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Spaccio lieve entità: quando il quantitativo lo esclude

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8487/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la detenzione di quasi 4 kg di hashish. La Corte ha stabilito che un quantitativo così ingente, idoneo a confezionare oltre 18.000 dosi, è un elemento che di per sé dimostra una notevole potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio, impedendo di qualificare il reato come spaccio di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: la Quantità della Droga è Decisiva?

La distinzione tra spaccio di sostanze stupefacenti e lo spaccio di lieve entità rappresenta uno dei punti più dibattuti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 8487 del 2024, torna su questo tema cruciale, chiarendo come il quantitativo della sostanza detenuta possa diventare un fattore determinante per escludere l’applicazione della norma più favorevole. Questo articolo analizza la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Detenzione di un Ingente Quantitativo

Il caso ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Roma, che aveva parzialmente riformato una condanna di primo grado, riducendo la pena inflitta a un imputato a due anni di reclusione e ottomila euro di multa. Il reato contestato era la detenzione ai fini di spaccio di un notevole quantitativo di sostanza stupefacente: un peso netto complessivo di 3.898 grammi di hashish, da cui si sarebbero potute ricavare ben 18.840 dosi.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il fatto dovesse essere qualificato come reato di lieve entità, ai sensi del comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309/1990, che prevede pene molto più miti.

La Valutazione dello Spaccio di Lieve Entità: i Parametri della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che la Corte di Appello avesse già valutato correttamente e con argomentazioni giuridiche solide il profilo contestato. Per comprendere la decisione, è necessario analizzare i criteri che guidano i giudici in questa valutazione.

Il Principio delle Sezioni Unite

La Corte richiama un importante principio stabilito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 51063/2018): per qualificare un fatto come di lieve entità, è necessaria una valutazione complessiva di tutti gli indici previsti dalla norma (i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, la qualità e quantità delle sostanze). Nessun elemento ha un significato negativo “assorbente” a priori. Tuttavia, la conclusione di “lieve entità” deve emergere dalla constatazione che gli elementi negativi (come un grande quantitativo) non siano così preponderanti da neutralizzare ogni altro fattore potenzialmente positivo.

L’Analisi della Corte di Merito

Seguendo questa linea guida, la Corte di Appello aveva svolto un’analisi dettagliata. Aveva concluso che il quantitativo di quasi 4 kg di hashish, idoneo a produrre quasi 19.000 dosi, non era un dato trascurabile. Al contrario, rappresentava un indicatore inequivocabile di una “notevolissima potenzialità diffusiva” e di un’attività di spaccio condotta in modo sistematico. Questo dato oggettivo era così rilevante da rendere impossibile considerare il fatto di “minima offensività”.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha confermato in pieno questo ragionamento. Ha ribadito che il ricorso era inammissibile perché si limitava a riproporre una questione già correttamente decisa nel merito. Secondo gli Ermellini, la Corte territoriale ha applicato correttamente i principi di diritto, svolgendo una valutazione analitica dei parametri richiesti dalla legge. L’enorme quantitativo di sostanza e il numero di dosi ricavabili sono stati considerati elementi espressivi di un’attività di spaccio non occasionale o contenuta, ma strutturata e con un alto potenziale di diffusione sul mercato. Di fronte a un dato così significativo, gli altri indici non avevano la forza di “neutralizzarne la carica negativa”, come richiesto dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite. In sostanza, un fatto di tale portata non può essere ricondotto alle ipotesi di cosiddetto “piccolo spaccio”, caratterizzate da una ridotta circolazione di merce e denaro.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 8487/2024 rafforza un principio fondamentale: sebbene la qualificazione dello spaccio di lieve entità richieda sempre una valutazione globale di tutti gli elementi, il dato quantitativo della sostanza stupefacente può assumere un peso decisivo. Quando la quantità è tale da indicare un’attività sistematica e un’elevata pericolosità sociale, diventa un ostacolo insormontabile per il riconoscimento dell’ipotesi attenuata. La decisione serve come monito: la lieve entità è riservata a episodi di spaccio realmente marginali, la cui offensività complessiva sia minima, un requisito che viene a mancare di fronte a quasi diciannovemila dosi potenzialmente immettibili sul mercato.

Un grande quantitativo di droga può da solo escludere la qualifica di spaccio di lieve entità?
Sì. Secondo la Corte, un quantitativo ingente (in questo caso quasi 4 kg di hashish per oltre 18.000 dosi) può essere un dato così espressivo di una notevole potenzialità diffusiva e di un’attività sistematica da risultare ostativo alla qualificazione del fatto come di lieve entità, anche in una valutazione complessiva con altri indici.

Quali sono i criteri per valutare lo spaccio di lieve entità?
I criteri, indicati dall’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990, includono i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la qualità e la quantità delle sostanze. La valutazione deve essere complessiva, verificando se il fatto possa essere considerato di minima offensività.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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