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Spaccio e uso personale: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La distinzione tra spaccio e uso personale, secondo la Corte, è una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione della corte d’appello è logica e completa. Nel caso specifico, la finalità di spaccio è stata desunta dalla quantità di droga (133 dosi), dal ritrovamento di materiale per il confezionamento e dalle attività di indagine che avevano registrato un viavai di assuntori.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio e Uso Personale: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità

La distinzione tra spaccio e uso personale di sostanze stupefacenti è uno dei temi più dibattuti nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di chiarire i confini del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: la Corte Suprema non può sostituirsi al giudice di merito nella valutazione dei fatti, ma deve limitarsi a controllare la correttezza logica e giuridica della sua motivazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato dalla Corte d’Appello per il reato di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La condanna si basava su una serie di elementi probatori ritenuti concordanti: il rinvenimento di una quantità di sostanza stupefacente sufficiente a confezionare 133 dosi, trovata all’interno dell’automobile dell’imputato, e la scoperta, presso la sua abitazione, di materiale per il confezionamento. A questi dati si aggiungevano le risultanze di un’attività investigativa, durante la quale i militari avevano osservato un continuo viavai di noti assuntori presso l’abitazione del soggetto.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione affidandosi a diversi motivi, tra cui:
1. Errata motivazione e violazione di legge sulla distinzione tra spaccio e uso personale.
2. Mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).
3. Mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla considerazione che le censure sollevate dal ricorrente non rientrano nel numerus clausus dei vizi deducibili in sede di legittimità. In altre parole, l’imputato chiedeva alla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti, un’operazione che è invece riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito).

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha analizzato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo una chiara spiegazione per la sua decisione.

La Questione dello Spaccio e Uso Personale come Valutazione di Merito

Il cuore della pronuncia riguarda la distinzione tra spaccio e uso personale. La Cassazione ha ribadito che le determinazioni del giudice di merito su questo punto sono insindacabili in sede di legittimità, a condizione che siano supportate da una motivazione congrua, esauriente e logicamente coerente.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente inferito la finalità di spaccio da una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti:
Il dato quantitativo: 133 dosi sono state ritenute un quantitativo di gran lunga superiore alle esigenze di un consumo personale.
Il materiale per il confezionamento: Il ritrovamento di tale materiale è un classico indicatore dell’attività di spaccio.
L’attività investigativa: L’osservazione di un continuo andirivieni di assuntori noti ha fornito un riscontro esterno e oggettivo all’ipotesi accusatoria.
La ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello è stata quindi giudicata precisa, circostanziata e giuridicamente corretta.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto e il Trattamento Sanzionatorio

Anche le altre censure sono state respinte perché considerate questioni di merito. La mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. è stata giustificata dalla Corte territoriale sulla base del quantitativo non modesto di stupefacente e delle modalità del fatto, indicative di un’attività di spaccio ‘intensa e non occasionale’. Allo stesso modo, la determinazione della pena e il diniego delle attenuanti generiche sono stati ritenuti adeguatamente motivati, facendo riferimento anche ai precedenti penali dell’imputato.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio della Corte di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Suprema Corte non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare che la decisione impugnata sia stata presa nel rispetto della legge e con un percorso logico-argomentativo privo di vizi evidenti. Quando la motivazione è solida, completa e coerente, come nel caso di specie, il ricorso che mira a una rivalutazione dei fatti è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando la Cassazione può riesaminare la distinzione tra spaccio e uso personale decisa da un giudice?
La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica, contraddittoria o completamente assente. Non può, invece, procedere a una nuova e diversa valutazione delle prove, come la quantità di droga o le testimonianze, se la motivazione del giudice di merito è coerente e completa.

Perché è stata negata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La non punibilità è stata negata perché la Corte d’Appello ha ritenuto che il fatto non fosse di particolare tenuità. Questa valutazione si è basata sul quantitativo di stupefacente detenuto (definito ‘non modestissimo’, pari a 133 dosi) e sulle modalità della condotta, che indicavano un’attività di spaccio ‘intensa e non occasionale’.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice (in questo caso 3.000 euro), in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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