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Spaccio lieve entità: Cassazione inammissibile ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due soggetti condannati per spaccio. La richiesta di qualificare il reato come spaccio lieve entità è stata respinta, in quanto le modalità organizzative (piazza di spaccio in casa con videosorveglianza) erano incompatibili con la minore gravità. È stata inoltre confermata la confisca del denaro, ritenuto ingiustificato dato lo stato di disoccupazione degli imputati.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio Lieve Entità: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 271/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per la qualificazione del reato di spaccio lieve entità e sulla legittimità della confisca di denaro di provenienza ingiustificata. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da due individui, ribadendo che la valutazione delle modalità concrete del reato spetta esclusivamente ai giudici di merito e non può essere oggetto di una nuova analisi in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Due persone, condannate in primo e secondo grado per un reato legato agli stupefacenti, avevano presentato ricorso in Cassazione. Le loro doglianze si concentravano su due punti principali: in primo luogo, chiedevano la riqualificazione del fatto nell’ipotesi di spaccio lieve entità (prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90), sostenendo che la loro condotta fosse di minore gravità. In secondo luogo, contestavano la confisca di una somma di denaro disposta nei loro confronti, chiedendone la revoca.

I giudici di merito, tuttavia, avevano già escluso la lieve entità sulla base di elementi fattuali precisi: i due avevano allestito una vera e propria piazza di spaccio all’interno di un’abitazione, dotandola persino di un accurato sistema di videosorveglianza per monitorare gli accessi. Tale livello di organizzazione era stato ritenuto incompatibile con un’attività di modesta portata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente i ricorsi, dichiarandoli inammissibili. Secondo gli Ermellini, le censure sollevate dai ricorrenti non riguardavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è precluso nel giudizio di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non ricostruire la vicenda.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati del nostro ordinamento processuale.

Il Giudizio di Merito e l’Ipotesi di Spaccio Lieve Entità

La Corte ha ribadito che la valutazione circa la sussistenza dell’ipotesi di spaccio lieve entità è una questione di merito, affidata all’apprezzamento del giudice che analizza direttamente le prove. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e logica, escludendo la lieve entità non solo per i mezzi utilizzati (la piazza di spaccio organizzata con videosorveglianza), ma anche per l’entità dei proventi derivanti dall’attività illecita. Di fronte a una motivazione immune da vizi logici, la Cassazione non può intervenire per sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti.

La Legittimità della Confisca del Denaro

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La confisca del denaro era stata disposta ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale, che permette di aggredire i beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di valore sproporzionato rispetto al proprio reddito. I giudici di merito avevano accertato che i due ricorrenti erano disoccupati da anni, come confermato dalla Questura locale. In tale contesto, il possesso di una considerevole somma di denaro è stato ritenuto ingiustificato, legittimandone la confisca. Anche questa valutazione, basata su riscontri fattuali, è stata considerata insindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre due importanti lezioni pratiche:
1. Limiti del ricorso in Cassazione: Non è possibile impugnare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte semplicemente perché non si condivide il modo in cui i giudici hanno valutato le prove o ricostruito i fatti. Il ricorso deve basarsi su specifiche violazioni di legge o su vizi manifesti della motivazione.
2. Criteri per lo spaccio lieve entità: La qualificazione di un fatto come lieve non dipende solo dalla quantità di droga, ma anche dalle modalità della condotta, dall’organizzazione e dai mezzi impiegati. Un’attività strutturata, come una piazza di spaccio domestica con sistemi di controllo, difficilmente potrà rientrare in questa fattispecie attenuata.
3. Confisca per sproporzione: Il possesso di denaro o beni di valore non giustificabile in base alla propria situazione reddituale rappresenta un forte indizio di provenienza illecita e può condurre alla loro confisca, specialmente in contesti criminali.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi?
Perché le critiche sollevate dai ricorrenti non riguardavano errori di diritto, ma contestavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, attività che sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado e non possono essere riesaminate nel giudizio di legittimità della Cassazione.

Per quali motivi non è stata riconosciuta l’ipotesi di spaccio di lieve entità?
Non è stata riconosciuta perché le modalità concrete della condotta erano state giudicate incompatibili con una minore gravità. Gli imputati avevano allestito una vera e propria piazza di spaccio nell’abitazione di uno di loro, con un accurato sistema di videosorveglianza, dimostrando un livello di organizzazione che escludeva la lieve entità del fatto.

Perché è stata confermata la confisca del denaro?
La confisca è stata confermata perché i ricorrenti, risultati disoccupati da anni, non sono stati in grado di giustificare la legittima provenienza del denaro. La detenzione di tali somme è stata quindi ritenuta ingiustificata e sproporzionata rispetto alla loro capacità economica, legittimando l’applicazione della confisca prevista dall’art. 240-bis del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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