Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37722 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37722 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza del 29 ottobre 2024, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, decidendo in sede di rinvio (Sez. 1, n. 34432 del 22 maggio 2024), rigettava il reclamo proposto da COGNOME avverso il provvedimento del 14 settembre 2022 del Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia con cui era stata dichiarata inammissibile l’istanza volta a ottenere i rimedi risarcitori previsti dall’art. 35 – ter I. n. 354 del 2 1975 (Ord. pen.) per la detenzione che assumeva aver subito in condizioni disumane e degradanti, in violazione dell’art. 3 CEDU.
Questa Corte, con sentenza n. n. 34432 del 22 maggio 2024, aveva annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Bologna per omessa motivazione limitatamente alla domanda relativa alla rivalutazione dei periodi detentivi trascorsi dal COGNOME negli Istituti penitenziari di Piacenza, Firenze Sollicciano, San Gimignano ed Ancona.
Ha proposto ricorso l’imputato, chiedendo l’annullamento della ordinanza, articolando due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b, cod. proc. pen. in relazione all’art. 3 Cedu ed art. 35 ter I. n. 354/1975, nella parte in stato rigettato il reclamo nonostante la ricorrenza dei presupposti di legge.
2.2. Con il secondo motivo censura la carenza e manifesta illogicità della motivazione, non avendo applicato i giudici di merito il principio di diritto affermato da sentenza di annullamento.
Con requisitoria scritta del 19 luglio 2025, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO COGNOME, chiede dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che lo spazio individuale minimo intramurario, pari o superiore a tre metri quadrati, da assicurare a ogni detenuto affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti COGNOME ;no mani o degradanti, stabilito dall’art. 3 della Convenzione dei diritti dell’uomo delle libertà fondamentali, come interpretato dalla conforme giurisprudenza della Corte Edu in data 8 gennaio 2013 nel caso RAGIONE_SOCIALE c. Italia, deve essere inteso come superficie disponibile tale da assicurare, affinché le modalità di restrizione siano rispettose della sua dignità, il normal movimento nella cella. Vanno, dunque, detratti, il letto (Sez. 1, n. 52819 del 09/09/2016, COGNOME, Rv. 268231; Sez. 1, n. 40520 del 16/11/2016, dep. 2017, Triki, e, se a castello,
Sez. 1, n. 16418 del 17/11/2016, dep. 2017, COGNOME, n.m.) e gli arredi stabilmente infissi al suolo. Non sono tali, al contrario, quelli rimovibili o che, essendo mobili, risu anche serventi all’esplicazione di attività quotidiane (sgabelli o tavolini) che non son invece detraibili (Sez. 1, n. 13124 del 17/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269514; Sez. 1, n. 41211 del 26/05/2017, COGNOME, Rv. 271087). In questa logica, la giurisprudenza più recente ha avuto modo di precisare che, in tema di rimedi risarcitori nei confronti d soggetti detenuti o internati previsti dall’art. 35 – ter Ord. pen, i fattori compensa costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dal sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività – se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell’art. 3 della CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati, mentre, nel caso di disponibilit di uno spazio individuale compreso fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti fat compensativi concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitaria delle condizioni complessive di detenzione.
In questa cornice, la motivazione resa dal Tribunale di sorveglianza, riguardo ai periodi trascorsi negli istituti di pena oggetto di censura, è affatto adeguata.
Nel caso di specie il Tribunale ha osservato che i prospetti tabellari trasmessi dagli Istituti di pena di Piacenza, Firenze Sollicciano, San Gimignano ed Ancona in maniera puntuale hanno dato atto: –a) di parametri dimensionali al di sopra di 3 mq (dai 3,61 mq nel carcere di Sollicciano ai 5 mq del carcere di Ancona); –b) di un accesso ad un numero congruo di ore di permanenza all’esterno della camera di pernottamento, pari almeno 6 ore; –c) dell’accesso a varie attività trattamentali (scuola, teatro ed attività lavorative di vario genere).
Al cospetto di tali assunti, le censure proposte si rivelano, pertanto, generiche e aspecifiche, risolvendosi nella mera istanza di rivalutazione di elementi fattuali già pre in considerazione.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2025 Il Consigliere estensore COGNOME Il Presidente