Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11561 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11561 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Messina il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano del 13/07/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del GLYPH Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO , che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo ex art.35-ter Ord. pen. proposto da NOME COGNOME con riferimento al periodo di detenzione sofferto dal predetto presso il carcere di Piacenza dal 30 aprile 2016 al 24 novembre 2018, confermando il giudizio espresso dal Magistrato di sorveglianza di Milano, con provvedimento del 3 aprile 2023, secondo il quale detto periodo di carcerazione non si era svolto in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art.3 CEDU.
Avverso la sopra indicata ordinanza AVV_NOTAIO, per mezzo RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato in parte qua.
Il ricorrente lamenta, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 1,5,6,12, 35-ter Ord. pen., 6 e 7 d.P.R. 230/2000, 3 CEDU e 2,3,e 27 Cost. per avere escluso che, nel periodo sopra indicato, la detenzione da lui sofferta fosse inumana e degradante. In particolare, egli osserva che il Tribunale di sorveglianza (ed il Magistrato di sorveglianza prima) non avrebbe detratto dalla superficie RAGIONE_SOCIALE camera di detenzione gli stipetti pensili ed i termosifone, che – se calcolati – determinavano una superficie RAGIONE_SOCIALE cella a disposizione del ricorrente inferiore al limite minimo di tre metri quadrati .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Invero, l’art. 35-ter Ord. Pen., è stato introdotto dall’art. 1, comma 1, d.l. 26/06/2014, n. 92, convertito dalla legge 11/08/2014, n. 117, all’indomani RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte EDU, 8/01/2013, COGNOME e altri contro Italia. La Corte europea, pur lasciando impregiudicate le modalità di attuazione RAGIONE_SOCIALEe sue prescrizioni, ha fatto riferimento ad altra precedente decisione (Corte EDU, 10/01/2012, COGNOME e altri contro Russia) in cui, trattando un caso di sovraffollamento carcerario, ha considerato adeguata una tipologia di rimedio compensativo che si risolveva nella riduzione RAGIONE_SOCIALE pena da scontare (v. anche: Corte EDU, 16/09/2014, COGNOME e altri contro Italia). Si è così definito il “rimedi risarcitorio” di cui al suddetto art. 35-terOrd.pen. a tutela di chi sia stato detenuto in condizioni tali da violare l’art. 3 RAGIONE_SOCIALE CEDU, ratificata con legge 4 agosto 1955,
n. 848. Tra gli indicatori, che rivelano una condizione di detenzione non conforme all’art. 3 RAGIONE_SOCIALE CEDU, vi è il sovraffollamento carcerario e, dunque, la necessità di definire lo spazio minimo disponibile, indicato dalla Corte EDU in tre metri quadrati per ciascun detenuto nella cella di assegnazione e quello di individuare in concreto i criteri per determinarlo.
2.1. Al riguardo è centrale la decisione RAGIONE_SOCIALE Corte EDU, Grande Camera (GC), 20 ottobre 2016, Mursic c. Croazia, in cui la Corte ha ritenuto che la violazione RAGIONE_SOCIALE‘articolo 3 RAGIONE_SOCIALE Convenzione, a causa RAGIONE_SOCIALE‘insufficienza di spazio personale a disposizione dei detenuti, può sussistere in assenza di una RAGIONE_SOCIALEe seguenti condizioni: disponibilità di posto letto individuale; fruibilità di almeno tre met quadrati di superficie pro capite; possibilità di spostarsi liberamente fra gli arredi RAGIONE_SOCIALE cella. L’assenza di una di tali condizioni genera una “forte presunzione” di detenzione non conforme al divieto di trattamento degradante. Non poche decisioni RAGIONE_SOCIALE Corte EDU hanno riconosciuto la violazione del divieto posto dall’art. 3 RAGIONE_SOCIALE CEDU, laddove lo spazio disponibile per ciascun detenuto in una cella collettiva fosse risultato inferiore a tre metri quadrati (Corte EDU: 22/10/2009, COGNOME c. Polonia, § 122; 10/01/2012, NOME and Others, cit., § 145; 10/03/2015, COGNOME and Others c. Ungheria, § 75). Il metodo di calcolo da adottare nella misurazione del suddetto spazio non deve comprendere la superficie occupata dai servizi sanitari; va, invece, incluso quello occupato dai mobili, secondo la citata sentenza RAGIONE_SOCIALE Grande camera, fermo restando che «L’important est de determiner si les detenus avaient la possibilité de se mouvoir nornnalement dans la cellule» (Corte EDU, GC, cit., § 114). Quanto ai criteri per superare la “forte presunzione” di trattamento inumano, in mancanza RAGIONE_SOCIALEe condizioni sopra indicate, essi sono stati indicati dalla stessa sentenza nella: brevità RAGIONE_SOCIALE restrizione in spazio angusto; nella sufficiente libertà di movimento fuori dalla stanza con attività adeguate; nei requisiti generali di detenzione dignitosi e nell’assenza di altri elementi che aggravino le condizioni restrittive. Il contenuto RAGIONE_SOCIALE‘interpretazione offerta dalla Corte EDU, è interpretazione normativizzata nell’ordinamento interno dall’art. 35-ter Ord. Pen. ed è stato recepito dalla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione. Si è ribadito l’indiscusso principio, secondo cui lo spazio pro capite non deve essere inferiore a tre metri quadrati. Lo spazio deve essere inteso come superficie disponibile, tale da assicurare a ciascun detenuto, affinché le modalità di restrizione siano rispettose RAGIONE_SOCIALE sua dignità, il normale movimento nella cella. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Vanno, dunque, detratti, il letto (Sez. 1, n. 52819 del 09/09/2016, Sciuto, Rv. 268231; Sez. 1, n. 40520 del 16/11/2016, dep. 2017, Triki, n.m. e, se a castello, Sez. 1, n. 16418 del 17/11/2016, dep. 2017, COGNOME, n.m.; già, in precedenza, Sez. 7, n. 3202 del 18 novembre 2015, COGNOME, n.m.; in senso conforme anche:
Sez. 3 civ., n. 29323 del 07/12/2017, COGNOME R., Rv. 646714) e gli arredi stabilmente infissi. Non sono tali, al contrario, quelli rimuovibili o che essendo mobili risultano anche serventi all’esplicazione di attività quotidiane (sgabelli o tavolini) che non sono invece detraibili (Sez. 1, n. 13124 del 17/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269514; Sez. 1, n. 12338 del 17/11/2016, deo. 2017, COGNOME; Sez. 1, n. 39245 del 16/5/2017, COGNOME; Sez. 4 F., n. 39207 del 17/8/2017, COGNOME; Sez. 1, n. 41211 del 26/05/2017, COGNOME, Rv. 271087).
