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Spazio minimo detentivo: la Cassazione annulla diniego

Un detenuto ha richiesto un risarcimento per aver vissuto in una cella con uno spazio minimo detentivo inferiore a 3 metri quadrati per 1474 giorni. Il Tribunale di Sorveglianza aveva negato il risarcimento, ritenendo che fattori come le attività ricreative compensassero la situazione. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la lunga durata della detenzione è un elemento cruciale che non può essere ignorato. La Corte ha rinviato il caso per una nuova valutazione che consideri congiuntamente tutti i fattori, sottolineando l’importanza di una valutazione completa per la tutela della dignità umana.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spazio Minimo Detentivo: Quando la Durata della Pena Rende il Carcere Inumano

La questione dello spazio minimo detentivo rappresenta un tema cruciale per la tutela della dignità umana all’interno degli istituti penitenziari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un principio fondamentale: la valutazione delle condizioni carcerarie non può prescindere da un’analisi complessiva che tenga conto di tutti i fattori in gioco, specialmente la durata della detenzione. Il caso analizzato riguarda un detenuto che ha trascorso quasi 1500 giorni in una cella con uno spazio inferiore a tre metri quadrati, vedendosi negare il risarcimento in prima istanza. La Suprema Corte, accogliendo il suo ricorso, ha tracciato una linea guida chiara per i giudici.

I Fatti del Caso: Una Lunga Detenzione in Spazi Ristretti

Un detenuto ha presentato un reclamo per ottenere un risarcimento ai sensi dell’art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario. Egli sosteneva di aver subito un trattamento inumano e degradante, in violazione dell’art. 3 della CEDU, a causa delle condizioni di detenzione. Nello specifico, per un totale di 1474 giorni, distribuiti in un arco temporale di circa cinque anni, non avrebbe goduto dello spazio minimo individuale di tre metri quadrati, calcolato al netto degli arredi fissi.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza di Torino aveva respinto la richiesta del detenuto. La sua decisione si basava sulla presunta presenza di ‘fattori compensativi’. Secondo il Tribunale, il fatto che il ricorrente avesse trascorso la maggior parte delle ore diurne in un regime di ‘cella aperta’ e avesse partecipato ad attività scolastiche e ricreative era sufficiente a bilanciare la grave carenza di spazio personale. In sostanza, il disagio era stato considerato superabile grazie a queste opportunità.

Il Ricorso in Cassazione e lo spazio minimo detentivo

Il difensore del detenuto ha impugnato la decisione del Tribunale, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. Il motivo principale del ricorso era la violazione di legge e la valutazione errata delle prove. La difesa ha sostenuto che il Tribunale di Sorveglianza aveva commesso un errore cruciale: aveva ignorato uno dei tre fattori compensativi che, secondo la giurisprudenza consolidata (incluse le Sezioni Unite della Cassazione), devono essere presenti congiuntamente per superare la presunzione di trattamento inumano. Questo fattore dimenticato era la ‘breve durata della detenzione’.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, annullando l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. Le motivazioni della Corte sono nette e si fondano su principi giuridici consolidati.

L’Importanza della Durata della Detenzione

Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione del principio secondo cui, a fronte di uno spazio minimo detentivo inferiore a tre metri quadrati, la presunzione di trattamento degradante può essere superata solo se ricorrono, tutti insieme, tre fattori:
1. Breve durata della detenzione.
2. Condizioni carcerarie dignitose.
3. Sufficiente libertà di movimento fuori dalla cella con adeguate attività.

Il Tribunale di Sorveglianza, secondo la Cassazione, ha completamente omesso di valutare il primo e fondamentale fattore: la durata. Una detenzione di 1474 giorni in condizioni di sovraffollamento non può in alcun modo essere considerata ‘breve’. Pertanto, la sua valutazione era incompleta e la motivazione totalmente mancante su un punto decisivo.

L’Insufficienza della Motivazione

La Corte ha inoltre criticato la motivazione del Tribunale riguardo ad altre lamentele del detenuto, come la presunta assenza di riscaldamento, ventilazione e acqua calda. Il giudice di merito si era limitato a definirli ‘meri disagi’, senza analizzare concretamente la loro gravità e la loro durata. Questa, secondo la Cassazione, è una ‘motivazione apparente’, apodittica e insufficiente a giustificare il rigetto della domanda.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un importante promemoria per i giudici di sorveglianza: la valutazione delle condizioni detentive deve essere rigorosa e completa. Non è sufficiente citare la presenza di attività ricreative per compensare la mancanza di uno spazio minimo detentivo vitale, soprattutto quando tale condizione si protrae per anni. La dignità della persona detenuta richiede un’analisi che ponga sullo stesso piano la qualità dello spazio, la libertà di movimento e, in modo imprescindibile, la durata del trattamento subito. Il caso torna ora al Tribunale di Torino, che dovrà colmare le lacune motivazionali e applicare correttamente i principi di diritto indicati dalla Suprema Corte.

Quando uno spazio detentivo inferiore a tre metri quadrati viola i diritti umani?
Secondo la sentenza, la disponibilità di uno spazio individuale inferiore a tre metri quadrati crea una forte presunzione di trattamento inumano o degradante, in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Le attività ricreative e la cella aperta bastano a compensare la mancanza di spazio in carcere?
No. La sentenza chiarisce che la libertà di movimento fuori dalla cella e la partecipazione ad attività sono solo due dei tre fattori compensativi richiesti. Per superare la presunzione di trattamento inumano, questi fattori devono essere presenti congiuntamente a una ‘breve durata’ della detenzione in tali condizioni.

Qual è il ruolo della durata della detenzione nel valutare le condizioni carcerarie?
La durata della detenzione è un fattore cruciale e imprescindibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che una detenzione prolungata (nel caso di specie, 1474 giorni) in uno spazio ristretto non può essere considerata ‘breve’, e quindi il Tribunale non può ignorare questo elemento nel negare il risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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