Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4948 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4948 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESAGNE il 13/05/1968
avverso l’ordinanza del 15/02/2024 del TRIB. di RAGIONE_SOCIALE di CAGLIARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 31 maggio 2022, il Tribunale di sorveglianza di Cagliari aveva rigettato il reclamo proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza in data 25 settembre 2019 del Magistrato di sorveglianza della stessa città laddove essa aveva in parte dichiarato inammissibile e in parte rigettato la domanda ex art. 35-ter Ord. pen. per il periodo di detenzione trascorso presso gli istituti penitenziari di Oristano e di Taranto. Secondo il Collegio, infatti, in entrambi i periodi NOME era stato ristretto in camere detentive che gli avevano assicurato uno spazio minimo individuale non inferiore a 3 mq e i cd. fattori compensativi esistenti consentivano di escludere la prospettata violazione dell’art. 3 CEDU.
1.1. Con sentenza n. 24963 in data 5 maggio 2023, la Prima Sezione della Corte di cassazione annullò il predetto provvedimento, rilevando che il Tribunale di sorveglianza si era soffermato esclusivamente sullo spazio presente nelle camere detentive, senza considerare i rilievi dell’impugnante in ordine alle forti inadeguatezze delle condizioni detentive esistenti nei due istituti penitenziari, sicché l’eccessiva sinteticità della motivazione si traduceva, nella specie, in una inidoneità della stessa a dare sufficiente giustificazione della decisione assunta.
1.2. Con ordinanza in data 15 febbraio 2024, il Tribunale di sorveglianza di Cagliari, in sede di rinvio, ha nuovamente rigettato il reclamo proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il menzionato provvedimento del Magistrato di sorveglianza. Secondo il Collegio di merito, infatti, nella Casa circondariale di Oristano Bruno era stato ristretto in una camera di 15 mq, al netto del bagno, con un altro compagno o con altre due persone; il terzo letto, invece, non era fisso e, anche scomputandolo e al netto degli arredi fissi, lo spazio disponibile pro capite era risultato pari a 3,45 mq. Inoltre, dovevano ritenersi sussistenti adeguati fattori compensativi (disponibilità di un bagno riservato e separato, di docce nel bagno, di acqua calda in camera e in bagno, di riscaldamento, di sufficiente areazione naturale e artificiale, di adeguata assistenza sanitaria, di accesso alle sale di socialità e di istruzione nonché alle altre opportunità trattamentali previste per il regime di “alta sicurezza”), sì da doversi escludere le violazioni lamentate dal reclamante. Né poteva ritenersi riscontrata la prospettata mancanza di privacy nel bagno, avendo l’Amministrazione penitenziaria riferito che il vano adibito a tale scopo era separato dal resto della camera e chiuso con una porta, come riscontrato dai Magistrati di sorveglianza in servizio presso quel Tribunale in occasione delle visite ispettive. Analogamente, per il periodo trascorso nella Casa circondariale di Taranto, in relazione al quale la doglianza riguardava il mancato scomputo del ^ terzo letto dallo spazio vitale pro capite, il Tribunale ha evidenziato come NOME fosse stato detenuto in camere di 9,25 mq ciascuna e come egli vi avesse soggiornato, per la gran parte del tempo, soltanto con un altro detenuto, avendo
condiviso la cella con altre due persone per periodi molto brevi, inferiori ai 15 giorni e ampiamente distanziati tra loro, sicché tale eventualità doveva, comunque, considerarsi sporadica. Infine, il Collegio di merito ha evidenziato che NOME, in entrambe le strutture, aveva fruito del numero di ore d’aria previsto dalle circolari per i soggetti sottoposti al circuito della cd. alta sicurezza.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di rinvio per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. peri., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 3 e 46 Cedu, 10 Cost., 6 e 35-ter Ord. pen. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., che il Tribunale di sorveglianza, con riferimento al periodo di detenzione presso la Casa circondariale di Oristano, calcolerebbe erroneamente lo spazio pro capite in 3,45 mq senza tenere conto della presenza di due armadi fissi di 0,54 mq ciascuno e che, ove essi fossero stati correttamente computati, la superficie netta residua sarebbe stata pari a 9,29 mq (15 mq – 5,71 mq); e che essa, divisa per i tre occupanti la camera, avrebbe portato a calcolare uno spazio appena superiore ai 3 mq pro capite. Per tale ragione, considerato che ciascun detenuto avrebbe avuto uno spazio individuale fra i 3 e i 4 mq, il Tribunale avrebbe dovuto considerare le condizioni generali di detenzione e, in particolare, quanto dedotto a proposito della totale assenza di privacy (non essendovi, fra il lavabo e il wc della camera, alcuno spazio per garantire la riservatezza), limitandosi a richiamare le generiche informazioni dell’Amministrazione penitenziaria e le visite svolte in istituto dai Magistrati di sorveglianza di quel Tribunale, senza specificare se tali controlli avessero interessato anche la cella di NOME. Quanto agli altri fattori c.d. compensativi, essi sarebbero stati solo genericamente indicati, «ma non prodotti al fascicolo», senza che sia stato valorizzato il dato relativo al regime detentivo c.d. chiuso cui NOME sarebbe stato sottoposto sin dal 2008. Quanto, poi, ai periodi di detenzione nella Casa circondariale di Taranto, una volta detratto l’ingombro dei letti, lo spazio vivibile pro capite, tenuto conto dell’ulteriore letto singolo (per complessivi 3,60 mq) e della superficie netta della camera, pari a 9,25 mq, si ridurrebbe a soli 1,88 mq che, in aggiunta alla mancata dimostrazione da parte dell’Amministrazione penitenziaria dei fattori compensativi positivi, confermerebbe la dedotta violazione dell’art. 3 CEDU.