2.2. In questa logica la giurisprudenza più recente ha avuto modo di sottolineare che in tema di rimedi risarcitori nei confronti di soggetti detenuti o internati, previsti dall’art. 35-ter Ord. pen, i fattori compensativi, costituiti dalla breve durata RAGIONE_SOCIALE detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento, al di fuori RAGIONE_SOCIALE cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 RAGIONE_SOCIALE CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati, mentre, nel caso di disponibilità di uno spazio individuale compreso fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti fattori compensativi concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitaria RAGIONE_SOCIALEe condizioni complessive di detenzione.
Ancora la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto secondo cui: “Nella valutazione RAGIONE_SOCIALEo spazio minimo di tre metri quadrati si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello” (par. 18) Sez. U n. 6551 del 24/09/2020 Cc. (dep. 2021), RAGIONE_SOCIALE penitenziaria, Rv. 280433).
2.3. Questi principi hanno diretto rilievo, ai fini RAGIONE_SOCIALE ricostruzione del contenuto precettivo RAGIONE_SOCIALE‘art. 35-ter Ord. pen. Il contenuto precettivo RAGIONE_SOCIALE norma è determinato per relationem, tramite un meccanismo di rinvio mobile, agli indirizzi interpretativi elaborati dalla Corte EDU in ordine all’art. 3 RAGIONE_SOCIALE Convenzione, in quanto le decisioni RAGIONE_SOCIALE Corte EDU hanno il compito non solo di dirimere le controversie di cui è investita, ma, in modo più ampio, di chiarire, salvaguardare e approfondire le norme RAGIONE_SOCIALE Convenzione, svolgendo un ruolo chiave nella definizione e concretizzazione dei diritti e RAGIONE_SOCIALEe libertà elencati nel testo, co formule generalmente aperte. Si tratta del primo caso di espressa integrazione diretta del sistema normativo interno ai contenuti RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza sovranazionale, elevati, in questa materia, a parametro normativo, vincolante erga omnes per l’interpretazione e qualificazione RAGIONE_SOCIALE condotta. In base a tale scelta legislativa, pertanto, gli orientamenti tratti dalle pronunce RAGIONE_SOCIALE Corte EDU non assolvono all’ordinaria finalità di orientamento RAGIONE_SOCIALE‘interpretazione RAGIONE_SOCIALE
disposizione, cui è tenuto ordinariamente il giudice nazionale in virtù dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali riconoscenti del nostro ordinamento (art. 117 Cost.), ma, tramite una clausola di rinvio formale, fanno ingresso nell’ordinamento quale fonte cui è demandata la determinazione RAGIONE_SOCIALEe fattispecie. Al giudice interno sono imposte la costante conoscenza e analisi RAGIONE_SOCIALEe decisioni emesse dalla Corte EDU sul tema in questione, poiché oggetto RAGIONE_SOCIALE verifica ex art. 35-ter Ord. pen. sono soprattutto le caratteristiche RAGIONE_SOCIALE‘offerta trattamentale da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE penitenziaria in relazione al particolare vissuto del soggetto interessato (Corte EDU, Grande Camera 28/02/2008, Scadi c/Italia).
2.4. Dalle premesse indicate la giurisprudenza di questa Corte ha delineato i fattori compensativi (costituiti dalla breve durata RAGIONE_SOCIALE detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori RAGIONE_SOCIALE cella mediante lo svolgimento di adeguate attività), che, se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 RAGIONE_SOCIALE CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati; là dove, al contrario, mentre, la superficie individuale sia compresa fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti fattor compensativi concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitaria RAGIONE_SOCIALEe condizioni complessive di detenzione (Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE D.A.P., Rv. 280433). Tendenzialmente si è, ancora, spiegato che vanno detratti, per il calcolo di esso spazio, gli arredi fissi o non facilmente amovibili tra i quali, appunto, il letto cd. castello’.
3.Ciò posto, il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione dei principi anzidetti poiché, tenuto conto di quanto indicato dalla direzione RAGIONE_SOCIALE casa circondariale di Piacenza, la superficie disponibile era pari a metri 6,55 previa detrazione di tutti gli arredi (ivi compresi gli stipetti pensili che non poggiano su pavimento), di talchè considerato che la cella era occupata dal ricorrente e da un altro detenuto, ciascun occupante la camera di detenzione aveva a disposizione uno spazio superiore a 3 metri quadrati.
Infine, con riferimento al termosifone, si rileva che il ricorrente non ha dedotto nulla in modo specifico circa la incidenza di esso rispetto allo spazio a disposizione considerato anche che, come noto, i caloriferi sono fissati al muro e quindi non diminuiscono la superficie calpestabile ed utilizzabile.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art.616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali
Così deciso 1’8 febbraio 2024.