Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10458 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10458 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Roma il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 18/05/2023 della Corte di Appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente all’art. 131 bis cod. pen. con dichiarazione d inammissibilità nel resto. udite le conclusioni del difensore dell’imputato AVV_NOTAIO NOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con sentenza di cui all’epigrafe, la Corte di appello di Roma adita nell’interesse di NOME conferma la sentenza del tribunale di Roma del 6 settembre 2022 con la quale NOME era stato condannato in ordine al reato di cui all’art. 73 comma 5 del DPR 309/90.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso NOME il proprio difensore, deducendo cinque motivi di impugnazione.
Con il primo, deduce vizi ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. e vizi di mancanza di motivazione in ordine al rigetto della richiesta avanzata ex art. 507 cod. proc. pen. e 603 comma 5 cod. proc. pen. e diretta all’escussione della fidanzata dell’imputato, atteso che con la stessa, secondo la difesa, l’imputato avrebbe fatto uso congiunto della droga, senza quindi cederla alla
ragazza e, piuttosto, mostrandola alla donna. Si osserva che il rigetto della reiterata richiesta di escussione della donna avanzata in appello sarebbe intervenuto con una motivazione apparente. Sia perché l’intervenuta valorizzazione, a supporto della contestata decisione dei giudici di secondo grado, di un ritenuto cambio di prospettiva difensiva in corso d’opera non renderebbe di per sé non necessaria la richiesta di rinnovazione in questione, sia perché non sarebbe stato esplicitato il motivo per cui non sarebbe dirimente la prova della relazione sentimentale tra l’imputato e la ragazza (NOME), oggetto su cui avrebbe dovuto vertere la richiesta di rinnovazione,.
Con il secondo motivo, deduce vizi di violazione di legge processuale e il vizio di manifesta illogicità e apoditticità della motivazione. I giudici n avrebbero spiegato il motivo per cui la sostanza sarebbe stata detenuta per la cessione illecita a fronte di elementi – quali l’occultamento della droga negli slip, la condotta dell’imputato al momento dell’arrivo degli operanti, le giustificazioni fornite dall’imputato – che non dimostrerebbero la finalità di cessione. Illogicamente poi la Corte avrebbe sostenuto che non sarebbe stato dimostrato l’uso di gruppo, in quanto i giudici stessi non avrebbero consentito l’escussione della fidanzata dell’imputato, con lui presente al momento dell’accertamento della polizia giudiziaria. Piuttosto, le concrete circostanze deporrebbero per la detenzione della droga per uso personale.
Con il terzo motivo rappresenta la violazione dell’ari:. 131 bis cod. pen. e il vizio di manifesta illogicità della motivazione. Si ribadisce che la sostanza stupefacente sarebbe stata destinata ad uso personale con la fidanzata. E quindi la condotta sarebbe di speciale tenuità.
Con il quarto motivo rappresenta vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., siccome fondato sul rilievo, manifestamente illogico, della diversità qualitativa delle dosi di sostanza stupefacente.
Con il quinto motivo deduce il vizio di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di applicazione di sanzione sostitutiva, siccome fondata sulla
mera intervenuta e risalente condanna del ricorrente in relazione al reato ex art. 650 cod. pen.
Sono stati presentati motivi aggiunti da parte della difesa.
CONSIDERATO IN DIIRTTO
Il primo motivo è manifestamente infondato: i giudici hanno valorizzato plurimi dati, quali l’occultamento della droga negli slip dell’imputato, il su tentativo di estrarla in presenza di una donna, la NOME, e in una pubblica strada, interrotto solo alla vista degli operanti, quali elementi indizia dimostrativi di una finalizzazione dello stupefacente alla cessione, in particolare in favore della donna, seppur non realizzatasi in concreto. Ed hanno anche confutato la tesi difensiva, per cui l’imputato avrebbe solo avuto l’intenzione di mostrare alla ragazza, che sarebbe stata sua fidanzata, la droga da consumare insieme, con la più che ragionevole osservazione per cui, se tale fosse stata la finalità ultima e unica perseguita, non vi sarebbe stato motivo alcuno di non attendere di ritornare in un luogo rientrante nella tranquilla disponibilità d entrambi per consumare comodamente, ivi, lo stupefacente. Rileva, in tale quadro, anche la considerazione della assenza di elementi dimostrativi di uno stato di dipendenza da droga di entrambi i soggetti prima citati.
1.1. Nella predetta prospettiva è tutt’altro che viziato (e sul punto si rammenta che il vizio logico deve essere “manifesto”) il rigetto della richiesta di esaminare la citata ragazza ex art. 603 cod. proc. pen. perché rivelasse il rapporto sentimentale con l’imputato, in ragione innanzitutto della mancanza del requisito della indispensabilità della prova richiesta ai fini di una decision che, invero, appare logicamente supportata.
