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Spaccio lieve entità: quando è escluso dalla Cassazione

Un soggetto in arresti domiciliari per spaccio di 800 grammi di hashish ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo la riqualificazione del reato in ‘spaccio lieve entità’. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la misura cautelare. La decisione si fonda sulla valutazione complessiva della condotta, che include non solo la quantità ma anche la professionalità, la capacità di reperire ingenti quantitativi di droga e i precedenti specifici, elementi che escludono la configurabilità del fatto di lieve entità.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: La Cassazione Stabilisce i Limiti per l’Applicazione

La qualificazione di un fatto come spaccio di lieve entità rappresenta una linea di difesa cruciale nei procedimenti per reati legati agli stupefacenti, data la notevole differenza di pena rispetto all’ipotesi ordinaria. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23669 del 2024, torna su questo tema delicato, chiarendo quali elementi portano a escludere tale ipotesi e confermando che la valutazione non può limitarsi al solo dato quantitativo della sostanza. Questo articolo analizza la decisione, evidenziando i principi ribaditi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Cessione di 800 Grammi di Hashish

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Lecce che disponeva gli arresti domiciliari per un individuo accusato di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Nello specifico, le indagini, basate su intercettazioni, avevano rivelato una cessione di 800 grammi di hashish. Dalle conversazioni emergeva, inoltre, che l’indagato era un fornitore abituale, capace di procurare quantitativi rilevanti di hashish e marijuana di buona qualità, con trattative in corso per forniture ancora più consistenti, nell’ordine di uno o due chilogrammi.

Il Tribunale del Riesame, confermando la misura cautelare, aveva sottolineato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di concrete esigenze cautelari, legate al pericolo di reiterazione del reato. Nonostante l’indagato avesse intrapreso un’attività lavorativa, il suo profilo criminale, i collegamenti per il reperimento della droga e i precedenti specifici indicavano un alto rischio di recidiva.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Si contestava la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90), sostenendo che la motivazione del Tribunale fosse apparente e non avesse valutato autonomamente gli indizi.
2. Insussistenza delle esigenze cautelari: Si lamentava un’illogica motivazione riguardo alla sussistenza attuale del pericolo di reiterazione del reato, presupposto necessario per l’applicazione di una misura coercitiva.

L’Analisi della Cassazione sullo Spaccio di Lieve Entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Sul primo punto, ha ribadito un principio consolidato: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il compito della Corte è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.

Nel merito, i giudici hanno ritenuto la motivazione del Tribunale del Riesame del tutto congrua. La decisione di escludere lo spaccio di lieve entità non era basata solo sul quantitativo (comunque significativo), ma su una valutazione globale che comprendeva:
* L’eterogeneità delle sostanze: L’indagato trattava sia hashish sia marijuana.
* La capacità di approvvigionamento: La possibilità di reperire quantitativi rilevanti di droga denotava collegamenti con canali di rifornimento privilegiati e una non comune capacità criminale.
* La professionalità dell’azione: Le modalità operative e la continuità delle forniture indicavano un’attività strutturata e non occasionale.

La Corte ha ricordato che la littera legis impone di considerare il peso unitamente a tutti gli altri indici sintomatici. La giurisprudenza, anche delle Sezioni Unite, ha più volte valorizzato le modalità dell’azione e i mezzi impiegati come elementi decisivi per distinguere il piccolo spaccio da un’attività illecita di maggiore portata.

La Valutazione sulle Esigenze Cautelari

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha chiarito la distinzione tra “concretezza” e “attualità” delle esigenze cautelari. La concretezza attiene alla capacità a delinquere del soggetto, mentre l’attualità si riferisce alla presenza di occasioni prossime al reato.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva correttamente fondato la sua valutazione non su una generica gravità dei reati, ma su elementi specifici: l’inserimento attuale dell’indagato in circuiti criminali legati al narcotraffico e il pericolo di recidiva desunto dai precedenti penali specifici e non risalenti. Le modalità della condotta (quantitativi non trascurabili, ampia disponibilità alla cessione) e i profili di personalità dell’indagato costituivano una base solida per una prognosi di probabile ricaduta nel delitto, giustificando così la misura cautelare degli arresti domiciliari.

Le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla correttezza logico-giuridica del provvedimento impugnato. I giudici di legittimità hanno stabilito che il Tribunale del Riesame ha fornito una motivazione adeguata e non meramente apparente, ancorando la sua decisione a specifici elementi probatori emersi dalle intercettazioni. La valutazione globale della condotta, che tiene conto di quantità, qualità, professionalità e collegamenti criminali, è l’unico metodo corretto per determinare se un fatto rientri o meno nell’ipotesi di lieve entità. Allo stesso modo, la prognosi sul pericolo di recidiva è stata ritenuta correttamente basata su elementi concreti e attuali, come i precedenti e la persistenza dei contatti nel mondo del narcotraffico, rendendo legittima la misura cautelare applicata.

Le conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza che la qualificazione di spaccio di lieve entità non è un automatismo legato a soglie quantitative, ma il risultato di un’analisi complessiva della vicenda. La professionalità, la capacità logistica e l’inserimento in contesti criminali sono fattori determinanti che possono escludere l’applicazione della norma più favorevole. Questa pronuncia serve da monito: la valutazione giudiziaria deve guardare all’intera condotta delittuosa per comprenderne la reale portata offensiva, al di là del singolo episodio contestato.

Quando si può escludere l’ipotesi di spaccio di lieve entità?
Si esclude quando la valutazione complessiva dei fatti dimostra una non modesta offensività. Elementi come la quantità e varietà delle sostanze, le modalità professionali dell’azione, i mezzi impiegati e i collegamenti con ambienti criminali sono decisivi per escludere la lieve entità, anche a prescindere dal solo dato ponderale.

Un ricorso in Cassazione può riesaminare i fatti di un caso?
No, il ricorso per cassazione è ammissibile solo per denunciare violazioni di specifiche norme di legge o una manifesta illogicità della motivazione. Non può proporre una diversa ricostruzione dei fatti o una nuova valutazione delle prove già esaminate dal giudice di merito.

Cosa significa che il pericolo di recidiva deve essere “attuale”?
Significa che deve esistere una prognosi concreta e attuale di probabile ricaduta nel reato. L’attualità non richiede un’occasione imminente per delinquere, ma si basa su elementi concreti (personalità dell’indagato, condizioni di vita, modalità del reato) che indicano una probabilità di devianze prossime all’epoca in cui viene applicata la misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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