Speciale Tenuità e Spaccio: No all’Attenuante se il Guadagno non è Irrilevante
Con la recente ordinanza n. 37981/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui confini applicativi dell’attenuante comune della speciale tenuità del danno, prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale, in materia di sostanze stupefacenti. La decisione sottolinea come la potenziale entità del profitto ricavabile dallo spaccio, anche di lieve entità, sia un fattore decisivo per escludere il beneficio, soprattutto in presenza di droga di elevata purezza.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo alla pena di un anno di reclusione e 2.000 euro di multa per il reato di spaccio di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990. La sentenza, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, veniva confermata integralmente dalla Corte di Appello di Salerno.
Contro la decisione di secondo grado, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi principali, entrambi mirati a ottenere una revisione della pena inflitta.
I Motivi del Ricorso e l’Attenuante della Speciale Tenuità
Il fulcro del ricorso verteva sul mancato riconoscimento della circostanza attenuante della speciale tenuità del danno. La difesa lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che le circostanze concrete del fatto avrebbero dovuto portare a una riduzione della pena in virtù del limitato profitto e danno arrecato.
In aggiunta, veniva eccepita una generica mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, un motivo spesso utilizzato nei ricorsi di legittimità ma che richiede argomentazioni specifiche per essere accolto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi proposti non deducibili in sede di legittimità. La decisione si basa su un’analisi rigorosa dei limiti del giudizio di cassazione e della logicità della motivazione della Corte d’Appello.
Le motivazioni
I giudici di legittimità hanno ritenuto il ragionamento della Corte d’Appello pienamente congruo e logico. In particolare, è stato valorizzato un elemento di fatto cruciale: l’elevata purezza della sostanza stupefacente detenuta dall’imputato. Secondo la Corte territoriale, e confermato dalla Cassazione, da tale cessione si sarebbe potuto conseguire un guadagno “certamente non irrilevante”.
Questo aspetto è determinante: la nozione di speciale tenuità del lucro richiede un profitto di entità particolarmente esigua, quasi trascurabile. Se la qualità della droga permette di ipotizzare un guadagno significativo, anche se la quantità è modesta, viene meno il presupposto per l’applicazione dell’attenuante. La valutazione sull’entità del profitto costituisce un giudizio di fatto, che non può essere riesaminato dalla Cassazione se motivato in modo logico e coerente, come nel caso di specie.
Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, la Corte lo ha liquidato come manifestamente infondato, in quanto generico e aspecifico. Non era infatti idoneo a confrontarsi adeguatamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a una critica generale senza individuare vizi specifici.
Le conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: l’incompatibilità tra un profitto non irrilevante e l’attenuante della speciale tenuità. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: nella valutazione della lieve entità del fatto di spaccio e delle relative circostanze, non conta solo la quantità della sostanza, ma anche e soprattutto la sua qualità e il conseguente potenziale di guadagno. L’alta purezza di una droga è un indice che i giudici di merito possono legittimamente utilizzare per escludere l’applicazione di benefici come l’attenuante in questione. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
L’attenuante della speciale tenuità del danno può essere applicata in un caso di spaccio di droga?
Sì, in linea di principio è possibile, ma la sua applicazione è soggetta a una valutazione concreta del caso. Come chiarito dalla sentenza, l’attenuante non può essere concessa se il guadagno che si sarebbe potuto ottenere dalla vendita della sostanza non è considerato irrilevante.
Cosa ha considerato la Corte per escludere la speciale tenuità in questo specifico caso?
La Corte ha ritenuto decisiva la valutazione del giudice di merito, secondo cui l’elevata purezza della droga avrebbe consentito di ottenere un guadagno ‘certamente non irrilevante’. Questo potenziale profitto è stato giudicato incompatibile con il requisito della speciale tenuità del lucro richiesto dalla norma.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi presentati non erano appropriati per un giudizio di Cassazione. Il primo motivo contestava una valutazione di fatto (l’entità del guadagno), che non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione del giudice è logica. Il secondo motivo era troppo generico e non argomentava in modo specifico contro le ragioni della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37981 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ESERCIZIO NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 5 dicembre 2023 la Corte di appello di Salerno ha confermato la pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Nocera Inferiore del 9 febbraio 2023 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro 2.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante comune prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen.; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità del provvedimento impugnato.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima doglianza, risulta congruo e logico il ragionamento espresso dalla Corte di appello con cui è stato evidenziato come dalla cessione dello stupefacente detenuto dall’RAGIONE_SOCIALE, in quanto droga molto pura, si potesse conseguire un guadagno certamente non irrilevante (cfr. p. 8 della sentenza impugnata), così da doversi escludere la ricorrenza di un lucro di speciale tenuità, di rilievo ai sensi dell’art. 62 n. 4 cod. pen.
2.2. La seconda censura è, poi, manifestamente infondata, trattandosi di motivo del tutto generico ed aspecifico, inidoneo a rappresentare le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e a confrontarsi in maniera adeguata con le argomentazioni espresse dalla sentenza impugnata.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore