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Spaccio organizzato: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso generici, confermando la valutazione dei giudici di merito che avevano escluso l’ipotesi del fatto di lieve entità. Elementi come l’uso di corrieri, la prosecuzione dell’attività agli arresti domiciliari e il possesso di ingenti somme di denaro sono stati considerati prova di uno spaccio organizzato, giustificando la decisione.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio organizzato: i criteri della Cassazione per dichiarare un ricorso inammissibile

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla distinzione tra spaccio di lieve entità e spaccio organizzato, delineando i confini entro cui un ricorso in Cassazione può essere ritenuto inammissibile. La Suprema Corte ha confermato la condanna per un’attività di cessione di stupefacenti, respingendo la richiesta di riqualificazione del reato in un’ipotesi meno grave. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di ricorso e sulla presenza di chiari indici di professionalità e organizzazione dell’attività illecita.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990. L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione, chiedendo principalmente che il fatto venisse ricondotto all’ipotesi di lieve entità prevista dal comma 5 dello stesso articolo, che comporta una pena significativamente inferiore.

A sostegno della propria decisione, la Corte di merito aveva evidenziato una serie di elementi fattuali che deponevano per una condotta ben più grave di un’attività occasionale. In particolare, era emerso che l’imputato:

* Si avvaleva di corrieri per effettuare le consegne di droga, specialmente durante il periodo pandemico.
* Aveva proseguito l’attività illecita anche mentre si trovava agli arresti domiciliari.
* Gestiva cessioni di sostanze a clienti abituali.
* Era stato trovato in possesso di una considerevole somma di denaro (oltre tremila euro) senza una giustificazione lecita.

Questi elementi, nel loro complesso, delineavano un quadro di attività strutturata e continuativa.

La Decisione della Corte di Cassazione e lo Spaccio Organizzato

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si basa su due pilastri fondamentali: la genericità dei motivi di ricorso e la corretta valutazione degli indici di non lieve entità del fatto da parte dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici hanno innanzitutto qualificato i motivi del ricorso come “generici”. Questo significa che l’imputato non ha sollevato specifiche censure giuridiche contro la sentenza d’appello, ma si è limitato a proporre una lettura alternativa delle prove già ampiamente valutate. La Corte di Cassazione, per sua natura, non è un terzo grado di merito e non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Nel merito, la Corte ha ribadito che la valutazione sull’organizzazione dell’attività illecita deve essere effettuata in concreto. Gli elementi evidenziati dalla Corte d’Appello (uso di corrieri, continuità dell’attività anche in detenzione domiciliare, gestione di clienti e possesso di denaro) sono stati considerati indici inequivocabili di uno spaccio organizzato e professionale, incompatibile con la fattispecie di lieve entità. Quest’ultima, infatti, è riservata a situazioni del tutto marginali e occasionali.

Infine, la Corte ha confermato anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche. L’abilità e la professionalità dimostrate dall’imputato sono state correttamente interpretate come un indice di una spiccata “capacità a delinquere”, un fattore che giustifica una maggiore severità sanzionatoria e, di conseguenza, esclude la concessione di benefici.

Le Conclusioni

L’ordinanza rafforza un principio cardine del processo penale: un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e puntuali alla sentenza impugnata, non potendosi limitare a una semplice riproposizione delle proprie tesi difensive. Inoltre, la pronuncia chiarisce che la qualificazione di un’attività di spaccio come “lieve” o “organizzata” dipende da un’analisi complessiva della condotta, in cui l’organizzazione, la professionalità e la continuità dell’azione sono elementi decisivi che precludono l’applicazione della norma più favorevole.

Quando un ricorso in Cassazione per spaccio di droga rischia di essere dichiarato inammissibile?
Quando i motivi sono generici, ovvero si limitano a proporre una valutazione alternativa delle prove già esaminate dai giudici di merito, senza sollevare specifiche questioni sulla violazione di legge o sulla manifesta illogicità della motivazione.

Quali elementi escludono la qualificazione dello spaccio come fatto di lieve entità?
Secondo la sentenza, elementi come l’utilizzo di corrieri, la prosecuzione dell’attività illecita durante gli arresti domiciliari, il dato quantitativo delle sostanze e il possesso di ingenti somme di denaro di provenienza ingiustificata indicano un’attività organizzata e professionale incompatibile con la lieve entità.

La professionalità nel commettere il reato può impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì, la Corte ha confermato che le circostanze di fatto e l’abilità dell’imputato, indicative di una certa professionalità e di una capacità a delinquere, possono essere correttamente valorizzate dal giudice per negare l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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