Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24583 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24583 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CITTIGLIO il 11/11/1974
avverso l’ordinanza del 17/01/2025 della Corte d’appello di Bologna Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Letta la requisitoria scritta del Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, emessa in data 17 gennaio 2025, la Corte d’Appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Rimini, che l’ aveva condannato alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 624 bis cod.pen. , in relazione al furto di un telefono cellulare all’interno della sagrestia di una chiesa.
La Corte di appello ha ritenuto che i motivi di censura, con i quali la difesa aveva segnatamente contestato l’attribuzione del delitto al proprio assistito , la configurabilità della sagrestia come luogo destinato alla privata dimora ed il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, comma 1, n. 4) cod. pen., fossero generici e privi della necessaria specificità per contrastare le ragioni del provvedimento impugnato. In particolare, ha rilevato come la difesa non avesse mosso alcuna seria critica rispetto agli esiti della comparazione antropometrica eseguita dal Reparto Investigazioni Scientifiche dei carabinieri, che avevano consentito di identificare l’imputato come autore del furto, in quanto presente nella sacrestia e intento a coprire la telecamera prima della sottrazione del telefonino.
L ‘imputato NOME COGNOME per il tramite del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con unico motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine agli artt. art. 591, 592 e 581, lett. c, cod.proc.pen. Rileva che nel giudizio di appello sono deducibili questioni prospettate e disattese dal primo giudice e si duole che la Corte distrettuale sia entrata nel merito. Con i motivi di appello aveva contestato il coinvolgimento dell’ imputato nel fatto in quanto i filmati non hanno ripreso il momento della flagranza del furto; inoltre, aveva avanzato istanza di riqualificazione del fatto attraverso una motivazione in diritto oltre che in fatto e motivatamente richiesto il riconoscimento di una circostanza attenuante negata in primo grado. La dichiarazione di inammissibilità dell’ap pello, effettuata dalla Corte territoriale in modo dettagliato rispetto alle specifiche questioni prospettate con il gravame, si sarebbe risolta in una violazione del diritto di difesa dell’imputato per il superamento dei limiti insiti nel giudizio demandato al giudice di appello, non suscettibile di essere esteso ai casi di manifesta infondatezza dei motivi.
Il Procuratore generale ha concluso con requisitoria scritta chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Sono applicabili al presente giudizio le disposizioni in punto dei requisiti di specificità dei motivi introdotte al comma 1 bis dell’art. 581 cod.proc.pen. per effetto dell’art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. 31 ottobre 2022, n.150, entrate in vigore il 30 dicembre 2022, dovendosi quindi valutare il relativo presupposto alla luce del nuovo testo della disposizione, ai sensi del quale: «l’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione».
Ne risulta, richiamando il contenuto della relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022 che «Tale enunciazione critica deve svilupparsi per ogni richiesta contenuta nell’atto d’impugnazione e deve riferirsi alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, nell’ambito dei capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione. Risulta, pertanto, codificato il requisito della specificità c.d. “estrinseca” dei motivi d’impugnazione, coerentemente con la funzione di controllo della sentenza impugnata rivestita dal giudizio di appello».
La norma suindicata ha recepito le indicazioni della giurisprudenza di legittimità sul requisito della specificità estrinseca dei motivi di appello; questione, in particolare, esaminata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n.8825 del 27/10/2016, dep.2017, COGNOME, Rv. 268822 -01) secondo cui l ‘appello è inammissibile per difetto di specificità dei motivi, al pari del ricorso per cassazione, quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto, poste a fondamento della decisione impugnata, pur essendo tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. Un., n. 8825 del 27/10/2016 dep. il 2017, COGNOME, Rv. 268822).
