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Spaccio di stupefacenti: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione di hashish ai fini di spaccio di stupefacenti. Il ricorso è stato ritenuto generico e ripropositivo di censure già esaminate. La Corte ha confermato la validità degli indici sintomatici dello spaccio (quantità, qualità, occultamento) e ha rigettato la richiesta di applicazione di attenuanti e della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa del comportamento successivo dell’imputato e della gravità della condotta.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Stupefacenti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sul reato di spaccio di stupefacenti e sui requisiti di ammissibilità di un ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un soggetto condannato per detenzione di hashish con finalità di cessione, confermando la decisione dei giudici di merito. Analizziamo insieme i punti salienti di questa pronuncia.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna emessa dal Tribunale di Savona e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Genova. Un giovane uomo veniva riconosciuto colpevole di detenzione di sostanza stupefacente del tipo hashish, finalizzata allo spaccio. L’imputato, non accettando la decisione, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi. In particolare, contestava l’affermazione della sua responsabilità, ritenendo insufficienti le prove sulla destinazione della droga all’attività di spaccio. Inoltre, si doleva della mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), del mancato riconoscimento di attenuanti e del diniego della sospensione condizionale della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ritenuto i motivi di ricorso manifestamente infondati, generici e, soprattutto, ripropositivi di argomentazioni già adeguatamente valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. In sostanza, il ricorrente non aveva sollevato critiche specifiche e pertinenti contro la logica della sentenza impugnata, ma si era limitato a ripetere le sue tesi difensive.

Le Motivazioni della Corte sullo Spaccio di Stupefacenti

La Corte ha ritenuto il ragionamento del giudice d’appello pienamente coerente e logico, basato su elementi processuali concreti. Vediamo quali sono gli aspetti chiave che hanno portato a questa conclusione.

Gli Indici Sintomatici dello Spaccio

Per stabilire la finalità di spaccio, i giudici di merito avevano correttamente valorizzato una serie di ‘indici sintomatici’, ovvero elementi che, nel loro insieme, lasciano presumere l’intenzione di cedere la sostanza a terzi. Questi includevano:

* Modalità di occultamento: la droga era nascosta negli slip, una tecnica spesso usata per eludere i controlli.
* Dato ponderale e qualitativo: la quantità e l’ottima qualità dell’hashish sono state ritenute significative.
* Assenza di reddito: il ricorrente non aveva fonti di reddito lecite che potessero giustificare l’acquisto della sostanza per un uso meramente personale.
* Contesto: la detenzione avveniva in un luogo pubblico, suggerendo una disponibilità alla cessione.

Il Rigetto delle Attenuanti e della Non Punibilità

La Corte ha confermato anche la decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) e altre attenuanti. La motivazione si fonda sulla rilevanza del pericolo creato al bene giuridico tutelato (la salute pubblica), considerati i profili quantitativi e qualitativi dello stupefacente e la condotta complessiva del soggetto. Per quanto riguarda le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena, il diniego è stato giustificato dall’assenza di elementi positivi da valorizzare. Al contrario, il comportamento successivo al reato, caratterizzato da ripetute violazioni delle misure imposte e da nuove pendenze giudiziarie, delineava una prognosi negativa sulla sua futura condotta.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Motivi generici, ripetitivi o che mirano a una nuova valutazione delle prove sono destinati all’inammissibilità. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto in questo caso.

Quali elementi possono dimostrare l’intenzione di spaccio di stupefacenti, anche in assenza di una vendita diretta?
Secondo la Corte, l’intenzione di spacciare può essere provata attraverso ‘indici sintomatici’ come le modalità di occultamento della sostanza (es. nascosta negli indumenti intimi), la quantità e la qualità della droga, l’assenza di fonti di reddito che giustifichino un acquisto per uso personale e il fatto di portarla in un luogo pubblico.

Perché può essere negata la causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ in un caso di droga?
La non punibilità può essere esclusa quando, nonostante la quantità non sia enorme, la condotta complessiva e la qualità della sostanza rivelano una significativa pericolosità per la salute pubblica. La valutazione del giudice considera tutti gli aspetti del caso, non solo il peso della droga.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, poiché si ritiene che l’impugnazione avesse un carattere palesemente dilatorio o infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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