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Spaccio lieve: quando è escluso? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due fratelli condannati per spaccio di cocaina. La Corte ha confermato la decisione di merito che escludeva la configurabilità del reato di spaccio lieve (art. 73, comma 5), data l’attività prolungata per due anni, l’organizzazione stabile e la significativa intensità dell’illecito. Anche le censure sulla pena e sul bilanciamento delle circostanze sono state respinte per genericità.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio Lieve: No se l’Attività è Organizzata e Continuativa

L’applicazione della fattispecie di spaccio lieve, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, richiede una valutazione complessiva della condotta, che non può prescindere da elementi come la durata, l’organizzazione e l’intensità dell’attività illecita. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di due imputati la cui attività di spaccio, sebbene gestita in un territorio limitato, era caratterizzata da una solida struttura e si protraeva da circa due anni.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha come protagonisti due fratelli condannati in primo e secondo grado per numerosi reati legati alla cessione di cocaina. La Corte di Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza e riconoscendo le circostanze attenuanti generiche a entrambi, aveva confermato la loro colpevolezza. La pena era stata rideterminata partendo dal minimo edittale, con un aumento contenuto per la continuazione tra i vari episodi contestati.

Insoddisfatti della decisione, gli imputati hanno presentato un ricorso congiunto in Cassazione, sollevando tre questioni principali: il mancato riconoscimento della fattispecie di spaccio lieve, la presunta eccessività del trattamento sanzionatorio e, per uno dei due, il mancato bilanciamento delle attenuanti generiche in termini di prevalenza sulla recidiva.

Le Doglianze e i Limiti del Ricorso per Spaccio Lieve

Il nucleo centrale del ricorso era la richiesta di qualificare i fatti come spaccio lieve. Secondo la difesa, i presupposti per l’applicazione di questa norma meno severa sussistevano. Tuttavia, gli imputati hanno anche criticato la pena inflitta e il giudizio di equivalenza tra le attenuanti e i precedenti penali di uno di loro.

La Suprema Corte, però, ha ritenuto il ricorso interamente inammissibile. La motivazione di questa decisione si basa sulla solidità e adeguatezza della sentenza impugnata, che, secondo i giudici di legittimità, era priva di illogicità manifeste e quindi non censurabile in quella sede.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive.

Per quanto riguarda la questione dello spaccio lieve, i giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente escluso tale ipotesi. Gli elementi a sfavore erano schiaccianti: i due imputati erano stati riconosciuti colpevoli di ben 18 capi d’imputazione, ognuno relativo a plurimi episodi di cessione di cocaina in continuazione. Questo delineava una condotta illecita protratta per circa due anni, di notevole intensità e concentrata in un’area specifica. Tale scenario dimostrava la capacità degli imputati di rifornire stabilmente il mercato di riferimento, indice di una sicura organizzazione e di un’attività tutt’altro che occasionale. Questi fattori sono intrinsecamente incompatibili con la nozione di “lieve entità”.

Anche la censura relativa alla pena è stata giudicata generica e priva di un reale confronto con la motivazione della sentenza d’appello. La Corte ha sottolineato che i giudici di merito avevano già riconosciuto le attenuanti generiche e fissato la pena base al minimo, con un aumento per la continuazione definito “contenuto”.

Infine, la richiesta di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva, avanzata per uno solo degli imputati, è stata respinta perché basata su un argomento vago e fattuale (la “portata decisamente modesta” della vicenda). Il ricorso non si confrontava con la motivazione della Corte d’Appello, che aveva giustificato il giudizio di equivalenza sulla base dei tre precedenti specifici a carico dell’imputato.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre un importante chiarimento sui criteri per distinguere lo spaccio comune dalla fattispecie di spaccio lieve. La continuità nel tempo, la pluralità degli episodi e la presenza di un’organizzazione stabile sono elementi decisivi che precludono l’applicazione della norma più favorevole. Questo caso dimostra, inoltre, l’importanza di formulare ricorsi specifici e puntuali, che si confrontino criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, pena la declaratoria di inammissibilità. Un’attività criminale strutturata e duratura, anche se non di vastissime proporzioni, non può essere considerata di lieve entità.

Quando può essere escluso il reato di spaccio lieve?
Può essere escluso quando la condotta illecita è prolungata nel tempo (nel caso di specie, due anni), si articola in numerosi episodi, è concentrata in un territorio specifico e dimostra una capacità organizzata e stabile di rifornire il mercato, elementi che indicano un’intensità incompatibile con la lieve entità.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se le censure sono generiche, non si confrontano criticamente con la motivazione della sentenza impugnata e si limitano a riproporre questioni già valutate e respinte con argomentazioni logiche e adeguate dai giudici di merito.

Come vengono bilanciate le circostanze attenuanti generiche con la recidiva?
Il giudice effettua un giudizio di bilanciamento. In questo caso, la richiesta di far prevalere le attenuanti è stata respinta perché basata su un argomento generico e fattuale, senza contestare la motivazione della corte che aveva ritenuto le circostanze equivalenti alla luce dei tre precedenti penali specifici dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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