Le Sezioni unite hanno affermato nel dettaglio che «la necessità della specificità estrinseca dei motivi di appello trova fondamento nella considerazione che essi non sono diretti all’introduzione di un nuovo giudizio, del tutto sganciato da quello di primo grado, ma sono, invece, diretti ad attivare uno strumento di controllo, su specifici punti e per specifiche ragioni, della decisione impugnata» dovendo l’impugnazione «esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della
decisione impugnata»; inoltre, essendo l’appello un’impugnazione devolutiva «tale rivalutazione può e deve avvenire nei rigorosi limiti di quanto la parte appellante ha legittimamente sottoposto al giudice d’appello con i motivi d’impugnazione, che servono sia a circoscrivere l’ambito dei poteri del giudice stesso sia a evitare le iniziative meramente dilatorie che pregiudicano il corretto utilizzo delle risorse giudiziarie, limitate e preziose, e la realizzazione del principio della ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111, secondo comma, Cost. » (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 – dep. 22/02/2017, COGNOME, Rv. 268822, § 7.3.).
Sotto altro profilo, le Sezioni Unite hanno, altresì, considerato che, in ragione della diversità strutturale esistente tra il giudizio di appello e quello di cassazione, deve escludersi che la riproposizione di questioni già esaminate e disattese in primo grado sia di per sé causa di inammissibilità dell’appello; ciò in quanto il giudizio di appello ha per oggetto la rivisitazione integrale del punto di sentenza oggetto di doglianza, con i medesimi poteri del primo giudice ed anche a prescindere dalle ragioni dedotte nel relativo motivo, purché la relativa esposizione sia basata su argomentazioni strettamente connesse a quelle prese in esame del Giudice di primo grado.
Inoltre, hanno specificato che il sindacato sull’ammissibilità dell’appello, condotto ai sensi degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., non può ricomprendere – a differenza di quanto avviene per il ricorso per cassazione (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.) o per l’appello civile – la valutazione della manifesta infondatezza dei motivi di appello, non inclusa da tali disposizioni fra le cause di inammissibilità dell’impugnazione.
Il giudice d’appello, quindi, può dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione quando i motivi difettino di specificità o non siano validamente argomentati, o non affrontino la motivazione spesa nella sentenza impugnata, con esclusione dell’ipotesi che siano ritenuti inidonei, anche manifestamente, a confutare l’apparato motivazionale (Sez. 4, n. 36154 del 12/09/2024, Rv. 287205 -01; Sez. 4, n. 36533 del 15/09/2021, Rv. 281978 -01; Sez. 5, n. 11942 del 25/02/2020, Rv. 278859; Sez. 5, n. 34504 del 25/5/2018, Rv. 273778).
Nel caso in esame, le doglianze difensive introdotte con il ricorso sono fondate e bene argomentate, dovendo ritenersi che la Corte territoriale non abbia fatto adeguato governo dei suddetti principi.
La Corte di appello ha ripreso l’intero percorso motivazionale seguito dalla sentenza impugnata, confrontandolo, poi, con i motivi di appello e deducendone, infine, la mancata adeguata confutazione delle stesse sulla base, tuttavia, di un percorso motivazionale che non avrebbe dovuto condurre alla conclusione raggiunta, in termini di difetto di specificità dei motivi, ma alla conclusione eventuale della loro infondatezza,
pur se, in ipotesi, manifesta, ipotesi tuttavia estranea al perimetro valutativo rimesso alla Corte di appello dall’art. 591 cod.proc.pen.
Deve ritenersi che l’atto di appello, oltre a non essere connotato da aspecificità intrinseca attesa la puntuale individuazione della critica rivolta alla sentenza gravata, non potesse ritenersi caratterizzato neanche da aspecificità di tipo estrinseco, poichè aveva esplicitato adeguate ragioni di confronto critico con l’apparato argomentativo contenuto nella sentenza di primo grado, in quanto tali idonee a sollecitare un nuovo esercizio dei relativi poteri discrezionali, anche di merito, riconosciuti al giudice di appello e non tali da essere valutate sotto il profilo previsto dal combinato degli artt. 591, comma 1, lett. c) e 581 cod.proc.pen.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e gli atti vanno trasmessi alla Corte di appello di Bologna per il giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Bologna per il giudizio Così deciso il 06/05/2025.