In data 29 novembre 2024 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Come sopra evidenziato, con riferimento al periodo trascorso da NOME COGNOME nella Casa circondariale di Oristano i rilievi difensivi attengono a un asserito errore di calcolo in cui il Tribunale sarebbe incorso nella determinazione dello spazio minimo disponibile per ciascun detenuto; errore che deriverebbe dal mancato computo della superficie occupata da due armadi.
La censura difensiva non è però fondata, posto lo stesso Tribunale di sorveglianza ha indicato che lo spazio di 0,54 mq da scomputare era corrispondente a quello occupato da 3 armadi (v. pag. 13 dell’ordinanza impugnata) e non già a uno soltanto di essi.
Peraltro, è appena il caso di osservare che anche muovendo dalla premessa difensiva secondo cui la superficie da detrarre in relazione a tale mobilio fosse pari a complessivi 1,62 mq, la superficie disponibile per ciascun detenuto nel periodo in valutazione sarebbe stata, comunque, compresa tra i 3 e i 4 mq. Ciò che avrebbe reso necessario, come del resto avvenuto, tenere conto, alla luce della giurisprudenza della Corte EDU, dell’incidenza dei cd. fattori compensativi (Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Commisso, Rv. 280433 – 02).
In proposito, il Tribunale ha compiuto un puntuale scrutinio di tali fattori, evidenziando, come ricordato, la disponibilità di un bagno riservato e separato, di docce nel bagno, di acqua calda in camera e in bagno, di riscaldamento, di sufficiente areazione naturale e artificiale, di adeguata assistenza sanitaria, nonché la possibilità di accesso alle sale di socialità, di istruzione e di fruizione di altre opportunità trattamentali previste per il regime di “alta sicurezza”. La circostanza che il Collegio di merito non abbia tenuto conto dell’asserito vulnus alla privacy del detenuto nella fruizione dei servizi igienici è smentita dal chiaro tenore del provvedimento, che a pag. 14 afferma, espressamente, come dalle informazioni fornite dall’Amministrazione penitenziaria risultasse che il vano WC era separato dal resto della camera detentiva e chiuso con una porta.
Quanto, poi, al periodo trascorso da NOME nella Casa circondariale di Taranto, il primo provvedimento aveva dato atto che lo spazio pro capite era superiore ai 3 mq; e, tuttavia, secondo la Corte di cassazione, tale accertamento non era sufficiente a rispondere ai rilievi difensivi sulle complessive condizioni detentive, che avrebbero concorso, in tesi, a determinare una situazione degradante ai sensi dell’art. 3 CEDU.
3.1. Decidendo in sede di rinvio, il Tribunale di sorveglianza ha, nondimeno, sostenuto che la doglianza difensiva avrebbe riguardato, in realtà, il mancato scomputo del letto singolo; e ha, poi, evidenziato come NOME fosse stato detenuto in camere detentive di 9,25 mq (al lordo del mobilio amovibile) e come egli vi avesse soggiornato, per la gran parte del tempo, soltanto con un altro detenuto, avendo condiviso la cella con altre due persone in periodi molto brevi, inferiori ai 15 giorni e ampiamente distanziati tra loro, di modo che tale situazione poteva, dunque, definirsi «sporadica». Infine, il Collegio di merito ha evidenziato che NOME, in entrambe le strutture, aveva fruito del numero di ore d’aria previsto dalle circolari per i soggetti sottoposti all’Alta sicurezza.
Ora, come ricordato, il ricorso sostiene, invece, che una volta detratto l’ingombro dei letti, lo spazio vivibile pro capite, tenuto conto della superficie netta della camera pari a 9,25 mq e dell’ulteriore letto singolo da scomputare (per complessivi 3,60 mq, calcolati tenendo conto del letto castello e, appunto, del letto singolo), si ridurrebbe a soli 1,88 mq; e che tale circostanza, in aggiunta alla mancata dimostrazione da parte dell’Amministrazione penitenziaria della presenza di fattori compensativi positivi, confermerebbe la violazione dell’art. 3 CEDU.
3.2. Osserva, nondimeno, il Collegio che non è affatto chiaro, tuttavia, come questo valore sia stato ricavato da parte del ricorrente.
Intanto, per i periodi in cui NOME è stato ristretto nella stessa camera detentiva con altre due persone, è pacifico e ammesso anche dal Tribunale di sorveglianza che lo spazio disponibile per ciascun detenuto fosse inferiore ai 3 mq e, tuttavia, si è evidenziata la sporadicità di tale situazione, protrattasi solo per brevi periodi; circostanza rispetto alla quale il ricorso nulla deduce, risultando, dunque, generico.
Quanto, poi, ai periodi in cui NOME è stato ristretto nella stessa camera detentiva soltanto con un’altra persona, la necessità di detrarre il terzo letto (singolo) non può essere affermata, non essendo dimostrato che esso fosse presente fuori dai periodi in cui gli occupanti erano tre. In ogni caso, detraendo dalla superficie di 9,25 il letto a castello, pari a 1,80 mq, e due armadietti, pari a 0,36 mq, si ottiene un valore pro capite pari a oltre 3,5 mq, con la conseguente necessità di valutare l’incidenza di eventuali fattori compensativi.
A quest’ultimo proposito, tuttavia, il ricorso si è limitato ad affermare la mancata dimostrazione da parte dell’Amministrazione penitenziaria della loro esistenza, laddove secondo il Tribunale essi erano stati, invece, positivamente accertati; donde la genericità della relativa deduzione, di carattere eminentemente fattuale, come tale non scrutinabile in sede di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 22 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente