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Spaccio lieve: quando non si applica l’attenuante

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato posto agli arresti domiciliari per spaccio. Si è stabilito che l’ipotesi di spaccio lieve non è applicabile quando, nonostante le singole cessioni siano di modica quantità, l’attività si inserisce in un contesto organizzato, continuativo e con profitti significativi, dimostrando una notevole capacità criminale. La Corte ha confermato la necessità della misura cautelare per interrompere i legami con l’ambiente criminale e prevenire la reiterazione del reato.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio lieve: Quando la Continuità Esclude l’Attenuante

La distinzione tra spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio lieve è una delle questioni più delicate e dibattute nel diritto penale. Non si tratta solo di una differenza di quantità, ma di una valutazione complessiva che può cambiare radicalmente l’esito di un procedimento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9352/2024) offre un’analisi puntuale dei criteri per escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità, anche quando le singole dosi cedute sono minime.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari per numerosi episodi di spaccio di cocaina. La decisione era stata presa dal Tribunale del riesame, che aveva riformato un precedente provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, il quale aveva inizialmente ritenuto l’attività di entità lieve.

L’indagato, secondo le indagini, operava come corriere per conto di un altro soggetto, il quale gestiva un vasto traffico di stupefacenti pur trovandosi agli arresti domiciliari. L’attività era strutturata e continuativa: l’indagato effettuava consegne a domicilio, partecipando a un circuito criminale ben organizzato che generava profitti giornalieri stimati tra 1.500 e 2.000 euro. Egli stesso aveva ammesso guadagni personali di oltre 1.000 euro in un solo giorno.

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che le singole cessioni riguardavano quantità modeste (tra 0,2 e 0,5 grammi) e che l’attività era priva di una vera struttura organizzata, configurando quindi un’ipotesi di spaccio lieve.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la correttezza della decisione del Tribunale del riesame. Secondo gli Ermellini, la qualificazione giuridica del fatto non può basarsi esclusivamente sulla quantità della singola dose ceduta, ma deve essere il risultato di un giudizio complessivo che tenga conto di tutti gli aspetti della condotta.

Le motivazioni sulla configurabilità dello spaccio lieve

La Corte ha ribadito un principio consolidato: per escludere l’attenuante dello spaccio lieve, è necessario valutare l’offensività complessiva della condotta. Gli elementi chiave da considerare sono:

* La continuità dell’attività: L’indagato non agiva occasionalmente, ma era stabilmente inserito in un’attività di spaccio quotidiana e sistematica.
* La rete organizzativa: Pur non essendo un’associazione a delinquere, esisteva una chiara divisione di ruoli e compiti, con punti fissi per la consegna e orari da rispettare. L’indagato era pienamente consapevole di far parte di un sistema più ampio.
* L’entità dei profitti: I guadagni significativi e costanti dimostravano una capacità criminale e un volume d’affari incompatibili con un’attività marginale.
* Le modalità operative: L’utilizzo di un’utenza telefonica intestata a terzi per gestire i traffici è stato considerato un ulteriore indice dello spessore criminale dell’indagato.

In sostanza, la somma di tanti piccoli episodi, se inserita in un contesto professionale e organizzato, dà vita a un reato grave che non può beneficiare dell’attenuante della lieve entità.

Le motivazioni sulle esigenze cautelari

La Cassazione ha inoltre confermato la necessità e l’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari. Il Tribunale aveva correttamente individuato un pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato, basandosi su elementi solidi:

1. Stabile inserimento nel contesto criminale: La collaborazione sistematica con il promotore del traffico e la conoscenza della rete criminale indicavano una piena integrazione nel sistema.
2. Mancanza di fonti di reddito lecite: L’assenza di un’attività lavorativa dichiarata ha portato a presumere che l’indagato traesse il proprio sostentamento esclusivamente dalle attività illecite.

Questi fattori hanno reso la misura degli arresti domiciliari l’unica idonea a recidere i contatti con l’ambiente criminale e a prevenire la commissione di nuovi reati, escludendo l’adeguatezza di misure meno afflittive.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza che la valutazione dello spaccio lieve non è un mero calcolo matematico basato sui grammi di sostanza ceduta. È un’analisi qualitativa e contestuale della condotta dell’agente. Un’attività di spaccio, anche se frammentata in piccole cessioni, perde il carattere della lieve entità quando dimostra professionalità, organizzazione e una significativa capacità di generare profitti illeciti. La decisione sottolinea come il sistema giudiziario debba guardare oltre il singolo atto per comprendere la reale portata criminale del fenomeno.

Quando una cessione di droga di piccola quantità può essere considerata reato grave e non spaccio lieve?
Quando la singola cessione, sebbene di modica quantità, si inserisce in un’attività continuativa, organizzata e professionale, caratterizzata da una rete di collaboratori, un numero indeterminato di acquirenti e profitti significativi. La valutazione non si ferma al singolo episodio ma considera l’intera operatività del soggetto.

Quali elementi valuta il giudice per escludere l’ipotesi di spaccio lieve?
Il giudice valuta una serie di indicatori complessivi, tra cui: la quantità di droga movimentata nel tempo, il numero di assuntori riforniti, l’esistenza di una rete organizzativa (anche minima), le modalità adottate per eludere i controlli, e la capacità economica generata dall’attività illecita. La professionalità e la non occasionalità della condotta sono decisive.

Perché è stata ritenuta necessaria la misura degli arresti domiciliari nonostante l’indagato fosse incensurato?
La misura degli arresti domiciliari è stata considerata necessaria a causa del pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato. Tale pericolo è stato desunto dal suo stabile inserimento in un traffico illecito sistematico, dalla sua collaborazione consapevole con altri indagati (uno dei quali già detenuto) e dal fatto che l’attività criminale rappresentava presumibilmente la sua unica fonte di sostentamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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