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Spaccio di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti, il quale richiedeva l’applicazione della fattispecie di spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che la durata prolungata dell’attività, la disponibilità di diverse tipologie di sostanze e la consistenza complessiva dell’operato sono elementi che escludono la possibilità di qualificare il reato come di lieve entità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: I Criteri della Cassazione per Escluderlo

L’ordinamento giuridico italiano prevede una distinzione cruciale nel reato di spaccio di stupefacenti, differenziando i casi più gravi da quelli di minor allarme sociale. Questa distinzione si concretizza nella fattispecie dello spaccio di lieve entità, disciplinata dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990, che comporta un trattamento sanzionatorio notevolmente più mite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura sui criteri che i giudici devono utilizzare per decidere quando tale ipotesi attenuata non può essere applicata.

Il Percorso Giudiziario del Caso

Il caso in esame ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte d’Appello, per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso con altri. La pena inflitta era stata di 4 anni e 5 mesi di reclusione, oltre a una consistente multa. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: il mancato riconoscimento della fattispecie di spaccio di lieve entità, che avrebbe comportato una pena significativamente inferiore.

La Tesi Difensiva

Secondo la difesa, i giudici di merito avevano errato nel non applicare l’ipotesi lieve del reato. L’obiettivo era ottenere un annullamento della sentenza e un nuovo giudizio che tenesse conto di questa circostanza, con la speranza di una riduzione della pena. La difesa ha insistito su questo punto anche con una memoria successiva, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

La Valutazione dello Spaccio di Lieve Entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa sulla correttezza della valutazione compiuta dalla Corte d’Appello, la quale è stata giudicata priva di vizi logici o giuridici. Per comprendere appieno la decisione, è fondamentale analizzare i parametri che, secondo la Cassazione, escludono la configurabilità del reato lieve.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione sulla lieve entità del fatto non può basarsi su un singolo elemento, ma deve derivare da un’analisi complessiva della condotta. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato tre fattori determinanti per escludere l’ipotesi attenuata:

1. Il dato temporale: L’attività di spaccio non era stata episodica o occasionale, ma si era protratta per un periodo di tempo esteso. La continuità nel tempo è un indice di maggiore pericolosità sociale e di una non marginalità del traffico illecito.
2. La diversità delle sostanze: L’imputato aveva la disponibilità non di un solo tipo di droga, ma di diverse sostanze illecite. Questa varietà suggerisce un’organizzazione più complessa e un mercato di riferimento più ampio, caratteristiche incompatibili con un’attività di modesta entità.
3. La consistenza dell’attività: L’insieme delle operazioni di cessione, per quantità e frequenza, delineava un’attività di spaccio tutt’altro che trascurabile. La consistenza complessiva dell’operato è un criterio fondamentale per distinguere il piccolo spaccio da un’attività criminale più strutturata.

Sulla base di questi elementi, la Corte ha concluso che la condotta dell’imputato non poteva rientrare nella nozione di spaccio di lieve entità, giustificando così la decisione dei giudici di merito.

Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: la qualificazione di un fatto di spaccio come di lieve entità richiede un’attenta valutazione di tutti gli indici della condotta. Un’attività sistematica, prolungata nel tempo e diversificata per tipo di sostanze non può beneficiare del trattamento sanzionatorio più favorevole. La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità del ricorso è stata la condanna definitiva dell’imputato, il quale, oltre a dover scontare la pena, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale quando un ricorso viene respinto per manifesta infondatezza senza che vi sia colpa da parte del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

Quando si può escludere la fattispecie di spaccio di lieve entità?
Si può escludere quando l’attività criminale non è marginale, ma presenta indici di una certa gravità, come una durata estesa nel tempo, la disponibilità di diversi tipi di sostanze stupefacenti e una consistenza complessiva significativa dell’attività di spaccio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché il motivo presentato è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione della Corte d’Appello, nel negare l’ipotesi lieve, era corretta e priva di vizi logici o giuridici.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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