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Spaccio in carcere: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza per tentato spaccio in carcere. La Corte ha ritenuto la condotta intrinsecamente grave e pericolosa, a prescindere dall’esigua quantità di sostanza stupefacente, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio in Carcere: Quando l’Appello Diventa Inammissibile

Il tentativo di introdurre sostanze stupefacenti all’interno di un istituto di pena costituisce un reato di particolare gravità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, affrontando un caso di spaccio in carcere e chiarendo perché l’esiguità della sostanza non sia sufficiente a diminuire la gravità della condotta. L’analisi del provvedimento offre spunti fondamentali sulla valutazione della pericolosità del fatto e sulle conseguenze processuali per chi presenta un ricorso infondato.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. L’imputato era stato condannato per aver tentato di introdurre sostanze stupefacenti all’interno di un istituto di detenzione. La difesa ha basato il ricorso per cassazione presumibilmente sull’esiguità del quantitativo di droga, sostenendo una valutazione di non particolare gravità dell’offesa.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Pericolosità dello Spaccio in Carcere

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ma la blocca sul nascere, ritenendo che manchino i presupposti stessi per una discussione. La Corte ha ritenuto la condotta dell’imputato di una pericolosità tale da giustificare una valutazione di ‘non modestia’ dell’offesa. Di conseguenza, il tentativo di introdurre droga in un ambiente già complesso come quello carcerario è stato considerato un elemento di per sé sufficiente a connotare la gravità del reato.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione risiede nella specifica pericolosità della condotta. Secondo la Suprema Corte, il contesto in cui il reato viene commesso è decisivo. Tentare di introdurre stupefacenti in un carcere è un’azione che, indipendentemente dalla quantità di sostanza, mina la sicurezza e l’ordine dell’istituto. La Corte ha sottolineato che tale circostanza è di per sé sufficiente a giustificare una valutazione di ‘non modestia dell’offesa’, anche in presenza di un ‘dato ponderale esiguo’.
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la Corte, applicando l’articolo 616 del codice di procedura penale, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, non ravvisando ragioni per un esonero, lo ha condannato al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria per aver intrapreso un’impugnazione infondata.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale molto chiaro: la lotta allo spaccio in carcere è una priorità che si traduce in una valutazione particolarmente rigorosa dei fatti. La pericolosità intrinseca del tentativo di introdurre droga in un penitenziario prevale sulla mera quantità della sostanza. La decisione funge da monito, evidenziando come ricorsi basati su argomentazioni manifestamente infondate, come la scarsa quantità di droga in un contesto così delicato, non solo verranno respinti, ma comporteranno anche significative sanzioni economiche per il ricorrente. Si tratta di una conferma della necessità di tutelare l’ordine e la sicurezza all’interno degli istituti di pena.

Qual è stata la decisione della Corte di Cassazione riguardo al ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ovvero non meritevole di essere esaminato nel merito.

Perché il reato non è stato considerato di modesta entità nonostante l’esigua quantità di droga?
Perché il tentativo di introdurre sostanze stupefacenti all’interno di un istituto di pena è considerato un elemento di per sé sufficiente a giustificare una valutazione di non modestia dell’offesa, data l’intrinseca pericolosità della condotta in quel particolare contesto.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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