Speciale Tenuità: Quando la piccola quantità non basta per l’attenuante
L’applicazione dell’attenuante della speciale tenuità nei reati di spaccio di sostanze stupefacenti è un tema complesso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione non può limitarsi alla quantità di droga o al guadagno minimo, ma deve considerare l’offensività complessiva della condotta. Il caso analizzato riguarda la cessione di una dose minima di cocaina, ma la Corte ha confermato il diniego dell’attenuante a causa dell’abitualità dell’attività criminale del soggetto.
I Fatti di Causa
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per aver ceduto 0,23 grammi di cocaina in cambio di 20 euro. I giudici di merito, pur riconoscendo le attenuanti generiche, avevano negato l’applicazione dell’attenuante specifica del lucro di speciale tenuità, prevista dall’art. 62, n. 4 del codice penale.
L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione lamentando due violazioni principali:
1. Il mancato riconoscimento dell’attenuante della speciale tenuità, data l’esigua quantità di sostanza e il modesto corrispettivo.
2. Una presunta violazione del principio del ‘ne bis in idem’ e un vizio di motivazione sulla quantificazione della pena, ritenuta eccessiva perché basata su precedenti penali già considerati per la recidiva.
La Decisione della Corte e il diniego della speciale tenuità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. La motivazione dei giudici di legittimità si concentra su un’analisi approfondita del concetto di offensività, che va oltre il singolo episodio di spaccio.
L’Abitualità come indice di Offensività
Il punto centrale della decisione è che, per negare la speciale tenuità, i giudici hanno correttamente valutato non solo il singolo fatto (la cessione di 0,23 grammi), ma anche il profilo dell’autore del reato. L’imputato era considerato un soggetto ‘stabilmente dedito all’attività di spaccio’, come dimostrato dai suoi numerosi precedenti penali, anche specifici. Questa ‘attività criminosa abituale’, unita al contesto in cui è avvenuto lo spaccio (una zona universitaria), ha contribuito a delineare una condotta di offensività tale da non poter essere considerata di lieve entità, nonostante il guadagno irrisorio.
La valutazione della Pena
Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha chiarito che la valutazione dei precedenti penali ai fini della determinazione della pena (ex art. 133 c.p.) non costituisce una duplicazione vietata dal principio del ‘ne bis in idem’. I giudici di merito hanno legittimamente considerato, oltre ai precedenti, l’assenza di qualsiasi segno di ravvedimento (‘resipiscenza’) e la stabilità dello stile di vita criminale dell’imputato per giustificare una pena superiore al minimo edittale. Il percorso motivazionale è stato ritenuto logico e coerente.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si allinea a un principio consolidato, anche a Sezioni Unite (sent. Dabo, 2020), secondo cui l’attenuante della speciale tenuità è astrattamente applicabile ai reati in materia di stupefacenti. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e richiede un giudizio complessivo sul fatto. In questo caso, il lucro di 20 euro, sebbene minimo, perde la sua connotazione di ‘tenuità’ quando inserito in un contesto di criminalità seriale e professionale. L’offensività della condotta non si esaurisce nel danno immediato, ma si estende al pericolo sociale creato da un’attività di spaccio sistematica, specialmente in luoghi sensibili come le aree universitarie. La decisione del giudice di merito di negare l’attenuante è stata quindi considerata esente da vizi logici, in quanto fondata su elementi concreti che dipingono un quadro di pericolosità sociale ben più grave del singolo episodio.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: nei reati di spaccio, la speciale tenuità del danno o del lucro non può essere valutata in astratto. Il giudice deve e può considerare la ‘storia criminale’ dell’imputato e il contesto del reato per determinare l’effettiva offensività della condotta. Un soggetto con numerosi precedenti specifici, che opera in modo sistematico, difficilmente potrà beneficiare di questa attenuante, anche se viene colto a cedere una dose per pochi euro. La decisione rafforza la discrezionalità del giudice nel ponderare tutti gli elementi del caso per arrivare a una pena giusta e proporzionata alla reale gravità del fatto e alla personalità dell’autore.