1.2. In proposito, occorre ricordare che l’art. 603 c.p.p., in ordine alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in grado di appello, prevede tre ipotesi: 1) la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l’assunzione di nuove prove: tale fattispecie, prevista nel comma 1, è subordinata alla circostanza che il giudice ritenga “di non essere in grado di decidere allo stato degli atti”, ovvero attiene al caso in cui i dati probatori g acquisiti siano incerti o l’incombente richiesto rivesta carattere di decisività, ne senso che è idoneo ad eliminare le eventuali incertezze ovvero ad inficiare ogni altra risultanza. Il comma 1, poi, riguarda prove preesistenti o prove già note alla parte (ex plurimis Cass. 3348/2003 riv 227494); 2) l’assunzione di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado: tale fattispecie, prevista dal comma 2, va disposta nei limiti previsti dall’art. 495 c.p.p., comma
1; norma che, a sua volta, richiama l’art. 190 c.p.p., comma 1 e art. 190 bis c.p.p. relativi, rispettivamente, al diritto alla prova ed ai requisiti della pr nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’art. 51 c.p., comma 3 bis. Consegue che nel caso previsto dall’art. 603 c.p.p., comma 2, il Giudice è tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento, ma con il limite costituito dalle richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti (ex plurimis Cass. 8382/2008 riiv NUMERO_DOCUMENTO); 3) l’assunzione disposta d’ufficio: prevista dall’art. 603 c.p.p., comma 3, tale fattispecie ricorre solo s se il giudice “la ritiene assolutamente necessaria”, quale è il caso in cui egli ritenga che non gli sia possibile decidere se non dopo l’assunzione di una determinata prova.
La diversità delle tipologie previ:ste in ordine alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in sede di appello, si rinviene anche sul piano della motivazione. Infatti, avendo la rinnovazione, ancorché parziale, del dibattimento, carattere eccezionale rispetto al principio di presunzione di completezza dell’istruttoria già espletata, deriva che mentre la rinnovazione dev’essere specificamente motivata, occorrendo dare conto dell’uso del potere discrezionale derivante dall’acquisita consapevolezza di non potere decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto, la relativa motivazione pu essere anche implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Cass. 15320/2009 riv 246859 – Cass. 47095/2009 riv 245996). In caso, invece, di rinnovazione richiesta ex art. 603 comma 2 cod. proc. pen. la giustificazione del rigetto deve risultare in modo espresso (Sez. 3, n. 47963 del 13/09/201.6 Rv. 268657 – 01 F).
1.3. Nel caso in esame, riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 603 comma 1 cod. proc. pen. non può che quindi ribadirsi che la Corte ha adeguatamente motivato la scelta negativa in contestazione, alla luce della assenza di incertezze ricostruttive come anche della mera assertività della prospettiva balenata dalla difesa, a partire dalla dedizione agli stupefacenti di entrambi i sopra citati soggetti.
1.4. Anche l’ulteriore spiegazione fornita dai giudici, per cui di per sé la prova di un rapporto sentimentale tra i due soggetti non è dirimente non è affatto illogica, non potendosi escludere, neppure in via astratta, la cessione penalmente rilevante, in ragione della mera esistenza di una tale relazione. Non può altresì dimenticarsi, nel rilevare la sussistenza di dati fondanti una ragionevole decisione già raggiunta, come tale in grado di condurre al rigetto
della richiesta di rinnovazione in esame, che la sentenza conforme di primo grado, da considerarsi, come noto, unitamente a quella impugnata, ha altresì valorizzato anche la scoperta, nel domicilio del ricorrente, di due bilancini di precisione ed ha illustrato l’inverosimiglianza dell’asserito uso (da parte del ricorrente) funzionale alla verifica del peso di quanto acquistato per utilizzo personale, a fronte del dato, sempre riferito dall’imputato, per cui egli si sarebbe normalmente fornito presso uno spacciatore di fiducia per l’acquisizione, sempre, di confezioni da 0,2 grammi, quale peso così esiguo da non necessitare di ulteriori controlli ponderali (e quindi di bilancini) al fine dosare la droga da assumere.
Le considerazioni sopra svolte danno contezza della adeguata spiegazione fornita dai giudici circa gli elementi da cui desumere la finalità allo spaccio della droga, così da consentire di rinviare alle stesse con rilievo di inammissibilità del secondo motivo.
Quanto al terzo motivo, esso è inammissibile innanzitutto perché si argomenta nel senso della applicabilità della fattispecie ex art. 131 bis c.p. rivendicando e ribadendo la tesi della assenza di finalità di spaccio che, come tale, non potrebbe fondare l’applicazione della predetta norma bensì l’assoluzione. Si tratta quindi di censura eccentrica rispetto alla invocata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. Anche la motivazione dei giudici, per vero, appare adeguata, nella misura in cui compiono una globale valutazione della vicenda sul piano oggettivo e soggettivo, in linea con gli indirizzi giurisprudenziali al riguardo, con particolare riferimento alla condotta tenuta in luogo pubblico e in corrispondenza anche con la intensità dell’elemento soggettivo evincibile da tale circostanza.
Il quarto motivo è fondato. Non è sostenibile la tesi della inapplicabilità della fattispecie ex art. 62 n. 4 cod. pen. in presenza di una detenzione illecita di droghe modeste, solo perché rientranti nel novero di due differenti specie di stupefacenti cd. “pesanti”. E’ sufficiente al riguardo ricordare che la circostanza attenuante del lucro di speciale tenuità è applicabile, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, compresi i delitti in materia di stupefacenti (Sez. U – n. 24990 del 30/01/2020 Rv. 279499 – 01). Con la conseguenza per cui è astrattamente operativa anche con riguardo all’ipotesi di detenzione finalizzata allo spaccio oltre che alla cessione. I relativi requisiti di operatività devon quindi essere valutati a prescindere dal profilo qualitativo dello stupefacente,
come al contrario ritenuto dalla corte di appello, che di per sé non costituisce un dato ostativo nella misura in cui non si traduca, con adeguata motivazione, in elemento incidente, negativamente, sul carattere modesto del lucro perseguito.
L’accoglimento del precedente motivo assorbe e rende pleonastico l’esame dell’ultimo motivo di ricorso.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza debba essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma limitatamente all’intervenuto diniego della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. Con dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n., 4 cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Assorbito il quinto motivo nel quarto, dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso il 12/01/2024.