Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32013 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32013 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in CINA il 20/03/1986
avverso la sentenza del 04/07/2024 della Corte d’appello di Firenze Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore generale, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza emessa il 17/01/2022 dal Tribunale di Prato nei confronti di NOME COGNOME imputata del reato previsto dall’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, con l a quale la stessa era stata condannata, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di mesi sei di reclusione ed € 1.000,00 di multa, con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
La Corte ha premesso la ricostruzione dei fatti operata sulla base degli atti utilizzabili ai fini della decisione, rilevando che, nel corso di un controllo effettuato da personale della Polizia di Stato, era stata fermata un’autovettura con a bordo tre cittadini cinesi e che l’imputata aveva nascosto nel portaoggetti tra i sedili un fazzoletto al cui interno era stata rinvenuta sostanza stupefacente del tipo ketamina, mentre altra sostanza dello stesso tipo nonché del tipo cocaina era stata rinvenuta all’esito della perquisizione personale e della successiva perquisizione domiciliare.
Il giudice d’appello ha ritenuto infondato il motivo con il quale era stata dedotta la destinazione a uso personale delle sostanze in sequestro, ritenendo che il giudice di primo grado avesse adeguatamente valorizzato elementi quali la diversità delle sostanze stesse e la presenza di materiale atto al confezionamento; ha ritenuto infondato il motivo inerente alla richiesta applicazione della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131bis cod. pen., anche in considerazione della natura delle sostanze stupefacenti nonché quelli riguardanti la dosimetria della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione COGNOME tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.c), cod.proc.pen. -la violazione di legge in relazione agli artt. 178 e 181 cod.proc.pen., per la lesione del diritto di difesa derivante dall’omessa valutazione della richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore.
Ha dedotto che, all’udienza del 25 giugno 2024, era stata avanzata richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore in relazione all’udienza del 4 luglio 2024 in ragione della presenza di un concomitante impegno professionale riguardante un reato di maggiore gravità rispetto a quello contestato nella presente sede; ha quindi dedotto che la Corte territoriale aveva trattato l’impugnazione senza esprimersi sulla richiesta di rinvio formulata dalla difesa con conseguente nullità degli atti successivi, ivi compresa la sentenza.
Con il secondo motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. -la carenza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui aveva escluso la destinazione a uso personale delle sostanze in sequestro.
Ha dedotto che la Corte avrebbe irragionevolmente attribuito rilevanza alle modalità di confezionamento delle bustine termosaldate nonché alla presenza di bustine, peraltro vuote, presso l’abitazione della ricorrente, tutti elementi in realtà non incompatibili con una mera attività di precedente acquisto finalizzata all’uso personale; ha altresì dedotto che la ricorrente svolgeva regolare attività lavorativa e che la somma trovata nella sua disponibilità le era, infatti, stata restituita con provvedimento di dissequestro, a dimostrazione della provenienza lecita della stessa; sottolineando come non fosse stato riscontrato alcun effettivo episodio di scambio di sostanza stupefacente nei confronti di terzi.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Parte ricorrente ha dedotto che la Corte avrebbe omesso di prendere in considerazione la richiesta di rinvio per legittimo impedimento (derivante da concomitante impegno professionale) formulata dal difensore per l’udienza del 4 luglio 2024, in tal modo determinandosi la nullità di tutta la successiva attività processuale, ivi compresa la sentenza (in riferimento al principio espresso, tra le altre, da Sez. 2, n. 42333 del 28/09/2023, COGNOME, Rv. 285301; Sez. 6, n. 47213 del 18/11/2015, COGNOME, Rv. 265483).
Va quindi premesso, sul punto, che, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la Corte di legittimità è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e), del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092, in senso conforme Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273525).
Nel caso di specie, sulla base dell’esame del verbale di udienza del 4 luglio 2024, emerge l’infondatezza in punto di fatto della prospettazione operata dalla difesa della ricorrente; emergendo, invece, che la Corte territoriale ha compiutamente esaminato l’istanza di rinvio, disponendone il rigetto in considerazione del fatto che il difensore era a conoscenza della contemporaneità dell’impegno professionale quantomeno a far data dal 21 maggio 2024, data in cui era stata già disposta la fissazione dell’udienza per il 4 luglio 2024.
Ferma restando la non sindacabilità in questa sede della motivazione posta alla base del rigetto dell’istanza di rinvio (comunque non richiesta in considerazione del tenore del motivo di impugnazione) ne consegue la palese inammissibilità del motivo, in qu anto fondato sull’erroneo presupposto dell’omessa valutazione dell’istanza difensiva.
Anche il secondo motivo di ricorso, tendente a contestare la valutazione dei giudici di merito in punto di destinazione allo spaccio delle sostanze stupefacenti, è manifestamente infondato in quanto meramente reiterativo di argomentazioni già proposte di fronte al giudice di appello e da questi rigettate con congrua motivazione.
3.1 Sotto tale profilo, deve essere premesso -in via logicamente pregiudiziale – che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747tra le altre).
Ricordando, altresì, che non è consentita in sede legittimità una rivalutazione nello stretto merito delle risultanze processuali, essendo preclusa in questa sede la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, B., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 27429 del 4/7/2006, COGNOME, RV. 234559); essendo, infatti, stato più volte ribadito che la Corte di cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio (Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 238215), restando esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380 del 11/1/2007, Messina, Rv. 235716).
3.2 Ciò premesso, fermo restando che la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità e non è onere dell’imputato darne la prova, gravando invece sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio (Sez. 6, n. 26738 del 18/09/2020, Canduci, Rv. 279614), va ricordato che la prova della destinazione della sostanza ad uso personale, come quella della sua destinazione allo spaccio, può essere desunta da qualsiasi elemento o dato indiziario che, con rigore, univocità e certezza, consenta di inferirne la sussistenza attraverso un
procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza (Sez. 3, n. 24651 del 22/02/2023, COGNOME, Rv. 284842).
3.3 Nel caso di specie, con motivazione non manifestamente illogica e coerente con il richiamato principio, la Corte territoriale ha valorizzato i plurimi elementi rappresentati dalla diversità delle sostanze stupefacenti rinvenute nella disponibilità dell ‘imputata, dal loro previo confezionamento in bustine termosaldate della stessa tipologia di quelle poi rinvenute presso la sua abitazione e comunque l’assenza di qualsiasi elemento indiziario idoneo a dedurre un effettivo uso personale delle sostanze.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così è deciso, 18/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME