Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19072 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19072 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in MAROCCO il 05/10/2000
avverso l’ordinanza del 13/11/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Milano
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Trattazione cartolare.
RITENUTO IN FATTO
1.Benjoued NOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 13 novembre 2024 del Tribunale di Milano che ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza del 18 ottobre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio che ha applicato nei suoi confronti la misura coercitiva personale della custodia cautelare in carcere per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, 110 cod. pen., 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990, commesso in Vergiate dal 3
novembre 2022 al 27 febbraio 2023 (concorso in plurime cessioni di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, eroina e hashish, quantificate in numero non inferiore a 1655).
1.1.Con unico motivo deduce la violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 lamentando la mancata qualificazione del fatto in termini di lieve entità tenuto conto della rudimentalità della forma organizzativa (di per sé non ostativa a tale qualificazione), della quantità della sostanza trattata, dei conseguenti guadagni contenuti, della finalizzazione delle cessioni al dettaglio, della limitatezza temporale delle condotte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile.
3.Dalla lettura dell’ordinanza impugnata si apprende che dalla primavera dell’anno 2022 nell’area boschiva presso Vergiate veniva svolta un’intensa attività di spaccio di sostanze stupefacenti di diversa tipologia (cocaina, eroina, hashish) gestita da alcuni cittadini marocchini, tra i quali l’odierno ricorrente che si occupava della vendita al dettaglio dello stupefacente. Il gruppo operava con precisa suddivisione di ruoli occupandosi i fratelli COGNOME dell’approvvigionamento delle sostanze, recuperando il denaro dagli spacciatori e provvedendo alle esigenze di costoro sia mentre operavano nei boschi sia durante il riposo dell’attività di spaccio, venendo in tali attività coadiuvati da altre due persone; il gruppo degli spacciatori (che operavano nelle zone di spaccio nei boschi permanendovi continuativamente per settimane) era composto da sei persone fra le quali l’odierno ricorrente, la cui appartenenza al gruppo era stata ricavata dalle immagini catturate dalle foto-trappole installate lungo il sentiero boschivo, dalle conversazioni intercettate all’interno dell’abitacolo dell’autovettura in uso al gruppo criminale. Il ricorrente era membro attivo della batteria di spaccio, venendo accompagnato sui luoghi dello smercio, essendo retribuito per tale sua attività e partecipando alla progettazione futura dell’attività stessa (sia con riferimento all’acquisizione di altre piazze di spaccio, sia in relazione alle contrapposizioni con altre batterie di spacciatori).
3.1.Nel disattendere i rilievi difensivi e nell’escludere la lieve entità del fatto, il Tribunale ha escluso che possa avere rilevanza dirimente, in senso favorevole alla tesi difesiva, il quantitativo dello stupefacente oggetto delle singole cessioni, dovendosi piuttosto privilegiare un approccio unitario e globale del fatto. Costituiscono indici della non lieve entità del fatto la diversità delle sostanze cedute e la continuità dell’attività illecita su plurimi punti di spaccio nei boschi che
venivano controllati e difesi anche con le armi (delle quali – afferma il Tribunale disponeva anche il ricorrente, ripreso mentre si muoveva armato nei luoghi dello spaccio), elementi sintomatici della capacità del ricorrente di diffondere, insieme con altri, sostanze stupefacenti in modo non episodico, né occasionale.
3.2.11 ricorrente se ne duole ma nel far ciò contesta, in primo luogo, la ricostruzione dei fatti operata dai Giudici della cautela o comunque ne sollecita una diversa valutazione, in tal modo proponendo una impossibile interlocuzione diretta con la Corte di cassazione fondata sugli elementi di prova e dunque su elementi estranei al testo della motivazione dei quali non deduce nemmeno il traviamento.
3.3.Ed invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01).
3.4.Restando, dunque, al testo del provvedimento impugnato (e, dunque, al fatto così come descritto), il Tribunale ha fatto buon governo del consolidato principio di diritto (che il ricorrente neglige) secondo il quale la reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga, pur non precludendo automaticamente al giudice di ravvisare il fatto di lieve entità, entra in considerazione nella valutazione di tutti i parametri dettati, in proposito, dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; ne consegue che è legittimo il mancato riconoscimento della lieve entità qualora la singola cessione di una quantità modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, nè occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensività della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantità volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva (Sez. 6, n. 3363 del 20/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272140 – 01; Sez. 4, n. 40720 del 26/04/2017, Naftia, Rv. 270767 – 01; Sez. 3, n. 6871 del 08/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269149 – 01). Nell’ambito di questo orientamento è stato precisato che è legittimo il mancato riconoscimento del delitto di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel caso in cui l’attività di spaccio è svolta in un contesto organizzato le cui caratteristiche, quali il controllo di un’apprezzabile zona del territorio, l’impiego di mezzi funzionali a tale scopo, l’accertata reiterazione delle condotte e la disponibilità di tipologie differenziate di sostanze, pur se in quantitativi non rilevanti, sono sintomatiche della capacità dell’autore del reato di diffondere in modo sistematico lo stupefacente (Sez. 2, n. 5869 del 28/11/2023, dep. 2024, Costa, Rv. 285997 – 01; nello stesso senso, Sez. 6, n. 13982 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272529 – 01, secondo cui la valutazione dell’offensività della condotta non può essere ancorata solo al quantitativo singolarmente spacciato o detenuto, ma alle concrete capacità di azione del soggetto ed alle sue relazioni con il mercato di riferimento, avuto riguardo all’entità della droga movimentata in un determinato lasso di tempo, al numero di assuntori riforniti, alla rete organizzativa e/o alle peculiari modalità adottate per porre in essere le condotte illecite al riparo da controlli e azioni repressive delle forze dell’ordine. Ne consegue che non può ritenersi di lieve entità il fatto compiuto nel quadro della gestione di una “piazza di spaccio”, che è connotata da un’articolata organizzazione di supporto e difesa ed assicura uno stabile commercio di sostanza stupefacente).
3.5.Che nel caso di specie il fatto così come descritto restituisca l’immagine di una vera e propria “piazza di spaccio” costituisce un dato francamente inequivocabile così come chiara appare la gestione in forma associata dell’attività di spaccio aggravata dall’uso di armi, con esponenziale pericolo per i beni e gli interessi tutelati dagli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e con radicale esclusione della lieve entità del fatto.
3.6.11 ricorrente cita, a sostegno delle sua deduzioni, Sez. 6, n. 45061 del 03/11/2022, COGNOME, ma la sua allegazione è parziale perché la medesima sentenza, allineandosi all’orientamento sopra citato, ha ribadito che la fattispecie autonoma di cui al comma 5 dell’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è configurabile nelle ipotesi di c.d. piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro e potenzialità di guadagni limitati, che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia tale da dar luogo ad una prolungata attività di spaccio, rivolta ad un numero indiscriminato di soggetti (Rv. 284149 – 02. Nel caso esaminato dalla Corte la fattispecie era caratterizzata dalla mancata emersione del numero degli assuntori che si rivolgevano all’imputato, nonché della capacità di questi – in termini di contatti con i fornitori all’ingrosso e di disponibilità economica – di procurarsi sostanza stupefacente stabilmente ed in quantitativi apprezzabili).
4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente
nella misura di C 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il
massimo edittale, la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso considerate le ragioni della inammissibilità stessa come
sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
Disp. Att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 20/02/2025.