Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12530 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12530 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME IMMACOLATA nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che la premessa difensiva, con la quale si contesta l’omesso rilievo officioso, da parte del giudice di merito, della prescrizione del reato, è pri dei requisiti di specificità e autosufficienza in quanto si prospettano deduzioni generiche, senza fornire una compiuta rappresentazione della sequela procedimentale e senza dimostrare, alla luce della stessa, l’intervenuta maturazione del termine di legge (Sez.5, n. 12903 del 20/01/2021, F., Rv. 280735-01);
che, invero, la prescrizione è un evento giuridico il cui accertamento non è il frutto del mero computo aritmetico del relativo termine sul calendario, ma implica la risoluzione di plurime questioni di diritto e di fatto che devono essere specificamente affrontate dall’interessato secondo quanto disposto, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 35791 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 277495, Sez. 5, n. 12903 del 20/01/2021, F.; Rv. 280735) e che, comunque, il termine di prescrizione risulta maturato in epoca successiva alla decisione di appello (25/07/2023, in considerazione dei periodi di sospensione in alcun modo considerati dalla ricorrente, né allegati);
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, è privo di concreta specificità e tende a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi d quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione;
che, invero, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici, le doglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 3 – 5);
considerato che le ulteriori doglianze, in punto di trattamento sanzionatorio e circostanziale, sono prive di concreta specificità e non consentite in quanto i giudici del merito hanno correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento;
che, quanto alla dosimetria della pena, l’onere argomentativo è stato adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi ritenuti decisivi o
rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale (si veda pag. 5);
che, in relazione alle circostanze attenuanti generiche, nell’ipotesi in cui la parte interessata non assolva all’onere di dedurre specificamente gli elementi di segno positivo ai fini dell’applicazione della circostanza di cui all’art. 62-bis cod. pen., tale richiesta generica deve ritenersi implicitamente disattesa allorché sia adeguatamente argomentato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondata su analogo ordine di motivi, come avvenuto nella specie (si veda pag. 5);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 6 marzo 2024.