LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Spaccio in carcere: no attenuanti per lieve entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna condannata per aver introdotto una piccola quantità di hashish in un istituto penitenziario. La Corte ha stabilito che lo spaccio in carcere è un’azione di tale gravità da escludere l’applicazione di attenuanti come la particolare tenuità del fatto o il danno di lieve entità, a prescindere dal modesto quantitativo di droga o dalla sua cessione a titolo gratuito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio in Carcere: Perché la Cassazione Nega le Attenuanti

L’introduzione di sostanze stupefacenti all’interno di un istituto penitenziario rappresenta una condotta di particolare gravità, anche quando riguarda quantità minime. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, negando le attenuanti a una persona condannata per spaccio in carcere. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni giuridiche che rendono questo reato così severamente valutato dalla giurisprudenza.

I Fatti del Caso

Una donna è stata condannata in primo e secondo grado alla pena di sei mesi di reclusione e 1.800 euro di multa per aver detenuto, a fini di spaccio, 4,11 grammi di hashish. La particolarità del caso risiede nel contesto: la sostanza, da cui era possibile ricavare circa 7 dosi, era stata introdotta all’interno di una Casa Circondariale per essere ceduta a un detenuto. La donna ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sperando di ottenere il riconoscimento di alcune circostanze a suo favore.

I Motivi del Ricorso e lo Spaccio in Carcere

La difesa ha basato il ricorso su diversi punti, chiedendo alla Suprema Corte di riconsiderare la decisione dei giudici di merito. I principali motivi erano:

1. Particolare tenuità del fatto: Si sosteneva che la condotta dovesse essere considerata non punibile ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale, data la minima offensività del reato e l’occasionalità della condotta.
2. Attenuante del danno lieve: Si richiedeva l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4 c.p., evidenziando il valore esiguo della sostanza (circa venti euro) e la natura gratuita della cessione, destinata al proprio compagno detenuto.
3. Collaborazione: Si lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante speciale prevista dall’art. 73, comma 7, d.P.R. 309/1990, nonostante la donna avesse spontaneamente consegnato lo stupefacente alla Polizia Penitenziaria durante il controllo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione dei giudici di merito. La decisione si fonda su un principio cardine: la valutazione della gravità di un reato non può prescindere dal contesto in cui viene commesso. Introdurre droga in un carcere è un’azione che possiede una pericolosità intrinseca, tale da rendere irrilevanti altri elementi che, in contesti diversi, potrebbero portare a una valutazione più mite.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha specificato che la scelta di introdurre sostanze stupefacenti in un istituto penitenziario è di per sé espressiva di una particolare pericolosità e gravità. Questo contesto qualifica la condotta in modo negativo, neutralizzando argomenti come la piccola quantità di droga, il suo valore economico o la gratuità della cessione. I giudici hanno sottolineato che la valutazione per l’applicazione di attenuanti come quella del danno lieve (art. 62, n. 4 c.p.) deve considerare non solo il danno patrimoniale, ma anche il pericolo derivante dalla condotta. Nel caso dello spaccio in carcere, il pericolo per l’ordine e la sicurezza dell’istituto è talmente elevato da rendere la condotta intrinsecamente grave, impedendo il riconoscimento di qualsiasi forma di ‘lieve entità’. Di conseguenza, tutti i motivi di ricorso sono stati respinti poiché la gravità del contesto prevale su ogni altro elemento.

Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione offre un chiaro insegnamento: il reato di spaccio in carcere viene trattato con estremo rigore dall’ordinamento. La pericolosità insita nell’introduzione di droghe in un ambiente detentivo è un fattore che supera considerazioni sulla quantità, sul valore o sulle modalità della cessione. La decisione conferma che il contesto è un elemento determinante nella valutazione della gravità del reato, escludendo la possibilità di beneficiare di attenuanti che altrimenti potrebbero essere applicate in situazioni di spaccio ‘ordinario’.

Perché l’introduzione di una piccola quantità di droga in carcere non è considerata un fatto di ‘particolare tenuità’?
Perché la Corte di Cassazione ritiene che il contesto carcerario renda la condotta intrinsecamente grave e pericolosa. L’atto di introdurre stupefacenti in un istituto penitenziario per cederli a un detenuto supera la soglia della lieve entità, a prescindere dal modesto quantitativo.

È possibile ottenere l’attenuante per il danno di lieve entità se la droga ceduta in carcere ha un valore minimo?
No. Secondo la sentenza, per valutare questa attenuante non si considera solo il valore economico della sostanza, ma anche la pericolosità della condotta. Introdurre droga in carcere genera un pericolo così elevato per la sicurezza dell’istituto da escludere il riconoscimento della lieve entità del danno.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a causa della presunta colpa nell’aver proposto un ricorso senza fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati