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Spaccio lieve entità: quando è escluso dalla Corte?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5836/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha escluso l’ipotesi di spaccio lieve entità data l’organizzazione e la professionalità dell’attività criminale, confermando che la valutazione non può basarsi solo sul dato quantitativo della droga ceduta.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio Lieve Entità: Quando l’Organizzazione Esclude l’Attenuante

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, n. 5836 del 2025, offre un importante chiarimento sui criteri per definire lo spaccio lieve entità. Anche in presenza di quantità non elevate di stupefacenti, l’organizzazione e la professionalità dimostrate nell’attività di spaccio possono impedire l’applicazione di questa fattispecie attenuata. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i principi applicati dai giudici.

I Fatti del Caso

Due individui venivano condannati dalla Corte di appello per plurime condotte di spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare crack e cocaina. La condanna si basava su prove raccolte tramite intercettazioni telefoniche e servizi di osservazione, che avevano documentato un’articolata e continua attività di cessione a numerosi acquirenti. Uno dei due condannati ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua responsabilità fosse stata affermata su interpretazioni errate di conversazioni generiche e che, in ogni caso, i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come spaccio lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

La difesa del ricorrente si fondava su diversi punti:
1. Vizio di motivazione: La condanna sarebbe basata su argomenti insufficienti, senza prove concrete come il sequestro di stupefacenti, e su una errata interpretazione di dialoghi neutri.
2. Erronea applicazione della legge penale: Il ricorrente sosteneva che sussistessero tutti i requisiti per riconoscere la fattispecie di spaccio lieve entità, contestando la valutazione unitaria delle posizioni degli imputati fatta dalla Corte di appello.
3. Mancata disapplicazione della recidiva: Si contestava l’applicazione dell’aggravante della recidiva, ritenendo che non fosse stata valutata in concreto la pericolosità sociale dell’imputato.

La Decisione della Cassazione sullo Spaccio Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici supremi hanno ritenuto la motivazione della Corte di appello del tutto adeguata, logica e ben fondata sulle risultanze investigative. La Corte ha sottolineato che la responsabilità penale non derivava da generiche conversazioni, ma da un quadro probatorio solido, che includeva intercettazioni il cui contenuto era stato puntualmente confermato dai servizi di osservazione e controllo sul campo, i quali avevano accertato lo scambio materiale tra gli spacciatori e gli acquirenti.

Le Motivazioni

La Cassazione ha chiarito in modo definitivo i motivi per cui non era possibile accogliere le richieste del ricorrente.

In primo luogo, la Corte ha respinto la tesi della mancanza di prove, evidenziando come l’attività di spaccio fosse inserita in un contesto ben definito: un luogo caratterizzato da un continuo viavai di acquirenti che, dopo brevi incontri con gli imputati, venivano trovati in possesso di crack e cocaina. Questo dimostrava un meccanismo di cessione articolato e consolidato.

Il punto centrale della sentenza riguarda la qualificazione del reato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione per lo spaccio lieve entità non può limitarsi al solo dato quantitativo. È necessaria una valutazione complessiva del fatto che tenga conto dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione. Nel caso specifico, l’organizzazione e la professionalità mostrate dagli imputati – capaci di gestire una vasta clientela, anche abituale, attraverso un’attività sofisticata e capillare – erano elementi decisivi per escludere la lieve entità del fatto. L’attività era un vero e proprio ‘commercio’ e non una serie di episodi isolati e di minima portata.

Infine, anche il motivo sulla recidiva è stato respinto. La Corte ha confermato la correttezza della decisione di appello, che aveva valorizzato i plurimi precedenti penali specifici a carico dell’imputato. Tali precedenti non erano semplici ‘incidenti di percorso’, ma testimoniavano una ‘non occasionale ricaduta nel crimine’, giustificando un giudizio di aggravata pericolosità sociale e, di conseguenza, l’applicazione della recidiva.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale in materia di stupefacenti: per distinguere lo spaccio comune da quello di lieve entità, il giudice deve guardare all’intera operazione criminale. La professionalità, l’organizzazione, la vastità della clientela e la continuità dell’attività sono indici che, anche a fronte di singole cessioni di modesta quantità, delineano una condotta di maggiore gravità, incompatibile con i benefici previsti per lo spaccio lieve entità. La decisione sottolinea l’importanza di un’analisi globale del fatto per garantire che la risposta sanzionatoria sia proporzionata all’effettiva offensività della condotta.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità?
Non può essere considerata di lieve entità quando, al di là della quantità di sostanza ceduta, emerge un’organizzazione e professionalità nell’attività. Elementi come una vasta clientela (anche abituale), un meccanismo di cessione consolidato e una capacità di diffusione capillare indicano una gravità tale da escludere l’attenuante.

Come valuta il giudice la pericolosità sociale per applicare la recidiva?
Il giudice valuta i precedenti penali specifici dell’imputato. Se questi dimostrano una ‘non occasionale ricaduta nel crimine’, ovvero una tendenza a delinquere, si giustifica un giudizio di pericolosità sociale aggravata che porta alla conferma dell’aggravante della recidiva.

Le sole intercettazioni sono sufficienti per una condanna per spaccio?
Nel caso di specie, la condanna non si è basata solo sulle intercettazioni. La loro validità probatoria è stata rafforzata dagli esiti dei servizi di osservazione e controllo, che hanno confermato materialmente gli scambi di droga descritti nelle conversazioni, creando un quadro probatorio solido e coerente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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