LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Spaccio in carcere: la Cassazione conferma condanna

Un detenuto è stato condannato per possesso di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio all’interno di un istituto penitenziario. La droga, cocaina e hashish, era stata trovata nel suo armadietto di lavoro dopo un colloquio con i familiari. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La Corte ha ritenuto logica la ricostruzione dei fatti e ha respinto le richieste di qualificare il reato come di ‘lieve entità’, di concedere attenuanti generiche e di riconoscere la continuazione con un reato precedente, sottolineando la gravità del fatto commesso in un contesto di detenzione e la notevole quantità di droga.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio in carcere: la Cassazione conferma condanna e chiarisce i limiti del ricorso

L’introduzione e lo spaccio in carcere di sostanze stupefacenti rappresentano un reato di particolare gravità, che mette a rischio la sicurezza e l’ordine degli istituti penitenziari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, confermando la condanna di un detenuto e chiarendo i confini tra la valutazione dei fatti, di competenza dei giudici di merito, e il controllo di legittimità proprio della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Droga nel Locker della Casa Circondariale

Un detenuto, autorizzato a svolgere attività di pulizia all’interno del penitenziario, è stato condannato per aver detenuto, ai fini di spaccio, un quantitativo di cocaina e hashish. La sostanza era stata rinvenuta all’interno dell’armadietto che utilizzava per riporre gli attrezzi da lavoro.
La dinamica dei fatti, ricostruita nel corso del processo, è apparsa chiara: gli agenti di polizia penitenziaria avevano notato un involucro sospetto nel cestino dei rifiuti del bagno femminile, adiacente alla sala colloqui. Poco dopo un incontro del detenuto con la madre e il cognato, l’involucro era sparito dal cestino per poi essere ritrovato, appunto, nel suo armadietto. La perquisizione effettuata su un altro detenuto, che aveva anch’egli avuto un colloquio, aveva dato esito negativo, indirizzando così i sospetti in modo univoco.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Errata affermazione di responsabilità: contestazione della ricostruzione dei fatti e della valutazione delle prove.
2. Mancato riconoscimento del fatto di lieve entità: richiesta di applicare la fattispecie attenuata prevista dal comma 5 dell’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: lamentela per il trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivamente severo.
4. Mancato riconoscimento della continuazione: richiesta di unificare la pena con quella di una precedente condanna, in virtù di un presunto medesimo disegno criminoso.

L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso sullo spaccio in carcere è Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i motivi di ricorso inammissibili, ritenendo che le doglianze formulate non rientrassero tra quelle esaminabili in sede di legittimità, ma si collocassero sul piano del merito, già adeguatamente vagliato dai giudici dei precedenti gradi di giudizio.

La Ricostruzione dei Fatti e la Responsabilità Penale

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudice di legittimità non può effettuare una nuova valutazione delle prove. Può solo verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una ricostruzione precisa e dettagliata, basata su elementi fattuali concreti, rendendo la sua decisione incensurabile in Cassazione.

L’Esclusione del Fatto di Lieve Entità nello spaccio in carcere

Anche la richiesta di derubricare il reato a fatto di ‘lieve entità’ è stata respinta. I giudici hanno valorizzato due elementi cruciali: le modalità della condotta, sintomatiche di una personalità refrattaria alle regole (introdurre droga in un carcere), e l’entità ponderale dello stupefacente. Con 95,22 grammi di hashish (pari a 664 dosi medie) e 11,51 grammi di cocaina (44 dosi medie), era impossibile considerare il fatto come minore. Inoltre, non era emerso che l’imputato fosse un tossicodipendente, escludendo quindi l’ipotesi di un uso personale.

Il Diniego delle Attenuanti e della Continuazione

La Corte ha ritenuto adeguatamente motivato anche il diniego delle attenuanti generiche, basato sui precedenti penali del ricorrente e sull’assenza di elementi positivi da valorizzare. Allo stesso modo, è stata respinta la richiesta di applicare la continuazione, poiché la condotta precedente risaliva a due anni prima e non vi era alcuna prova di un unico disegno criminoso che collegasse i due episodi.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. La Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Il suo compito è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali. Se la sentenza d’appello presenta una motivazione congrua, esauriente e logicamente coerente, come in questo caso, le conclusioni a cui è giunta non possono essere messe in discussione. La Corte ha ritenuto che tutte le decisioni dei giudici di merito fossero sorrette da un iter logico-giuridico corretto e privo di vizi, rendendo il ricorso un mero tentativo di ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce la severità con cui l’ordinamento giuridico tratta lo spaccio in carcere. Le implicazioni sono chiare: introdurre sostanze stupefacenti in un istituto penitenziario è una condotta che, per le sue intrinseche modalità e per il contesto in cui si realizza, difficilmente potrà beneficiare di attenuanti o essere qualificata come di lieve entità, specialmente a fronte di quantitativi significativi. La decisione sottolinea inoltre l’importanza per la difesa di articolare i motivi di ricorso in Cassazione su vizi di legittimità (errori di diritto o motivazione illogica) piuttosto che su contestazioni fattuali, destinate quasi certamente a essere dichiarate inammissibili.

Quando la detenzione di droga in prigione può essere considerata spaccio e non fatto di lieve entità?
Secondo la Corte, non si può parlare di fatto di lieve entità quando la quantità di stupefacente è considerevole (nel caso specifico, centinaia di dosi) e le modalità della condotta, come l’introduzione della droga in un carcere, dimostrano una personalità intollerante alle regole, escludendo così la minima offensività del fatto.

È possibile ottenere le attenuanti generiche per un reato commesso durante la detenzione?
È molto difficile. La Corte ha confermato la decisione di negarle basandosi sui precedenti penali dell’imputato e sull’assenza di elementi positivi da valutare. Commettere un reato mentre si è già detenuti viene considerato un elemento negativo che ostacola la concessione di benefici.

Perché la Corte di Cassazione non ha riesaminato le prove del caso di spaccio in carcere?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove o ricostruire i fatti, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Poiché la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta adeguata, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso su questo punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati