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Spaccio per necessità: non è stato di necessità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8739/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha ribadito che lo ‘spaccio per necessità’, motivato da uno stato di indigenza, non costituisce una valida causa di giustificazione (stato di necessità), poiché esistono alternative lecite per far fronte al bisogno economico.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio per Necessità: Quando la Povertà Non Giustifica il Reato

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta una questione delicata e ricorrente: può lo stato di indigenza giustificare la commissione di un reato come la detenzione e lo spaccio di stupefacenti? La Corte risponde con un secco no, chiarendo i confini della scriminante dello stato di necessità e confermando che lo spaccio per necessità non trova fondamento nel nostro ordinamento giuridico.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in Corte d’Appello per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, specificamente per il possesso di 11 involucri di cocaina, corrispondenti a circa 64 dosi medie. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. La mancata applicazione della causa di giustificazione dello stato di necessità (art. 54 c.p.), sostenendo di aver agito spinto da una grave situazione di bisogno economico.
2. Un vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio applicato.

In sostanza, la tesi difensiva si fondava sul concetto di “spaccio per necessità”, cercando di inquadrare la condotta illecita come l’unica via possibile per far fronte a uno stato di povertà.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente le argomentazioni della difesa. I giudici hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su una chiara interpretazione dei requisiti dello stato di necessità e sulla valutazione della congruità della pena inflitta.

Le Motivazioni: Perché lo Spaccio per Necessità non è una Scriminante

La Corte ha smontato la tesi difensiva con argomentazioni precise e consolidate, che meritano un’analisi approfondita.

L’Insussistenza dello Stato di Necessità

Il cuore della motivazione risiede nella spiegazione del perché lo spaccio per necessità non può essere ricondotto alla scriminante prevista dall’art. 54 del codice penale. La Corte ha evidenziato che:

* Il pericolo non è “grave e imminente”: Lo stato di indigenza, per quanto difficile, non configura quel pericolo di danno grave alla persona richiesto dalla norma. La povertà è una condizione che può essere affrontata con mezzi leciti.
* Il pericolo è “altrimenti evitabile”: Esistono sempre alternative legali per superare le difficoltà economiche, come la richiesta di aiuto alle istituzioni pubbliche o la ricerca di un lavoro lecito. La commissione di un reato non è mai l’unica strada percorribile.
* Interessi superiori: La norma che punisce lo spaccio di droga (art. 73 d.P.R. 309/1990) protegge interessi “superindividuali”, come la salute pubblica e la sicurezza collettiva. Questi interessi non possono essere sacrificati per soddisfare il bisogno economico di un singolo individuo.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha agito correttamente escludendo l’applicazione della scriminante e affermando la piena responsabilità penale dell’imputato.

La Valutazione del Trattamento Sanzionatorio

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla pena, è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ritenuto la decisione della Corte territoriale “insindacabile” in sede di legittimità, in quanto adeguatamente motivata. La pena di 8 mesi di reclusione e 1400 euro di multa è stata considerata congrua in relazione a:

* Gravità del fatto: Il possesso di una quantità di cocaina sufficiente per 64 dosi medie.
* Personalità dell’imputato: La presenza di un precedente specifico per reati simili.
* Atteggiamento processuale: Il mancato riconoscimento delle proprie responsabilità, arrivando a sostenere di aver trovato la droga in vestiti rinvenuti per strada. Questo atteggiamento ha giustificato anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del diritto penale: le difficoltà economiche, per quanto gravi, non possono essere invocate come giustificazione per commettere reati, specialmente quelli che ledono beni giuridici di primaria importanza come la salute pubblica. La decisione chiarisce che il sistema giuridico offre strumenti leciti per affrontare la povertà e che il ricorso all’illegalità non solo non è giustificato, ma comporta conseguenze penali severe. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un’ulteriore conferma della linea rigorosa della giurisprudenza in materia di spaccio per necessità, escludendo categoricamente che le difficoltà economiche possano annullare l’antigiuridicità di condotte così dannose per la collettività.

Vendere droga per far fronte a difficoltà economiche è considerato ‘stato di necessità’?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo stato di indigenza non integra i requisiti della scriminante dello stato di necessità, poiché il pericolo non è qualificabile come ‘grave e imminente’ alla persona e, soprattutto, esistono sempre alternative lecite per far fronte al bisogno economico, come rivolgersi alle istituzioni o cercare un lavoro legale.

Perché il pericolo di indigenza non è ‘altrimenti evitabile’ secondo la Corte?
Perché, a differenza di un pericolo improvviso e inevitabile (come una calamità naturale o un’aggressione), la condizione di povertà può essere affrontata attraverso canali legali e sociali. La legge presuppone che un individuo possa sempre ricorrere all’aiuto delle istituzioni o cercare un lavoro lecito, rendendo la scelta di delinquere non necessitata.

Quali fattori hanno portato alla conferma della pena e al diniego delle attenuanti generiche?
La pena è stata confermata perché ritenuta congrua rispetto alla gravità del fatto (64 dosi di cocaina) e alla personalità dell’imputato (un precedente specifico). Le attenuanti generiche sono state negate a causa dell’atteggiamento dell’imputato, che ha negato ogni responsabilità e ha fornito una giustificazione inverosimile, dimostrando una scarsa volontà di revisione critica della propria condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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