È possibile applicare l’attenuante della speciale tenuità ai reati di spaccio di stupefacenti?
Sì, la Corte di Cassazione ribadisce che l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. (lucro e evento di speciale tenuità) è applicabile in linea di principio a ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, inclusi quelli in materia di stupefacenti.
Perché in questo caso è stata negata la speciale tenuità nonostante la piccola quantità di droga (0,23 grammi) e il basso guadagno (20 euro)?
L’attenuante è stata negata perché i giudici hanno valutato l’offensività complessiva della condotta. Hanno considerato che l’imputato era un soggetto stabilmente dedito allo spaccio, come dimostrato dai suoi numerosi precedenti penali, e che l’attività illecita si svolgeva in un contesto sensibile come una zona universitaria. Questi elementi hanno fatto ritenere la condotta non di speciale tenuità.
I precedenti penali di un imputato possono essere usati per negare l’attenuante della speciale tenuità?
Sì, la Corte ha ritenuto legittima la valutazione dei giudici di merito che hanno desunto l’abitualità dell’attività criminosa e la maggiore offensività della condotta dai ‘numerosissimi reati anche specifici’ a carico del ricorrente. Questo dimostra che il profilo criminale complessivo dell’imputato è un fattore rilevante per decidere sulla concessione dell’attenuante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15577 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15577 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/10/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Bologna in data 7 ottobre 2024 con la quale è stata confermata la sentenza del Tribunale locale che lo aveva condannato, all’esito del giudizio abbreviato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in termini di equivalenza alla contestata aggravante, alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 2.000 di multa in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990 in relazione alla cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di grammi 0,23 con principio attivo pari al 50%.
Con il ricorso si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art 62 n. 4 cod. pen. trattandosi di una cessione di modesta quantità di droga in cambio di un corrispettivo di 20 euro. Si deduce, poi, la violazione di legge in relazione all’art. 133 cod. proc pen., “violazione del ne bis in idem sostanziale e carenza di motivazione” avuto riguardo al discostamento dal minimo edittale con motivazione solo apparente perché supportata solo dalla sussistenza di precedenti penali che non poteva essere applicata perché era già stata riconosciuta e applicata la recidiva.
2.1 Occorre ribadire il principio per cui la circostanza attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. è applicabi indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, ivi compresi quelli in materia di stupefacenti, inclusa la fattispecie di «lieve entità» prevista dall’art. 73, co. 5, n. del 1990 (ex plurimis, Sez. U, n. 24990 del 30/10/2020, Dabo, Rv. 279499).
Il giudice di secondo grado ha fatto buon governo dei principi sanciti da questa Corte, con motivazione non sindacabile in questa sede in quanto esente dai vizi prospettati, ove si consideri che il lucro ricavato dalla vendita della droga in possesso del ricorrente non è stato considerato di speciale tenuità in ragione della offensività della condotta, in quanto posta in essere da soggetto ritenuto stabilmente dedito all’attività di spaccio come risulta dai numerosissimi reati anche specifici che fanno rientrare la condotta in una abituale attività criminosa avuto, altresì, riguardo all piazza di spaccio in cui l’attività illecita era avvenuta, una zona universitaria.
2.2. Del pari inammissibile è il motivo dedotto in relazione al trattamento sanzionatorio irrogato in quanto si risolve nella mera riproposizione dei profili di censura già ampiamente vagliati e disattesi dalla Corte di merito con un percorso motivazionale logico e coerente che ha dato atto oltre che dei gravi e specifici precedenti anche della assenza di qualsivoglia resipiscenza nonché della stabile
dedizione all’attività di spaccio svolta in maniera professionale, stabile e d un numero indefinito di clienti.
3. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagame delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d
Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 8 aprile 2025