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Spaccio di lieve entità: quantità e Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la detenzione di 502 grammi di hashish. La difesa chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano escluso tale ipotesi valorizzando come preponderante il dato quantitativo della sostanza, da cui era possibile ricavare oltre 5.000 dosi.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: Quando la Quantità Prevale su Tutto

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui criteri di applicazione del cosiddetto spaccio di lieve entità, un’ipotesi di reato attenuata prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13920/2024, ha stabilito che un quantitativo ingente di droga può, di per sé, essere sufficiente a escludere la configurabilità di tale fattispecie, anche in presenza di altri elementi potenzialmente favorevoli all’imputato. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni.

I Fatti del Caso in Esame

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello di Torino. L’imputato era stato ritenuto responsabile per l’illecita detenzione di cinque panetti di hashish, per un peso complessivo lordo di 502 grammi. La difesa aveva incentrato il proprio motivo di ricorso sulla richiesta di riqualificare il fatto nell’ipotesi di spaccio di lieve entità, sostenendo che la condotta tenuta non presentasse un grado di offensività tale da giustificare la contestazione del reato in forma ordinaria.

La Corte di Appello, tuttavia, aveva respinto tale tesi, fondando la propria decisione su un elemento considerato decisivo: l’enorme quantità della sostanza detenuta e, di conseguenza, il numero di dosi che ne sarebbero potute essere ricavate.

La Decisione della Corte di Cassazione e lo spaccio di lieve entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto l’impianto argomentativo della sentenza impugnata. I giudici di legittimità hanno ritenuto la motivazione della Corte territoriale immune da censure, in quanto coerente con i principi consolidati della giurisprudenza.

Il punto centrale della decisione risiede nell’aver attribuito un “valore preponderante” al “rilevantissimo dato ponderale” della sostanza. La Corte ha sottolineato come dai 502 grammi lordi di hashish si potessero ottenere 495,55 grammi netti, con un principio attivo (THC) variabile tra il 14,42% e il 34,83%. Da tale quantitativo era possibile ricavare ben 5.024,88 dosi. Questo singolo dato è stato giudicato sufficiente a escludere che i fatti potessero essere considerati di “minima offensività”.

Le Motivazioni: Il Peso del Dato Ponderale

La motivazione della Cassazione si allinea perfettamente all’orientamento espresso dalle Sezioni Unite nella nota sentenza “Murolo” (n. 51063/2018). Tale pronuncia ha chiarito che, nella valutazione della lieve entità del fatto, il giudice deve considerare tutti gli indici previsti dalla norma (mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze). Tuttavia, ha anche specificato che alcuni di questi indici possono assumere un peso tale da risultare assorbenti e decisivi.

Nel caso di specie, la quantità della droga detenuta è stata ritenuta un indicatore talmente significativo della gravità della condotta da neutralizzare ogni altra possibile valutazione. La capacità della sostanza di riversarsi sul mercato con un numero così elevato di dosi è stata interpretata come un chiaro sintomo di un’offensività non marginale, incompatibile con la ratio della norma sullo spaccio di lieve entità, pensata per condotte che si collocano ai margini della rilevanza penale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: sebbene la valutazione sulla lieve entità debba essere complessiva e basata su una pluralità di indicatori, il dato quantitativo può assumere un ruolo decisivo. Per gli operatori del diritto, ciò significa che di fronte a un sequestro di sostanze stupefacenti di notevole entità, le possibilità di ottenere una riqualificazione del reato in termini di lieve entità si riducono drasticamente. La pronuncia serve come monito: la detenzione di quantitativi importanti di droga difficilmente potrà essere considerata una condotta di minima offensività, indipendentemente dalle altre circostanze del caso concreto. La Corte, ancora una volta, pone l’accento sul potenziale pericolo per la salute pubblica come criterio guida nella repressione dei reati in materia di stupefacenti.

La sola quantità di droga è sufficiente per escludere l’ipotesi di spaccio di lieve entità?
Sì, secondo questa ordinanza, un dato ponderale “rilevantissimo”, capace di generare un numero molto elevato di dosi (in questo caso oltre 5.000), può essere considerato un elemento di valore preponderante e sufficiente a escludere la minima offensività del fatto, rendendo inapplicabile la fattispecie di lieve entità.

Quali sono i criteri per valutare lo spaccio di lieve entità?
La valutazione deve tenere conto di tutti gli indici previsti dalla legge, come le modalità dell’azione, i mezzi utilizzati, le circostanze e, soprattutto, la qualità e la quantità della sostanza stupefacente. Tuttavia, come dimostra questo caso, il criterio quantitativo può assumere un’importanza decisiva.

Qual è stato l’esito finale del ricorso e perché?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte di Appello fosse corretta e non censurabile, in quanto aveva adeguatamente giustificato l’esclusione del fatto di lieve entità basandosi sulla gravità oggettiva rappresentata dall’ingente quantitativo di droga detenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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