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Speciale tenuità del fatto: no se sei sorvegliato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un individuo sottoposto a sorveglianza speciale per non aver versato la cauzione imposta. È stata esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto, poiché la pericolosità sociale del soggetto e l’interesse pubblico a garantire il rispetto delle misure di prevenzione prevalgono sulla modesta entità della somma. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Speciale Tenuità del Fatto: Non si Applica a Chi Viola la Sorveglianza Speciale

L’applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto, introdotta dall’articolo 131-bis del codice penale, è spesso al centro di dibattiti giurisprudenziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo istituto in un contesto molto delicato: quello delle misure di prevenzione. La Corte ha stabilito che chi è sottoposto a sorveglianza speciale e non rispetta le prescrizioni, come il versamento di una cauzione, non può beneficiare della non punibilità, anche se l’importo economico è modesto. Analizziamo insieme la decisione e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso

Un individuo, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 76 del d.lgs. 159/2011. La sua colpa era quella di non aver ottemperato all’ordine del giudice di depositare una cauzione di 450,00 euro. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. La mancata applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto, sostenendo che la Corte d’Appello avesse motivato la sua decisione in modo solo apparente, senza una valutazione completa della vicenda.
2. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche, lamentando un vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna. Gli Ermellini hanno ritenuto infondati entrambi i motivi di ricorso, fornendo una chiara interpretazione della normativa e ribadendo principi già espressi in precedenza.

Le motivazioni: perché è stata negata la speciale tenuità del fatto?

Il cuore della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Cassazione ha spiegato che, per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., il giudice di merito può legittimamente fare riferimento agli stessi presupposti che hanno portato all’imposizione della misura di prevenzione. In altre parole, la pericolosità sociale del soggetto, già accertata per giustificare la sorveglianza speciale, è un elemento che gioca un ruolo fondamentale.

La Corte ha sottolineato che la violazione delle prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria genera un significativo allarme sociale. L’interesse pubblico protetto dalla norma (la ratio) è quello di garantire che le misure di prevenzione siano efficaci e rispettate. In questo contesto, l’entità della somma non versata (450 euro), pur non essendo elevatissima, passa in secondo piano. La gravità del fatto non risiede nel danno patrimoniale, ma nella deliberata inottemperanza a un ordine volto a contenere la pericolosità del soggetto. Pertanto, la condotta non può essere considerata di ‘speciale tenuità’.

Le motivazioni: il diniego delle attenuanti generiche

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ricordato che la concessione o il diniego delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis cod. pen.) rientra in un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito. Tale decisione è insindacabile in sede di legittimità, a condizione che sia sorretta da una motivazione logica e non contraddittoria. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente spiegato le ragioni del diniego, basandosi sugli elementi di valutazione previsti dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.), rendendo la sua decisione immune da censure.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa ordinanza della Cassazione invia un messaggio chiaro: il sistema delle misure di prevenzione si fonda sulla necessità di un rigoroso rispetto delle prescrizioni imposte. La violazione di tali obblighi, anche se apparentemente di modesta entità economica, costituisce un’offesa grave all’ordinamento, poiché mina l’efficacia stessa degli strumenti di controllo della pericolosità sociale.

Di conseguenza, è altamente improbabile che un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale possa invocare con successo la speciale tenuità del fatto per giustificare l’inosservanza degli ordini ricevuti. La pericolosità sociale del reo e l’interesse pubblico alla sicurezza prevalgono, rendendo la condotta intrinsecamente non ‘tenue’ agli occhi della legge.

È possibile applicare la causa di non punibilità per ‘speciale tenuità del fatto’ a chi non versa la cauzione imposta dalla sorveglianza speciale?
No, la Corte ha stabilito che, per escludere il beneficio, il giudice può legittimamente considerare la pericolosità sociale del soggetto che ha giustificato la misura di prevenzione e l’allarme sociale derivante dalla violazione dell’ordine, anche se la somma è modesta (in questo caso, 450 euro).

L’importo della cauzione non versata è rilevante per decidere sulla ‘speciale tenuità del fatto’?
Secondo la Corte, un importo anche non elevato non è un elemento decisivo. Ciò che prevale è l’interesse pubblico tutelato dalla norma e la necessità di garantire il rispetto delle prescrizioni giudiziarie, la cui violazione è considerata una condotta grave.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi sollevati erano considerati ‘versati in fatto’ e ‘reiterativi’. In pratica, l’appellante chiedeva alla Cassazione di rivalutare i fatti e le decisioni di merito, un’attività che esula dalle competenze della Corte, e riproponeva argomenti già adeguatamente respinti in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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