Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2411 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2411 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 18/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha accolto parzialmente il reclamo proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il provvedimento del RAGIONE_SOCIALE Magistrato di sorveglianza di L’Aquila nella parte in cui era respinta l’istanza ex art. 35 ter ord. pen., disponendo la riduzione di pena per ulteriori giorni 1 con riferimenti al periodo di detenzione 07/09/2016-18/09/2016 trascorso presso l’istituto di pena di Cosenza, ed ha respinto nel resto.
A ragione, il Tribunale osservava che, per quanto attinente al periodo di carcerazione presso l’istituto di Catanzaro, la detenzione non poteva ritenersi inumana e degradante atteso che il detenuto era stato allocato in celle di mq 8,90 e che, in presenza di altro ristretto, lo spazio pro-capite è stato di mq. 3,37. Per quanto attinente ai periodi di carcerazione presso gli istituti di Termo e L’Aquila, le complessive condizioni detentive, anche alla luce dei principi sanciti dalla più recente giurisprudenza di legittimità e europea, non si erano svolte in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art.3 CEDU.
Avverso la sopra indicata ordinanza NOME AVV_NOTAIO, per mezzo RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con un unico ed articolato motivo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., la violazione degli artt. 35-ter Ord. pen., 3 CEDU, e la manifesta illogicità e contraddittorietà RAGIONE_SOCIALE motivazione.
Con riferimento all’istituto di Catanzaro, vi è stata detenzione inumana dal momento che NOME è stato allocato in cella collettiva ove, tenuto conto degli arredi, lo spazio vitale pro capite era inferiore ai 3 mq.
Quanto ai periodi di detenzione a Teramo e L’Aquila, i Giudici non hanno tenuto in debita considerazione il fatto che NOME si trovasse in una cella priva di acqua calda, condizione che delinea una situazione non conforme all’art. 3 CEDU; inoltre, i Giudici hanno omesso di provvedere, o di motivare il diniego, in ordine alla richiesta di integrazione istruttoria relativamente alla presenza RAGIONE_SOCIALE porta e al funzionamento RAGIONE_SOCIALE‘impianto di areazione nel locale bagno.
Il Procuratore generale, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché, oltre a prospettare deduzioni generiche e prive di confronto con le argomentazioni poste a base RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, si
risolve nella pedissequa riproduzione dei profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dal giudice di merito sulla base RAGIONE_SOCIALE corretta lettura dei dati di fatto e RAGIONE_SOCIALE corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 35-ter ord. pen. Sviluppa, inoltre, argomenti privi di concreta utilità ai fini RAGIONE_SOCIALE decisione sicché, sotto questo profilo, è anche manifestamente infondato.
Va premesso che avverso le ordinanze del Tribunale di sorveglianza in materia di rimedi risarcitori per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 Cedu, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge (applicandosi la disciplina del reclamo giurisdizionale di cui all’art. 35 bis ord. pen., tra cui il comma 4-bis di detto articolo).
Il provvedimento impugnato muove dall’insegnamento RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite, di cui alla sentenza n. 6551 del 24/09/2020 – dep. 2021, ricorrente RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 280433 – 02, secondo cui in tema di rimedi risarcitori nei confronti di soggetti detenuti o internati, previsti dall’art. 35-ter ord. pen, i fattori compensativi, costituiti dalla breve durata RAGIONE_SOCIALE detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori RAGIONE_SOCIALE cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 RAGIONE_SOCIALE CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati, mentre, nel caso di disponibilità di uno spazio individuale compreso fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti fattori compensativi concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitaria RAGIONE_SOCIALEe condizioni complessive di detenzione.
2. Ciò premesso, il ricorso si appalesa generico ed aspecifico; esso non si confronta adeguatamente con la motivazione del provvedimento impugnato, che dava per assodateisia l’assenza di acqua calda nella cella di detenzione negli istituti penitenziari di Teramo e L’Aquila, sia l’assenza di porta del bagno, e di sistema di areazione a L’Aquila, di talchè risultano nella loro evidente inconsistenza le doglianze inerenti il rigetto, da parte del Tribunale di sorveglianza, RAGIONE_SOCIALEe reiterate richieste di integrazione istruttoria proprio su detti punti.
Con riferimento all’istituto penitenziario di Teramo, evidenziava inoltre il Tribunale, facendo buon governo dei principi già sanciti da questa Corte nel suo massimo consesso, sopra richiamati, come la sola mancanza di acqua calda (in assenza di ulteriori doglianze) non potesse supportare la richiesta ex art. 35 ter ord pen.; con riferimento poi al periodo di detenzione subito dal COGNOME presso il carcere di L’Aquila, si osservava come il detenuto fosse allocato, da solo, in una cella di mq. 9,339, con servizi igienici fruibili in via esclusiva, dotata di illuminazione naturale e di una ampia finestra apribile, e che quotidianamente avesse l’accesso al locale docce munito di acqua calda.
Quanto al periodo trascorso nel carcere di Catanzaro, il ricorso è meramente assertivo nell’affermare, senza alcun riferimento a documentazione a supporto, che lo spazio vitale pro capite fosse inferiore ai 3 mq., a fronte RAGIONE_SOCIALE precisazione contenuta nel provvedimento impugnato per cui «le celle in cui è stata allocato sono sempre state di 8,90 mq e che, in presenza di altro ristretto, lo spazio pro capite è stato di 3,37 mq».
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 616 cod. proc. pen., al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e RAGIONE_SOCIALE somma, ritenuta congrua, di euro 3.000 in favore RAGIONE_SOCIALE Cassa RAGIONE_SOCIALEe ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e RAGIONE_SOCIALE somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALE cassa RAGIONE_SOCIALEe ammende.
Così deciso il 29/10/2024