Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39372 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39372 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la condanna di NOME, per fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con esclusione della sussistenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen.
Avverso la sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo (di seguito enunciato ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), sostenuto da memoria. Si deduce l’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale nell’escludere l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. solo in ragione della ritenuta non speciale tenuità dell’evento, comunque considerata non in merito alle singole fattispecie ma alla loro valutazione complessiva, senza quindi considerare anche la speciale tenuità del lucro (trattandosi di plurime cessioni di stupefacente – eroina e cocaina ciascuna per importi di 20,00 euro).
Il ricorso è manifestamente infondato.
Occorre premettere e ribadire il principio per cui la circostanza attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. applicabile, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, a ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, ivi compresi quelli in materia di stupefacenti, inclusa la fattispecie di «lieve entità» prevista dall’art. 73, comma 5, n. 309 del 1990 (ex plurimis, Sez. U, n. 24990 del 30/10/2020, Dabo, Rv. 279499).
4.1. Quanto innanzi è tato più volte ribadito anche dalla successiva giurisprudenza di legittimità. Si veda sul punto, ex plurimis, Sez. 4, n. 810 del 21/09/2021, COGNOME, in motivazione, per la quale l’attenuante in esame è applicabile solo quando concorrano simultaneamente il dato del conseguimento da parte dell’imputato di un vantaggio economico di particolare («speciale») modestia ed il dato della produzione di un evento dannoso o pericoloso del reato parimenti qualificato da peculiare («speciale») tenuità (id est offensività o disvalore sociale). L’eventuale incompatibilità concreta e funzionale dell’attenuante nei delitti concernenti reati in materia di stupefacenti deve, allora, essere correlata all’intrinseca «pericolosità» di tali reati e al particolar «evento pericoloso» da essi prodotto, quali che siano l’entità e la tipologia dello stupefacente oggetto di reato (vendita, cessione o traffici di altra natura). La fattispecie di detenzione a fini di spaccio può articolarsi in un duplice modo, a seconda che la detenzione sia svolta dietro pagamento di un prezzo, nell’interesse di terzi, oppure sia strumentale a successive cessioni da parte del medesimo autore con conseguimento di un profitto: nel primo caso il prezzo pagato o ancora da riscuotere costituisce il parametro economico da considerare nel quadro della valutazione di applicabilità dell’attenuante; nel secondo caso, deve aversi riguardo al profitto conseguito o conseguendo dello spaccio. Tanto premesso, quanto alle direttrici entro cui formulare l’esame dei singoli casi, il giudice di merito deve offrire adeguata giustificazione della scelta di applicare la circostanza attenuante ex art. 62, n. 4, cod. pen., mediante una verifica in concreto che dia consistenza, per grado e qualità, alla lesione del bene tutelato 4 dalla norma penale, sia sotto il profilo dell’entità del lucro (conseguendo o conseguito dall’agente) che dell’entità della stessa lesione, cioè dell’evento dannoso o pericoloso prodotto dalla condotta. Secondo la casistica giurisprudenziale emersa in tema di individuazione dell’applicabilità dell’attenuante in parola, come ribadisce anche la citata Sez. 4, n. 810 de 21/09/2021, COGNOME (in motivazione), con particolare riferimento ai criteri c
possono consentire o escludere la sussistenza, accanto al ridotto lucro ottenuto o perseguito, anche di un tenue danno o pericolo del reato stesso, si è ritenuto possano assumere rilievo, in via astratta: a) il dato quantitativo della droga oggetto del rapporto contrattuale in re illicita; b) l’oggettivo valore economico di mercato della stessa (minimo o assai ridotto per una persona di ordinarie disponibilità finanziarie); c) la qualità dello stupefacente in rapporto ai potenziali effetti sulla salute, dovendosi riconoscere la minore pericolosità di alcune sostanze droganti per solito qualificate anche in sede scientifica come «leggere»; d) la generale posizione dell’imputato in relazione alla quantità della droga altrimenti detenuta al di fuori dello specifico episodio di vendita o della droga comunque dallo stesso acquisibile dimostrata dalla disponibilità di strumenti o atti (conteggi, annotazioni nominative, ecc.), attestanti la concreta destinazione commerciale; e) la condizione personale dell’imputato in rapporto alla disponibilità di altre e non effimere lecite fonti di reddito (attività lavorat remunerata, più o meno stabile e continuativa), sì da far ipotizzare che l’episodio in sé minimale di vendita di droga oggetto di giudizio non rappresenti l’espressione di una consueta e costante modalità di guadagno del giudicabile; f) il vissuto personale dell’imputato (precedenti penali e giudiziari anche specifici e recenti) nonché il suo inserimento nel tessuto sociale e territoriale in cui si sviluppa la sua attività di relazione intersoggettiva, in termini che non facciano ragionevolmente supporre che lo stesso sia di solito o con continuità temporale e professionale dedito all’illecito commercio di sostanze stupefacenti e, per ciò stesso, alla produzione di una pluralità di eventi dannosi o pericolosi per la salute di un indeterminato numero di acquirenti reali o potenziali (Sez. 6, n. 36868 del 23/06/2017, Taboui, Rv. 270671 – 01).
4.2 Orbene, nel caso per cui è ricorso, la verifica di compatibilità e rilevabilità dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., alla luce dei cano suesposti, è stata svolta in ossequio ai principi di cui innanzi, con i quali invece il ricorrente non si è sostanzialmente confrontato, oltre che esplicitata con motivazione non sindacabile in sede di legittimità, perché coerente e non manifestamente illogica. Il riferimento è alla ritenuta non speciale tenuità dell’evento, di per sé escludente l’attenuante a prescindere dall’eventuale speciale tenuità del lucro, in considerazione, per quanto emerge dal tessuto motivazionale della sentenza impugnata anche richiamante quello della sentenza di primo rado (in ipotesi di c.d. doppia conforme), del modus operandi, caratterizzato dall’operare, in concorso con altro soggetto, all’interno di una consolidata piazza di spaccio e mediante interlocuzioni e appuntamenti telefonici con i clienti.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.