Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5534 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5534 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Nocera Inferiore il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/10/2024 del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
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11 FE. 2025
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28/10/2024, il Tribunale di Salerno, in accoglimento dell’appello ex art. 310 cod.proc.pen. del Pubblico Ministero ed in riforma dell’ordinanza di rigetto di applicazione della misura cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno in data 16/09/2024, applicava a COGNOME NOME la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce erronea applicazione degli artt. 275, comma 2 bis, 163 e 133 cod.pen.
Lamenta che il Tribunale aveva ritenuto non applicabile la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 in contrasto con l’orientamento di legittimità in tema di quantità massima riconducibile nel fatto di lieve entità e, in particolare, il limite massimo di 150 grammi con riferimento alla detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina; da tanto discendeva la violazione del disposto dell’art. 275, comma 2 bis, cod.proc.pen.
Con il secondo motivo deduce erronea applicazione dell’art. 274 cod.proc.pen. e vizio di motivazione.
Lamenta che il Tribunale, nel valutare la sussistenza delle esigenze cautelari, non aveva considerato i provvedimenti del Questore di Salerno, cd daspo cittadino, con validità di 1 anno e, quindi, non aveva offerto un’autonoma valutazione sull’attualità delle suddette esigenze cautelari; l’ammissione degli addebiti e l’ottimo comportamento processuale, poi, rendevano insussistente la pericolosità sociale ed il pericolo di inquinamento probatorio; neppure sussisteva il pericolo di fuga in quanto il prevenuto si era dimostrato diligente nell’interessarsi ai suoi procedimenti fin dalle prime fasi del procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale, all’esito della valutazione globale del fatto, ha rimarcato che la condotta contestata non poteva ricondursi, come ritenuto nell’ordinanza genetica, all’ipotesi delittuosa di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, tenuto conto sia delle caratteristiche quantitative e qualitative dello stupefacente (cocaina, hashish, marijuana, 60 dosi di crack) che delle modalità del fatto, dimostrative della pericolosità specifica dell’indagato, in considerazione della consolidata affidabilità rispetto ai suoi fornitori, legati all’ambiente criminale, nonchè della su capacità di collocazione degli stupefacenti sul mercato, anche in luoghi diversi e distanti da quello di residenza.
La valutazione, sorretta da congrue e logiche argomentazioni, è conforme ai principi espressi da questa Corte in subiecta materia.
Va ricordato che, ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa di cui 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, il giudice è tenuto a valutare complessivament tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’az mezzi, modalità e circostanze della stessa-, sia quelli che attengono all’og materiale del reato -quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto condotta criminosa (Sez.0 n.51063 del 27/09/2018; Sez. un., 24 giugno 2010, n 35737, Rv.247911; Sez.4, n.6732 del 22/12/2011, dep.20/02/2012, Rv.251942; Sez.3, n. 23945 del 29/04/2015, Rv.263651, Sez.3, n.32695 del 27/03/2015, Rv.264490; Sez.3, n.32695 del 27/03/2015, Rv.264491); inoltre, la valutazione della offensività non può essere ancorata solo al quantitativo singolarme spacciato o detenuto, ma alle concrete capacità di azione del soggetto e alle relazioni con il mercato di riferimento, alla sistematicità e continuità condotte, alla rete organizzativa e/o alle peculiari modalità adottate per po essere i comportamenti illeciti al riparo da controlli e azioni repressive dell dell’ordine (Sez. 6, n. 13982 del 20/02/2018, Rv. 272529); e si è anche precisato che: la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 o 1990, n. 309, non può effettuarsi in base al solo dato quantitativo, risultante ricognizione statistica su un campione di sentenze che hanno riconosciuto minore gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della stessa, è neces fare riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici richiamati dalla norm (Sez.3, n. 12551 del 14/02/2023, Rv.284319 – 01); e si è precisato che è legitt il mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P. ottobre 1990, n. 309, nel caso in cui l’attività di spaccio venga svolta in un co organizzato le cui caratteristiche, quali il controllo di un’apprezzabile zo territorio, l’impiego di mezzi funzionali a tale scopo, l’accertata reiterazion condotte e la disponibilità di tipologie differenziate di sostanze, pur quantitativi non rilevanti, sono sintomatiche della capacità dell’autore del re diffondere in modo sistematico lo stupefacente (Sez.2, n. 5869 del 28/11/2023 dep.09/02/2024,Rv.285997 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Da tanto discende, come anticipato, la manifesta infondatezza della doglianza.
