Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14858 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14858 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 17/12/1992 NOME nato a CAIVANO il 17/09/1956
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
I
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi presentati, con unico atto, nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
letta la memoria della parte civile, corredata da nota delle spese;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deducono vizi motivazionali in relazione all’art. 642 cod. pen., con particolare riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, oltre ad essere privo di concreta specificità, non è consentito in questa sede;
che, invero, non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito specifico oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad una questione rispetto alla quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stata intenzionalmente sottratta alla cognizione del giudice di appello;
che, infatti, non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito specifico oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad una questione rispetto alla quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stata intenzionalmente sottratta alla cognizione del giudice di appello (cfr. Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316 01);
che, nel caso di specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici, le doglianze difensive dedotte in appello e non specificamente contestate in sede di ricorso (si vedano, in particolare, pagg. 4 e 5);
ritenuto che il secondo motivo, con il quale si contesta il mancato proscioglimento degli imputati ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., è privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. pro pen.;
che, invero, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per l’assenza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata, per come integrata dalle confermate ragioni del primo giudice, e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, nella specie, i giudici dell’appello hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici (cfr. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016,
COGNOME, Rv. 266594 – 01; Sez. 7, ord. n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01), le doglianze difensive dell’appello, meramente riproposte in questa sede (si veda, in particolare, pag. 5);
osservato che il terzo motivo, in punto di trattamento sanzionatorio e circostanziale, oltre ad essere privo di concreta specificità, non è consentito in quanto inerente al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica argomentazione;
che, quanto alla dosimetria della pena, l’onere argomentativo può ritenersi adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale;
che, in relazione alle circostanze attenuanti generiche, non è necessario che il giudicante, nel motivare il mancato riconoscimento delle stesse, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza di elementi positivi, rimanendo disattesi e superati tutti gli altri da tale valutazione;
che, nel caso in esame, la Corte di appello ha correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente argomentando sul punto (si veda, in particolare, pag. 5);
ritenuto che il quarto motivo, con il quale si contesta la mancata concessione della sospensione condizionale della pena non subordinata al risarcimento del danno, oltre ad essere privo dei requisiti di specificità e autosufficienza, è anche manifestamente infondato;
che, invero, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice non è tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell’imputato, ma deve effettuare un motivato apprezzamento di esse soltanto nell’ipotesi in cui dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (cfr. Sez. 2, n. 38431 del 13/09/2023, COGNOME, Rv. 285041 – 01; Sez. 6, n. 46959 del 19/10/2021, P., Rv. 282348 – 01; Sez. 2, n. 26958 del 24/07/2020, COGNOME, Rv. 279648 – 01);
che, tuttavia, a fronte delle argomentazioni del giudice dell’appello sulla genericità della relativa richiesta, il ricorrente insiste sull’evidente incapienz reddituale del tutto genericamente, senza alcuna individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali che il giudicante non avrebbe opportunamente valorizzato e sui quali si sollecita il sindacato di legittimità;
che, dunque, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con corretti
argomenti giuridici (cfr. Sez. 5, n. 26175 del 04/05/2022, Papa, Rv. 283591 – 01), le ragioni del diniego, genericamente contestate in questa sede (si veda pag. 5);
considerato che l’ultimo motivo, con il quale si richiede di dichiararsi, ai sensi
dell’art. 129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione dopo la sentenza di appelo, è manifestamente infondato;
che, invero, l’inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare, a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., l’eventuale prescrizione maturata successivamente
alla sentenza impugnata (cfr. Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266
– 01);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, oltre alle spese in
favore della parte civile, che ha presentato efficace memoria, liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, i ricorrenti alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Genertel s.p.a. che liquida in complessivi euro 2686,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 14/01/2025.