Spazio minimo in cella: la Cassazione chiarisce il calcolo con il mobilio pensile
La dignità della persona è un principio inviolabile che deve essere garantito anche durante l’esecuzione della pena. Un elemento cruciale per assicurare tale dignità è la disponibilità di uno spazio minimo in cella adeguato. Con la sentenza n. 13532/2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema fondamentale, offrendo chiarimenti decisivi su come calcolare la superficie a disposizione del detenuto, in particolare quando sono presenti arredi come il ‘mobilio pensile’, e sulla rilevanza dei cosiddetti ‘fattori compensativi’.
I Fatti del Caso
Un detenuto aveva ottenuto dal Magistrato di Sorveglianza un indennizzo pecuniario di oltre 9.000 euro per il pregiudizio subito a causa delle condizioni inumane e degradanti patite durante un lungo periodo di detenzione (1.154 giorni) trascorso in diverse case circondariali. Il problema principale era l’insufficiente spazio individuale all’interno della cella.
Il Ministero della Giustizia aveva impugnato la decisione, prima davanti al Tribunale di Sorveglianza e poi in Cassazione, sostenendo due argomenti principali:
1. Il calcolo dello spazio disponibile era errato, poiché non si doveva sottrarre la superficie occupata dal mobilio pensile (armadietti appesi al muro), in quanto non ingombrava l’area calpestabile.
2. Non erano stati valutati correttamente i ‘fattori compensativi’, come la disponibilità di riscaldamento, finestre, ore d’aria, accesso a biblioteca e palestra, che avrebbero dovuto mitigare il disagio.
La Decisione della Corte e il calcolo dello spazio minimo in cella
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno stabilito che il criterio utilizzato per il calcolo dello spazio era corretto e che, in presenza di una violazione così grave e prolungata, i fattori compensativi perdono di rilevanza.
Le Motivazioni della Sentenza
L’analisi della Corte si è concentrata su due punti nevralgici, fornendo principi di diritto chiari e applicabili.
Il Criterio del ‘Mobilio Pensile’
La questione centrale era se lo spazio sotto gli armadietti appesi al muro dovesse essere considerato disponibile per il detenuto. La Cassazione ha chiarito che il punto non è se un mobile sia ‘pensile’ o meno, ma la sua concreta incidenza sull’area di movimento della persona.
Nel caso specifico, gli armadietti erano appesi a soli 10 centimetri dal pavimento e sopra di essi ne erano stati posti altri. Questa disposizione rendeva assolutamente impossibile fruire dell’area sottostante. Pertanto, quello spazio non poteva essere considerato ‘utile’ o ‘calpestabile’.
La Corte ha ribadito il principio, già espresso dalle Sezioni Unite, secondo cui devono essere detratti dalla superficie totale gli ingombri degli arredi fissi, ovvero quelli che non si possono spostare facilmente. In questa categoria rientrano non solo letti a castello o armadi pesanti, ma anche mobili ancorati alle pareti che, per il modo in cui sono collocati, limitano di fatto il movimento, come avvenuto nel caso in esame.
L’Irrilevanza dei Fattori Compensativi nella Detenzione Prolungata
Il secondo argomento del Ministero riguardava la mancata considerazione di fattori che avrebbero potuto compensare lo spazio ridotto. La Corte, pur riconoscendo che tali elementi (ore d’aria, attività, ecc.) debbano essere valutati, ha affermato un principio ancora più importante: la loro efficacia è subordinata a un fattore primario, la brevità della durata delle limitazioni.
Quando un detenuto è costretto a vivere in una cella con uno spazio individuale inferiore a tre metri quadrati per un periodo molto lungo (in questo caso, oltre tre anni), la violazione della sua dignità è così radicale e persistente che nessun altro fattore può compensarla. La prolungata permanenza in condizioni degradanti ‘esclude radicalmente’ la rilevanza di altri elementi positivi, perché il pregiudizio principale, derivante dalla compressione dello spazio vitale, diventa insuperabile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa sentenza rafforza la tutela della dignità dei detenuti, stabilendo due principi pratici di grande importanza:
1. Approccio funzionale al calcolo dello spazio: Per determinare lo spazio minimo in cella, non basta una misurazione geometrica, ma occorre una valutazione funzionale. Qualsiasi arredo, a prescindere da come sia fissato, che impedisca di fatto il movimento, deve essere considerato un ingombro e la sua superficie sottratta dal totale.
2. Limite all’efficacia dei fattori compensativi: Le condizioni generali dignitose non possono fungere da ‘scudo’ per giustificare una violazione grave e continuativa del diritto a uno spazio vitale minimo. La durata della detenzione in condizioni di sovraffollamento è un elemento decisivo che può rendere irrilevante ogni altro aspetto positivo.
Lo spazio occupato da mobili appesi al muro (mobilio pensile) va sottratto dal calcolo dello spazio minimo in cella?
Sì, deve essere sottratto se la sua collocazione impedisce concretamente l’utilizzo dell’area sottostante per il movimento della persona. Il criterio non è se il mobile tocca terra, ma se limita lo spazio fruibile, come nel caso di armadietti appesi a pochi centimetri dal suolo.
Le buone condizioni generali del carcere (riscaldamento, accesso a spazi comuni, etc.) possono compensare la mancanza di spazio vitale nella cella?
No, non quando la detenzione in uno spazio inferiore a tre metri quadrati si protrae per un lungo periodo. In questi casi, la violazione è considerata così grave e continuativa da rendere irrilevanti i fattori compensativi, poiché il pregiudizio alla dignità della persona non può essere sanato da altre condizioni positive.
Qual è il fattore decisivo per valutare se i fattori compensativi possono mitigare lo spazio insufficiente?
