Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21045 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal-Consiglier-e NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 28.11.2023, la Corte di appello dell’Aquila, in parziale riforma della sentenza di primo grado – emessa con rito abbreviato riqualificata l’imputazione nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, ha rideterminato la pena nei confronti di NOME in anni due di reclusione ed euro 3.000 di multa, confermando nel resto.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando quanto segue.
Violazione di legge con riferimento all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/90, per erronea qualificazione delle condotte contestate nel capo di imputazione come fattispecie autonome ed indipendenti rispetto alla complessiva condotta rientrante nell’ambito della citata norma incriminatrice.
II) Violazione di legge, con riferimento al trattamento sanzionatorio applicato. La Corte d’appello avrebbe dovuto individuare la pena base in relazione all’episodio più grave ed effettuare un aumento unico per la continuazione e per tutti gli altri episodi contestati o eventualmente effettuare minimi aumenti in relazione ai fatti riferibili ai singoli cessionari.
III) Vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 62, n. 4, cod. pen. per la speciale tenuità del fatto e del beneficio della sospensione condizionale della pena.
IV) Violazione di legge quanto alla conferma della misura di sicurezza dell’espulsione dell’imputato dal territorio nazionale sul falso presupposto della ritenuta pericolosità sociale dello stesso.
Violazione di legge in ordine alla mancata applicazione delle sanzioni sostitutive.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
La difesa del ricorrente ha depositato memoria di replica, insistendo nelle rassegnate conclusioni.
Il proposto ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
5.1. Il motivo sub I) è manifestamente infondato, risultando in atti pacificamente contestati plurimi episodi di cessione di sostanze stupefacenti del tipo hashish, commessi dal prevenuto nei confronti di diversi soggetti acquirenti.
5.2. Il motivo sub II) è privo di pregio, atteso che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte territoriale ha correttamente applicato il disposto di cui all’art. 81 cod. pen., determinando per la continuazione un aumento di pena fino al triplo in considerazione del numero elevato delle fattispecie criminose di cessione oggetto di contestazione.
5.3. Anche il motivo sub III) è manifestamente infondato, atteso che non è certamente illogica la motivazione della sentenza impugnata, laddove ha negato la sussistenza dei presupposti, nel caso concreto, della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., avuto riguardo all’elevato numero di cessioni da cui l’imputato ha conseguito un lucro non qualificabile come di speciale tenuità, tenuto conto della frequenza e costanza delle stesse, anche in rapporto alla detenzione di un numero apprezzabile di dosi già pronte per l’immediata cessione ad altri tossicodipendenti (cfr. Sez. 6, n. 31603 del 16/05/2017, Rv. 270571 – 01).
5.4. I motivi sub IV) e V) prospettano non consentite censure di merito, a fronte di sentenza che ha logicamente motivato in ordine alla elevata pericolosità sociale del prevenuto, stante la sua abituale attività di spacciatore, fra l’altro posta in essere nonostante lo stesso fosse sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Per le stesse ragioni è stato plausibilmente ritenuto che, nei confronti dell’imputato, le sanzioni sostitutive invocate non riuscirebbero ad ottemperare alla finalità rieducativa che le sono proprie.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10 aprile 2024
Il Cons ere estensore