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Spaccio lieve entità: la quantità non è tutto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 47305/2024, ha respinto il ricorso di una donna condannata per spaccio di 30 grammi di marijuana. I giudici hanno chiarito che per qualificare lo spaccio di lieve entità non basta considerare la modesta quantità di droga. È necessaria una valutazione complessiva che tenga conto anche dell’organizzazione, come la disponibilità di più immobili e di materiale per il confezionamento (bilancini, taglierino), elementi che in questo caso indicavano una certa professionalità e premeditazione, incompatibili con la fattispecie della lieve entità.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: La Cassazione Ribadisce che la Quantità da Sola non Basta

Quando si parla di reati legati agli stupefacenti, una delle distinzioni più importanti è quella tra lo spaccio comune e lo spaccio lieve entità. Questa differenza è cruciale, perché determina un trattamento sanzionatorio molto diverso. Con la recente sentenza n. 47305/2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema, offrendo un chiarimento fondamentale: la valutazione non può basarsi solo sul peso della droga, ma deve considerare il quadro complessivo dell’attività illecita.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda una donna condannata in primo e secondo grado alla pena di due anni e sei mesi di reclusione e 5.500 euro di multa per aver detenuto, a fini di spaccio, 30 grammi di marijuana suddivisi in più confezioni. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la condotta dovesse essere inquadrata nella fattispecie più lieve, data la modesta quantità di sostanza, l’assenza di ingenti somme di denaro e le modalità rudimentali dell’azione.

Il Ricorso e la Valutazione dello Spaccio Lieve Entità

La difesa ha articolato il suo ricorso su tre punti principali:
1. Errata qualificazione del reato: Si contestava il mancato riconoscimento dello spaccio lieve entità, basandosi principalmente sul dato ponderale (30 grammi), ritenuto modesto.
2. Pena eccessiva: La pena inflitta, superiore al minimo edittale, non sarebbe stata giustificata adeguatamente, specie in assenza di precedenti penali.
3. Diniego delle attenuanti generiche: Si lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche senza un’analisi approfondita della personalità dell’imputata.

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della sua argomentazione riguarda proprio la definizione di lieve entità.

Oltre il Dato Ponderale: L’Importanza del Contesto

I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: per valutare l’offensività della condotta non ci si può fermare alla quantità di droga. È necessario un giudizio più ampio che abbracci ogni aspetto del fatto. Nel caso specifico, sono emersi elementi che, letti nel loro insieme, delineavano un quadro ben diverso da un’attività occasionale e rudimentale.

Durante la perquisizione, estesa a due diversi immobili a disposizione dell’imputata (la sua abitazione attuale e quella precedente), sono stati trovati:
* Ulteriori confezioni di marijuana.
* Due bilancini di precisione.
* Ritagli di cellophane.
* Un taglierino e un coltello intrisi di sostanza.

Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano una “peculiare professionalità” e una rete organizzativa finalizzata non solo a una distribuzione efficiente, ma anche a eludere i controlli delle forze dell’ordine, confezionando la droga in un luogo diverso da quello di residenza.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che gli indicatori per lo spaccio lieve entità (mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze) sono elencati dalla legge senza un ordine gerarchico. Nessun singolo indicatore, come il solo dato ponderale, può essere considerato decisivo. La valutazione deve essere complessiva e mirare a comprendere la reale offensività e proporzionalità della condotta criminale. La presenza di un’organizzazione strutturata, anche se semplice, con strumenti dedicati e l’uso di più luoghi per occultare la merce, è incompatibile con la lieve entità del fatto.

Per quanto riguarda la pena, la Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo, poiché la sentenza era ben al di sotto della media edittale e la motivazione, seppur sintetica (basata sul numero di dosi ricavabili), era sufficiente e non illogica. Infine, anche il diniego delle attenuanti generiche è stato confermato: l’assenza di precedenti penali, da sola, non costituisce un elemento positivo tale da imporne la concessione, e la difesa non aveva fornito altre circostanze specifiche meritevoli di valutazione.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un importante promemoria: nel valutare lo spaccio lieve entità, i giudici devono guardare al di là del semplice peso della sostanza stupefacente. L’analisi si estende all’intera condotta, cercando indizi di professionalità, organizzazione e capacità di operare sul mercato. La disponibilità di strumenti per il confezionamento e di più luoghi per nascondere la droga può trasformare un fatto apparentemente minore in un reato sanzionato più severamente, poiché rivela una maggiore pericolosità sociale e una premeditazione che la legge non intende trattare con mitezza.

Perché il possesso di 30 grammi di marijuana non è stato considerato spaccio di lieve entità?
Perché la valutazione non si è basata solo sulla quantità. La Corte ha considerato decisiva la presenza di un’organizzazione che includeva l’uso di due immobili, due bilancini di precisione e altro materiale per il confezionamento, elementi che indicavano una professionalità incompatibile con la lieve entità del fatto.

Quali elementi usa un giudice per decidere se un reato di spaccio è di lieve entità?
Il giudice deve compiere una valutazione complessiva di tutti gli aspetti del fatto, considerando la quantità e qualità della sostanza, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Nessuno di questi elementi è di per sé decisivo, ma è la loro analisi congiunta a determinare la qualificazione del reato.

L’assenza di precedenti penali garantisce la concessione delle attenuanti generiche?
No. La sentenza chiarisce che la sola condizione di incensuratezza non è sufficiente per ottenere le attenuanti generiche. È necessario che la difesa specifichi ulteriori circostanze positive, relative al fatto o alla persona, che possano convincere il giudice a concedere un trattamento di speciale benevolenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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