicativi di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.QM.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 11 dicembre 2024
Il Presidente