Ricorso Inammissibile per Mancanza di Specificità: Analisi di un’Ordinanza della Cassazione
Un’impugnazione davanti alla Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Per questo motivo, la legge richiede un rigore formale molto elevato. Un elemento cruciale è la specificità motivi ricorso, ovvero la capacità di criticare in modo puntuale e argomentato la decisione impugnata. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità e la mancanza di confronto con la sentenza precedente portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
I Fatti del Processo
Il caso analizzato trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino, che aveva confermato una condanna per il reato di danneggiamento aggravato. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione di secondo grado, decideva di adire la Corte di Cassazione, affidando la sua difesa a due specifici motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e la Mancata Specificità
Il ricorrente lamentava principalmente due presunte violazioni di legge da parte dei giudici di merito. Tuttavia, come vedremo, entrambi i motivi sono stati giudicati privi del necessario requisito di specificità.
Primo Motivo: La Violazione del Principio di Correlazione
L’imputato sosteneva che i giudici avessero violato l’articolo 522 del codice di procedura penale, che sancisce il principio di correlazione tra l’accusa formulata e la sentenza emessa. In altre parole, si lamentava di essere stato condannato per un fatto diverso da quello che gli era stato originariamente contestato.
La Cassazione ha respinto questa doglianza, qualificandola come generica. Il ricorso, infatti, ignorava completamente le argomentazioni con cui la Corte d’Appello aveva già affrontato e risolto la questione. I giudici di secondo grado avevano chiarito che l’imputazione menzionava espressamente la condotta minacciosa e che non vi era alcuna eterogeneità (cioè, alcuna differenza sostanziale) tra il fatto contestato e quello accertato in sentenza.
Secondo Motivo: La Natura della Minaccia
Il secondo motivo di ricorso verteva sull’elemento della minaccia, contestata come aggravante del delitto di danneggiamento ai sensi dell’art. 635 c.p. La difesa sosteneva che le frasi pronunciate dall’imputato non costituissero una vera e propria minaccia (la prospettazione di un male ingiusto), ma fossero semplici ingiurie.
Anche in questo caso, la Corte ha rilevato una totale mancanza di confronto con la sentenza impugnata. Il ricorso non teneva conto del passaggio motivazionale in cui la Corte d’Appello, con un ragionamento logico e coerente, aveva dato conto dell’effettivo effetto intimidatorio prodotto dalla condotta dell’imputato.
Le Motivazioni della Cassazione: L’Importanza della Specificità Motivi Ricorso
La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ribadisce un principio fondamentale del processo penale. La specificità motivi ricorso non si esaurisce nella semplice enunciazione di una presunta violazione di legge. È necessario che l’atto di impugnazione si confronti criticamente con la motivazione del provvedimento che si intende censurare.
Non è sufficiente riproporre le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente; occorre, invece, dimostrare perché la decisione dei giudici di merito sarebbe errata, illogica o illegittima, smontando punto per punto il loro ragionamento. Ignorare le argomentazioni della sentenza impugnata, come avvenuto nel caso di specie, trasforma il motivo di ricorso in un’affermazione generica e astratta, priva della concretezza necessaria per essere esaminata.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione
L’ordinanza in commento si conclude con la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta non solo la conferma definitiva della condanna emessa dalla Corte d’Appello, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questo provvedimento rappresenta un monito importante: la redazione di un ricorso per cassazione richiede un’analisi approfondita e critica della sentenza impugnata. La superficialità e la genericità non sono ammesse e conducono a un esito processuale sfavorevole e a ulteriori oneri economici per l’imputato.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per ‘mancanza di specificità’?
Un ricorso è inammissibile per mancanza di specificità quando non si confronta direttamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata. Non basta lamentare una violazione di legge in astratto, ma è necessario criticare puntualmente il ragionamento del giudice precedente, spiegando perché è errato. Se il ricorso ignora le motivazioni della decisione, viene considerato generico e quindi inammissibile.
Cosa significa che deve esserci ‘correlazione tra imputazione e sentenza’?
Significa che un imputato può essere condannato solo per il fatto storico descritto nel capo d’imputazione. Il giudice non può condannare una persona per un fatto diverso o sostanzialmente modificato rispetto a quello per cui è stata portata a processo. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che questo principio non fosse stato violato perché la condotta minacciosa era già menzionata nell’imputazione.
Qual è la differenza tra un’ingiuria e una minaccia rilevante come aggravante del reato di danneggiamento?
Sulla base del provvedimento, la differenza risiede nell’effetto prodotto. L’ingiuria lede l’onore e il decoro di una persona, mentre la minaccia consiste nel prospettare un male ingiusto per intimidire la vittima. Anche se il ricorrente sosteneva che le sue frasi fossero mere ingiurie, la Corte d’Appello, con motivazione ritenuta logica dalla Cassazione, aveva accertato che tali frasi avevano prodotto un ‘effetto intimidatorio’, qualificandole quindi come minaccia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 196 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a RIVAROLO CANAVESE il 01/06/1965
avverso la sentenza del 23/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che lamenta la violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. e la manifesta illogicità della motivazione sul punto, è manchevole dell’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato. Va, in proposito, rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, che comporta, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’inammissibilità;
che il giudice di appello ha esplicitato le ragioni per cui non si può ritenere violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato atteso che, come correttamente affermato alle pagg. 2-3 della sentenza impugnata, l’imputazione menziona espressamente la condotta minacciosa e non sussiste alcuna eterogeneità tra il fatto contestato e quello accertato in sentenza;
considerato che il secondo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’elemento della minaccia quale aggravante del delitto di danneggiamento ex art. 635 comma secondo n. 1 cod. pen. affermando, in particolare, che le frasi pronunciate dal COGNOME avessero natura di ingiuria, non prospettando un male ingiusto rivolto alla persona – risulta parimenti privo di specificità poiché non si confronta con le affermazioni contenute a pag. 3 della sentenza impugnata ove, con motivazione congrua e non illogica, si dà conto dell’effetto intimidatorio ottenuto mediante la minaccia;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.