Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 519 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 519 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Greco NOMECOGNOME nato a Rovito il 11/01/1962
avverso la sentenza del 28/06/2023 della Corte d’appello di Catanzaro
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 28/06/2023 la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale di Cosenza del 10/11/2019, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, alla pena di mesi 7 di reclusione ed euro 1.200,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione lamentando violazione dell’articolo 533 cod. pen., in relazione all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, non essendo stato rinvenuto nulla da cui potesse inferirsi la destinazione allo spaccio dello stupefacente. Lamenta, inoltre, violazione dell’articolo 131bis cod. pen..
In data 18/10/2024 l’Avv. NOME Maria COGNOME depositava, per l’imputato, memoria con cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso Ł inammissibile.
La doglianza sul giudizio di colpevolezza costituisce pedissequa reiterazione di censura già dedotta con l’atto di appello, motivatamente disattesa dalla Corte territoriale.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
Nel caso di specie, a pagina 2, la Corte territoriale precisa che il rinvenimento dello stupefacente in tre luoghi distinti (un barattolo consegnato spontaneamente dall’imputato, uno nascosto sotto il materasso e un terzo in sala da pranzo), il quantitativo di stupefacente (da cui erano ricavabili 313 dosi singole) e l’assenza di attività lavorativa dell’imputato, nonchØ la mancata dimostrazione di uno stato di abituale assunzione, costituiscono elementi che depongono univocamente per la destinazione allo spaccio.
Tale motivazione fa buon governo dei principi elaborati da questa Corte, secondo cui va annullata la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma primo d.P.R. n. 309 del 1990 che accerti la finalità di spaccio facendo ricorso al solo dato ponderale della sostanza detenuta, omettendo di valutare le modalità comportamentali dell’imputato astrattamente idonee a giustificare una destinazione ad uso esclusivamente personale (Sez. 6, n. 2652 del 21/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258245 – 01), circostanze debitamente analizzate nel caso di specie.
Il motivo relativo alla violazione dell’articolo 131bis cod. pen. Ł inammissibile per tardività.
Ed infatti, dal non contestato riepilogo dei motivi di appello (sull’obbligo di contestare a pena di inammissibilità tale riepilogo ove non conforme ai motivi di appello vedi, ex multis , Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 8657 del 15/02/2024, Immobile, n.m.; Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME n.m.; Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627 – 01; Sez. 2, n. 9028/2014 del 05/11/2013, COGNOME, Rv. 259066), emerge che la violazione dell’art. 131bis cod. pen. non era stata dedotta.
La doglianza Ł quindi tardiva.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore