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Spaccio lieve entità: quando è escluso dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8243/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando che l’ipotesi di spaccio di lieve entità non è applicabile quando l’attività illecita è continua, organizzata e protratta nel tempo, anche se in modo rudimentale. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione complessiva di tutti gli indici sintomatici per determinare la gravità del fatto.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: la Cassazione Chiarisce i Limiti

Introduzione: Il Caso e la Decisione della Suprema Corte

La qualificazione di un’attività di spaccio come spaccio di lieve entità è un tema cruciale nel diritto penale, poiché comporta una notevole riduzione della pena. Con l’ordinanza n. 8243 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri per escludere tale ipotesi, chiarendo che la continuità e l’organizzazione dell’attività illecita sono elementi decisivi, anche se la struttura è rudimentale. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Un’Attività di Spaccio Organizzata

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano. Quest’ultima aveva negato la concessione dell’attenuante dello spaccio di lieve entità, evidenziando come l’imputato, insieme ad altri complici, avesse messo in piedi un’attività di spaccio continuativa per diversi mesi.

L’attività comprendeva la vendita di diverse tipologie di sostanze stupefacenti (eroina, cocaina e hashish) e il contatto con decine di acquirenti tossicodipendenti. Sebbene l’organizzazione fosse stata definita “rudimentale”, la sua costanza e la capacità di approvvigionamento dimostravano, secondo i giudici di merito, un inserimento non occasionale nel mondo del narcotraffico, tale da escludere la minore gravità del fatto.

Analisi dello Spaccio di Lieve Entità: i Criteri della Cassazione

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso sulla presunta violazione dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990, la norma che disciplina, appunto, lo spaccio di lieve entità. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato, richiamando anche una precedente sentenza delle Sezioni Unite (n. 51063/2018): la valutazione della lieve entità non può basarsi su un singolo elemento, ma deve derivare da un’analisi complessiva di tutti gli indici sintomatici previsti dalla norma. Tra questi, rientrano le modalità dell’azione, la quantità e qualità della sostanza, i mezzi utilizzati e le circostanze del fatto.

L’importanza della valutazione complessiva

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio. La sua decisione non è stata ritenuta illogica, poiché fondata su elementi concreti che, nel loro insieme, delineavano un quadro di gravità incompatibile con l’ipotesi lieve. La continuità temporale dell’attività, la varietà delle droghe trattate e la rete di contatti erano tutti fattori ostativi.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base della carenza del ricorso. Quest’ultimo, infatti, non presentava una critica argomentata e puntuale delle ragioni esposte nella sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre una diversa lettura dei fatti. La Corte ha sottolineato che la valutazione della Corte d’Appello era fattuale e non manifestamente illogica, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.

L’attività descritta – protratta per mesi, con una clientela vasta e una capacità di rifornimento significativa – denotava un’operatività e un inserimento nel mercato della droga che andavano ben oltre la occasionalità o la minima offensività richiesta per l’applicazione della norma di favore. L’interruzione dell’attività solo a seguito dell’arresto confermava ulteriormente la stabilità dell’illecito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame rafforza l’orientamento giurisprudenziale secondo cui non basta che un’organizzazione di spaccio sia “rudimentale” per qualificare il fatto come di lieve entità. Se l’attività è continua, si estende su un arco temporale significativo e dimostra una certa capacità operativa e di approvvigionamento, è corretto escludere il beneficio.

Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito: per sostenere con successo la tesi della lieve entità, è necessario non solo evidenziare la modesta quantità di droga eventualmente sequestrata, ma anche dimostrare l’assenza di quegli indici di professionalità e continuità che la giurisprudenza considera decisivi per negare l’applicazione dell’art. 73, comma 5.

Quando può essere esclusa l’ipotesi di spaccio di lieve entità?
L’ipotesi di spaccio di lieve entità può essere esclusa quando, da una valutazione complessiva, emergono indici di una certa gravità, come un’attività di spaccio protratta ininterrottamente per diversi mesi, l’offerta di diverse tipologie di droghe, una rete di contatti con decine di acquirenti e una capacità di approvvigionamento che denota un inserimento non occasionale nel narcotraffico.

Quali elementi deve considerare il giudice per valutare la lieve entità di un fatto di spaccio?
Il giudice deve compiere una valutazione globale di tutti gli elementi della fattispecie concreta. Deve considerare non solo la quantità e qualità della sostanza, ma anche le modalità dell’azione, i mezzi impiegati e ogni altra circostanza sintomatica, come la continuità e l’organizzazione dell’attività illecita.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se non viene ravvisata un’assenza di colpa nella causa di inammissibilità, il ricorrente viene condannato anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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