2. Il secondo motivo di ricorso è, del pari, manifestamente infondato.
È opportuno muovere dal principio secondo il quale il giudizio di sussistenz delle esigenze cautelari è censurabile in sede di legittimità soltanto se si nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicità de motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato, ma non anche quando si propongano censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice
merito (Sez.F,n.47748 del 11/08/2014, Rv.261400; Sez. 1, n. 795 del 06/02/1996, Rv.204014; Sez.1,n.1769 del 23/03/1995, Rv.201177).
Ciò posto, il provvedimento impugnato è esente da vizi di motivazione in ordine alla valutazione della permanenza delle esigenze cautelari e, cioè, del pericolo di reiterazione criminosa.
Il Tribunale, non si è limitato ad evocare la gravità del titolo di reato nè la sola personalità dell’indagato, ma ha compiutamente valutato la capacità a delinquere del prevenuto desunta dalle modalità del fatto, dimostrative dell’inserimento di sicura affidabilità nell’ambiente criminale del prevenuto e della sua capacità di distribuzione degli stupefacenti sul mercato.
Tale valutazione è conforme ai principi da tempo affermati da questa Corte, secondo cui in tema di esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’art. 274 c.p.p., lett. c), la pericolosità soci dell’indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua personalità- nonché al disposto dell’art. 274 lett c) come modificato dalla legge 16 aprile 2015 n. 47. Va ricordato come, con l’intervento riformatore operato con legge 16 aprile 2015 n. 47, il legislatore abbia prescritto che, ai fini della sussistenza dell’esigenza di natura special-preventiva, il pericolo di reiterazione del reato non debba essere più soltanto “concreto” ma anche “attuale” al momento in cui si procede all’adozione della misura cautelare, e come non possa desumersi “dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede”, in linea con i principi già, peraltro, espressi da questa Corte in subiecta materia (Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013, Rv.255763; Sez. 4, 11/06/2015, Rv. 263871; Sez. 6, 26/11/2014, Rv. 261670; Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013; Sez. 2, n. 49453 del 08/10/2013, Rv. 257974; Sez. 4, n. 34271, Rv. 237240).
Il Tribunale ha, quindi, valorizzato ampiamente il concreto pericolo di recidivanza esponendo, con congrue ed esaustive argomentazioni, le ragioni giustificative della dell’attualità delle esigenze cautelari.
Del pari congrua è la valutazione relativa all’attualità delle esigenze cautelari. Invero, l’attualità deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura, nel senso che l’analisi della personalità e delle concrete condizioni di vita dell’indagato deve indurre a ritenere probabile una ricaduta nel delitto “prossima” – anche se non specificamente individuata, nè tanto meno imminente – all’epoca in cui la misura viene applicata (Sez.2, n.47619 del 19/10/2016, Rv.268508; Sez.6, n.9894 del 16/02/2016, Rv.266421; Sez.2, n.18745 del 14/04/2016,
Rv.266749; Sez.2, n.53645 del 08/09/2016, Rv.268977; Sez.5, n.33004 del 03/05/2017, Rv.271216).
L’ordinanza impugnata – come già si è avuto modo di rilevare – ha pienamente osservato i criteri direttivi ora indicati, perché in essa la valutazione è stat eseguita richiamando la valorizzazione di un complesso di emergenze coerentemente rappresentate, in particolare, dall’analisi delle specifiche modalità di realizzazione della condotta delittuosa oltre che dalla disamina del peculiare contesto in cui il reato è maturato ed ha prodotto i suoi effetti, alla luce dell qualificata personalità negativa palesata dal ricorrente.
Congrua è anche la valutazione di adeguatezza della misura cautelare degli arresti domiciliari, basata coerentemente sugli elementi fattuali già rappresentati e sul rilievo ulteriore della idoneità a limitare i rapporti dell’indagato con i forni e gli acquirenti ed a contenere, quindi, il pericolo di nuove iniziative criminose.
Le argomentazioni esposte dal Tribunale sono, dunque, adeguate e prive di vizi logici, nonché giuridicamente corrette.
A fronte di tale adeguato e corretto percorso argomentativo, il ricorrente, neppure confrontandosi con le argomentazioni del Tribunale, lamenta la mancata valutazione della documentazione prodotta dalla difesa (senza spiegarne la decisività rispetto alla complessiva argomentazione del Tribunale) e propone censure meramente contestative ed orientate a sollecitare una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità, con conseguente manifesta infondatezza delle censure mosse.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg.es. cod. proc. pen.