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Spaccio lieve: quando l’organizzazione lo esclude

Un soggetto condannato per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio ha presentato ricorso in Cassazione, chiedendo la riqualificazione del reato nell’ipotesi di spaccio lieve e la concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. La motivazione principale risiede nel fatto che, per escludere l’ipotesi di spaccio lieve, non rileva solo il dato quantitativo della sostanza, ma anche e soprattutto l’organizzazione dell’attività criminale. Nel caso di specie, la gestione di un ‘bunker’ con telecamere e la suddivisione della droga in dosi dimostravano un’attività strutturata e non occasionale, incompatibile con la fattispecie di lieve entità.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio Lieve: Quando l’Organizzazione Esclude l’Ipotesi di Reato Minore

L’inquadramento di un fatto di droga nella fattispecie di spaccio lieve è una questione cruciale che può modificare significativamente l’esito di un procedimento penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per valutare la lieve entità del fatto, non basta guardare alla quantità di sostanza stupefacente, ma è necessario analizzare il contesto complessivo dell’azione, con particolare attenzione al grado di organizzazione. Vediamo nel dettaglio come la Suprema Corte ha affrontato il caso.

I Fatti del Caso: Oltre la Quantità dello Stupefacente

Il caso nasce dal ricorso di un individuo condannato dalla Corte d’Appello per detenzione ai fini di spaccio di cocaina e crack. L’imputato si è rivolto alla Cassazione lamentando due aspetti principali della sentenza di secondo grado:

1. La mancata riqualificazione del reato nell’ipotesi più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).
2. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbe comportato una pena più mite.

La difesa sosteneva che le circostanze del fatto giustificassero un trattamento sanzionatorio meno severo. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già respinto tali argomentazioni sulla base di elementi concreti che andavano ben oltre il semplice peso della droga sequestrata. Era emersa, infatti, una gestione organizzata dello spaccio, caratterizzata dall’uso di un cosiddetto ‘bunker’ dotato di telecamere di sorveglianza, dalla presenza di diverse quantità e qualità di stupefacenti già suddivisi in dosi e da una serie di contatti che dimostravano un’attività di spaccio abituale e precedente all’arresto.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la valutazione dei giudici di merito. Secondo gli Ermellini, il ricorso non presentava nuovi argomenti di diritto, ma si limitava a riproporre le stesse questioni già adeguatamente esaminate e respinte in appello. Questa riproposizione di censure già confutate è uno dei motivi classici che portano alla dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione.

Le Motivazioni della Sentenza: L’Importanza dell’Organizzazione nello Spaccio Lieve

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha giustificato il rigetto. L’analisi si è concentrata sui criteri per distinguere lo spaccio ‘ordinario’ da quello di lieve entità.

La Corte ha sottolineato che la valutazione deve essere globale e non può limitarsi a un singolo parametro. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato una serie di elementi cumulativi che, nel loro insieme, delineavano un quadro incompatibile con la lieve entità del fatto. Questi elementi erano:

* Il dato ponderale: Sebbene non l’unico fattore, la quantità di stupefacente era comunque significativa.
* La gestione organizzata: Questo è stato l’elemento decisivo. L’uso di un ‘bunker’, di telecamere e la preparazione di dosi pronte alla vendita indicavano una struttura operativa stabile e non improvvisata.
* L’abitualità della condotta: Le prove raccolte dimostravano che l’attività di spaccio non era un episodio isolato, ma si protraeva nel tempo.

Questi fattori, considerati insieme, escludevano l’occasionalità della condotta e la qualificavano come un’attività criminale strutturata, che per sua natura non può essere considerata ‘lieve’.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo alle attenuanti generiche, la Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva non solo motivato adeguatamente il diniego, ma aveva anche già operato una riduzione della pena basandosi sui criteri generali degli artt. 132 e 133 del codice penale. I giudici di merito avevano ritenuto che non vi fossero elementi positivi da valorizzare a favore dell’imputato, giudicando irrilevanti gli argomenti difensivi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza della Cassazione ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: la qualificazione di un reato di droga come spaccio lieve richiede una valutazione complessiva di tutti gli indici sintomatici della condotta. Un’attività di spaccio, seppur con quantitativi non ingenti, perde il carattere della lieve entità nel momento in cui emerge un’organizzazione stabile e metodica. La presenza di infrastrutture come luoghi dedicati, sistemi di sorveglianza e una gestione imprenditoriale dell’attività criminale è un fattore determinante che orienta il giudice verso l’ipotesi di reato più grave. La decisione serve quindi da monito: la ‘lieve entità’ non dipende solo da ‘cosa’ e ‘quanto’ si spaccia, ma soprattutto da ‘come’ lo si fa.

La sola quantità di droga è sufficiente per escludere l’ipotesi di spaccio lieve?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che la valutazione deve essere complessiva. Anche una quantità non eccezionale di stupefacente non consente di qualificare il fatto come ‘lieve’ se sono presenti altri elementi, come un’organizzazione stabile e strutturata per lo spaccio.

Cosa intende la Corte per ‘gestione organizzata’ dello spaccio?
Nel caso specifico, per ‘gestione organizzata’ si intendeva l’utilizzo di un luogo protetto (un ‘bunker’), la presenza di telecamere di sorveglianza, la detenzione di diverse tipologie di sostanze già suddivise in dosi e la prova di contatti abituali finalizzati alla vendita, indicativi di un’attività non occasionale.

È possibile presentare in Cassazione le stesse lamentele già respinte in Appello?
No, se il ricorso si limita a riproporre le stesse identiche censure già adeguatamente analizzate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi profili di illegittimità, viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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