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Spaccio e uso personale: quando il ricorso è inammissibile

Una donna, condannata per detenzione di stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando errori procedurali e una valutazione errata dei fatti. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che le doglianze procedurali erano infondate e che la distinzione tra spaccio e uso personale era stata correttamente motivata dai giudici di merito sulla base di elementi come la diversità delle droghe e il materiale per il confezionamento, non potendo la Cassazione rivalutare i fatti.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio e Uso Personale: La Cassazione Delinea i Confini del Ricorso

La distinzione tra spaccio e uso personale di sostanze stupefacenti è una delle questioni più dibattute nelle aule di tribunale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui limiti del ricorso e sui criteri di valutazione delle prove, dichiarando inammissibile l’impugnazione di una condanna per detenzione ai fini di spaccio. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i principi di diritto affermati.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un controllo di polizia su un’autovettura con tre persone a bordo. Durante l’ispezione, l’imputata veniva sorpresa a nascondere nel portaoggetti un fazzoletto contenente ketamina. Le successive perquisizioni, personale e domiciliare, portavano al rinvenimento di ulteriore sostanza dello stesso tipo e di cocaina, oltre a materiale per il confezionamento come bustine termosaldate. Sulla base di questi elementi, la donna veniva condannata in primo grado e in appello per il reato di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, seppur nella sua forma lieve (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990).

I Motivi del Ricorso: Tra Vizi Procedurali e Valutazione delle Prove

La difesa ha presentato ricorso per cassazione articolando due principali motivi di doglianza.

1. Violazione del Diritto di Difesa: Si lamentava un presunto error in procedendo, sostenendo che la Corte d’appello avesse omesso di valutare una richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, impegnato in un altro procedimento per un reato più grave. Secondo la ricorrente, tale omissione avrebbe comportato la nullità della sentenza.
2. Manifesta Illogicità della Motivazione: Si contestava la conclusione dei giudici di merito riguardo alla destinazione della droga allo spaccio. La difesa sosteneva che gli elementi raccolti (come le bustine) non fossero incompatibili con un acquisto finalizzato all’uso personale e che la Corte non avesse considerato il fatto che l’imputata svolgeva una regolare attività lavorativa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni nette.

Sul primo punto, quello procedurale, la Corte ha esercitato il suo potere di accedere direttamente agli atti del processo. Dall’esame del verbale d’udienza è emerso che, contrariamente a quanto affermato dalla difesa, la Corte d’appello aveva compiutamente esaminato l’istanza di rinvio e l’aveva rigettata. La motivazione del rigetto si basava sul fatto che il difensore era a conoscenza della concomitanza degli impegni da oltre un mese. Il motivo di ricorso è stato quindi giudicato manifestamente infondato perché basato su un presupposto fattuale errato.

Sul secondo motivo, relativo alla distinzione tra spaccio e uso personale, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il giudice di legittimità non può effettuare una nuova valutazione dei fatti. Il suo compito è limitato a verificare la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva adeguatamente valorizzato una serie di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti: la diversità delle sostanze (ketamina e cocaina), la presenza di materiale per il confezionamento (bustine termosaldate) e l’assenza di prove concrete che suggerissero un effettivo uso personale. La riproposizione in Cassazione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti in appello rende il motivo meramente reiterativo e, pertanto, inammissibile.

Conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi. In primo luogo, quando si denuncia un errore procedurale, la Corte di Cassazione può verificare direttamente gli atti e rigettare il ricorso se questo si fonda su circostanze non veritiere. In secondo luogo, la distinzione tra spaccio e uso personale è una valutazione di fatto rimessa al giudice di merito, che può legittimamente basare la sua decisione su una pluralità di indizi, come la varietà delle droghe e la presenza di strumenti per il confezionamento. Un ricorso in Cassazione che si limiti a proporre una lettura alternativa delle prove, senza individuare un vizio logico reale nella motivazione del giudice precedente, è destinato all’inammissibilità.

Quando un ricorso per cassazione basato su un presunto errore procedurale viene respinto?
Un ricorso di questo tipo viene respinto quando, dall’esame diretto degli atti processuali (potere concesso alla Cassazione in caso di error in procedendo), emerge che il presupposto fattuale della doglianza è errato. Nel caso specifico, la Corte ha verificato che l’istanza di rinvio non era stata ignorata, ma esaminata e rigettata, rendendo il motivo di ricorso infondato.

Quali elementi distinguono lo spaccio di droga dall’uso personale secondo la sentenza?
La sentenza conferma che la destinazione allo spaccio può essere desunta da plurimi elementi indiziari, quali la diversità delle sostanze stupefacenti detenute (nel caso, ketamina e cocaina), il loro confezionamento in dosi (bustine termosaldate) e la presenza di materiale idoneo a preparare ulteriori dosi, uniti all’assenza di elementi che dimostrino un effettivo uso personale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove per dimostrare l’uso personale?
No, la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare nel merito le prove e i fatti. Il suo ruolo è quello di controllare la legittimità della decisione, ossia verificare che la motivazione della sentenza precedente sia logica, coerente e non contraddittoria. Riproporre gli stessi argomenti fattuali già respinti nei gradi di merito, senza evidenziare un vizio di motivazione, rende il ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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