Spaccio Lieve Entità: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 271/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per la qualificazione del reato di spaccio lieve entità e sulla legittimità della confisca di denaro di provenienza ingiustificata. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da due individui, ribadendo che la valutazione delle modalità concrete del reato spetta esclusivamente ai giudici di merito e non può essere oggetto di una nuova analisi in sede di legittimità.
I Fatti del Caso
Due persone, condannate in primo e secondo grado per un reato legato agli stupefacenti, avevano presentato ricorso in Cassazione. Le loro doglianze si concentravano su due punti principali: in primo luogo, chiedevano la riqualificazione del fatto nell’ipotesi di spaccio lieve entità (prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90), sostenendo che la loro condotta fosse di minore gravità. In secondo luogo, contestavano la confisca di una somma di denaro disposta nei loro confronti, chiedendone la revoca.
I giudici di merito, tuttavia, avevano già escluso la lieve entità sulla base di elementi fattuali precisi: i due avevano allestito una vera e propria piazza di spaccio all’interno di un’abitazione, dotandola persino di un accurato sistema di videosorveglianza per monitorare gli accessi. Tale livello di organizzazione era stato ritenuto incompatibile con un’attività di modesta portata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto integralmente i ricorsi, dichiarandoli inammissibili. Secondo gli Ermellini, le censure sollevate dai ricorrenti non riguardavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è precluso nel giudizio di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non ricostruire la vicenda.
Le Motivazioni
La decisione della Corte si fonda su principi consolidati del nostro ordinamento processuale.
Il Giudizio di Merito e l’Ipotesi di Spaccio Lieve Entità
La Corte ha ribadito che la valutazione circa la sussistenza dell’ipotesi di spaccio lieve entità è una questione di merito, affidata all’apprezzamento del giudice che analizza direttamente le prove. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e logica, escludendo la lieve entità non solo per i mezzi utilizzati (la piazza di spaccio organizzata con videosorveglianza), ma anche per l’entità dei proventi derivanti dall’attività illecita. Di fronte a una motivazione immune da vizi logici, la Cassazione non può intervenire per sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti.
La Legittimità della Confisca del Denaro
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La confisca del denaro era stata disposta ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale, che permette di aggredire i beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di valore sproporzionato rispetto al proprio reddito. I giudici di merito avevano accertato che i due ricorrenti erano disoccupati da anni, come confermato dalla Questura locale. In tale contesto, il possesso di una considerevole somma di denaro è stato ritenuto ingiustificato, legittimandone la confisca. Anche questa valutazione, basata su riscontri fattuali, è stata considerata insindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento offre due importanti lezioni pratiche:
1. Limiti del ricorso in Cassazione: Non è possibile impugnare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte semplicemente perché non si condivide il modo in cui i giudici hanno valutato le prove o ricostruito i fatti. Il ricorso deve basarsi su specifiche violazioni di legge o su vizi manifesti della motivazione.
2. Criteri per lo spaccio lieve entità: La qualificazione di un fatto come lieve non dipende solo dalla quantità di droga, ma anche dalle modalità della condotta, dall’organizzazione e dai mezzi impiegati. Un’attività strutturata, come una piazza di spaccio domestica con sistemi di controllo, difficilmente potrà rientrare in questa fattispecie attenuata.
3. Confisca per sproporzione: Il possesso di denaro o beni di valore non giustificabile in base alla propria situazione reddituale rappresenta un forte indizio di provenienza illecita e può condurre alla loro confisca, specialmente in contesti criminali.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi?
Perché le critiche sollevate dai ricorrenti non riguardavano errori di diritto, ma contestavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, attività che sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado e non possono essere riesaminate nel giudizio di legittimità della Cassazione.
Per quali motivi non è stata riconosciuta l’ipotesi di spaccio di lieve entità?
Non è stata riconosciuta perché le modalità concrete della condotta erano state giudicate incompatibili con una minore gravità. Gli imputati avevano allestito una vera e propria piazza di spaccio nell’abitazione di uno di loro, con un accurato sistema di videosorveglianza, dimostrando un livello di organizzazione che escludeva la lieve entità del fatto.
Perché è stata confermata la confisca del denaro?
La confisca è stata confermata perché i ricorrenti, risultati disoccupati da anni, non sono stati in grado di giustificare la legittima provenienza del denaro. La detenzione di tali somme è stata quindi ritenuta ingiustificata e sproporzionata rispetto alla loro capacità economica, legittimando l’applicazione della confisca prevista dall’art. 240-bis del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 271 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 271 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a BITONTO il 27/10/1981 NOME nato a BITONTO il 07/09/1990
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi proposti da COGNOME Pasquale e COGNOME Michele avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato loro ascritto sono inammissibili, perch contenenti censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito che ha fornito, nell c.d. “doppia conforme”, una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
I ricorrenti deducono vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90 ed alla mancata revoca della confisca.
Il primo motivo è manifestamente infondato, poiché inerente ad asserito difetto della motivazione non emergente dal testo del provvedimento impugnato, atteso che la Corte d’appello ha escluso che la fattispecie possa rientrare nell’ipotesi della lieve entità, av riguardo ai mezzi utilizzati dai prevenuti nell’attività illecita, avendo costoro realizzato vera e propria piazza di spaccio nell’abitazione di uno dei due, predisponendo un accurato sistema di videosorveglianza, e tenuto conto dell’entità dei proventi prodotti dalla stessa (cfr pag. 5 sentenza impugnata); trattasi di ponderata valutazione di merito, insindacabile in questa sede.
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo i giudici territoriali chiaramente motivato in ordine alla confisca ex art. 240-bis cod. pen. del denaro, la cui detenzione in capo ai prevenuti è stata ritenuta ingiustificata, trattandosi di sogget disoccupati da anni, come riscontrato dalla locale Questura.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma dì C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.m.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023
Il Consiglene estensore
Il Presidente 4