Il fattore decisivo è la brevità della durata delle limitazioni. La giurisprudenza riconosce che i fattori compensativi possono avere un ruolo solo se la permanenza in condizioni di spazio insufficiente è breve e occasionale. Se diventa una condizione prolungata, la violazione è considerata radicale e non compensabile.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13532 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13532 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal RAGIONE_SOCIALE nel procedimento a carico di COGNOME NOME nato a PALMI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO che ha chiesto annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha rigettato il reclamo proposto dal DAP RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza di Spoleto aveva accolto l’istanza di ristoro del pregiudizio /d r vante dalle condizioni inumane e degradanti RAGIONE_SOCIALE detenzion, avanzata, ai sensi dell’art. 35 -ter Ord. pen., da NOME COGNOME riconoscendogli, in relazione ai periodi di detenzione trascorsi presso le Case circondariali di Spoleto, Palmi e Reggio Calabria (pari a complessivi 1.154 giorni), un indennizzo di tipo pecuniario (euro 9.232,00). Il pregiudizio allegato dal richiedente era quello derivante dall’insufficiente spazio individuale a disposizione del detenuto all’interno RAGIONE_SOCIALE camera di pernottamento.
Avverso l’ordinanza ha proposto ric:orso l’Amministrazione penitenziaria, per mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, articolando un unico motivo con cui deduce violazione dell’art. 35-ter Ord. pen. e dell’art. 3 Convenzione EDU noché vizio di motivazione in relazione al calcolo dei criteri di calcolo RAGIONE_SOCIALE superficie detentiva media goduta dal detenuto e alla sussistenza del carattere disumano e degradante RAGIONE_SOCIALE detenzione patita presso la Casa RAGIONE_SOCIALE reclusione RAGIONE_SOCIALE Palmi.
Sostiene l’Amministrazione ricorrente che lo spazio minimo disponibile deve essere computato senza effettuare la detrazione dello spazio occupato dal cd. mobilio pensile. Infatti, la superficie da essi occupata non insiste su un’aera calpestabile sottratta alla libera fruizione degli spazi, dovendo, per ciò stesso, essere considerata quale spazio disponibile per il detenuto.
I fattori compensativi non sono stati correttamente valutati.
Sono state trascurate le complessive condizioni delle strutture carcerarie e la possibilità di fruire di spazi comuni. Il detenuto era allocato in stanze riscaldate e dotate di finestre; il locale bagno era utilizzabile in maniera riservata, era dotato di finestre e riscaldamento; le docce erano fruibili giornalmente, in un locale ubicato all’esterno delle camere e in determinate fasce orarie; il detenuto godeva di molte ore all’aperto (4 ore di passeggi), poteva godere di un’ora di socialità, accedere al campo di calcio alla biblioteca e alla sala teatro. Il servizio sanitario era fruibile h24.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
Il Tribunale non ha utilizzato con riferimento ai mobili pensili un criterio di computo dello spazio minimo individuale difforme dalle consolidate indicazioni giurisprudenziali. Lo spazio occupato da tali suppellettili è stato detratto in ragione RAGIONE_SOCIALE condivisibile considerazione che rientrano nel novero degli arredi fissi, perché appunto ancorati alle pareti, e non certo nella categoria degli arredi facilmente amovibili, a cui fa riferimento la giurisprudenza anche sovranazionale. Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Rv. 280433 ha a tal proposito precisato che la superficie destinata al movimento RAGIONE_SOCIALE persona nella cella è limitata dagli arredi che non si possono in alcun modo spostare, quali sono “gli armadi o i letti a castello, sia a causa RAGIONE_SOCIALE loro pesantezza o del loro ancoraggio al suolo o alle pareti, che dalla difficoltà di loro trasporto ali di fuori RAGIONE_SOCIALE cella”. I mobili app alle pareti – il cd. mobilio pensile – non rilevano nella determinazione RAGIONE_SOCIALE
superficie utile – come affermato da. Sez. :1, n. 33837 del 07/03/2019, Zindat Sez. 1, n. 12344 del 06/03/2020, Derbali e Sez. 1, n. 27005 del 29 aprile 202 Solinas -, siccome non occupano un’area calpestabile, a condizione che sian posizionati in modo tale da non impedire che l’area sottostante sia fruibile c area di libero movimento. Non è dunque il fatto che siano mobili pensili a segnarn l’irrilevanza ai fini RAGIONE_SOCIALE determinazione dell’area utile al movimento, ma appu il modo con cui sono collocati e quindi la concreta incidenza sull’area di movimento RAGIONE_SOCIALE persona. Nella specie è ammesso nel ricorso che nella cella di COGNOME era presenti armadietti appesi alle pareti ad una distanza di 10 centimetri da t sopra i quali erdposti altri armadietti con conseguente impossibilità assolut fruire dell’area ad essi sottostante.
Quanto ai i cd. fattori compensativi, cui fa analitico riferimento il ricor Tribunale, lungi dall’ignorarli, li ha presi in considerazione escludendon rilevanza sulla scorta RAGIONE_SOCIALE considerazione, nient’affatto illogica e giuridicam corretta, chelirl -retazidrie -at periodi di detenzione in celle con uno spazio individuale inferiore ai tre metri quadrati si erano protratti così a lungo da escl radicalmente il principale dei fattori previsto dalla normativa vigente e d giurisprudenza, anche convenzionale di riferimento ovvero ossia la brevità dell durata delle limitazioni alla libertà personale considerate denigranti e lesive dignità del detenuto, nella specie correlata all’esiguo spazio a disposizione n camere detentive.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso, in Roma il giorno 8 febbraio 2024.