Spaccio di Lieve Entità: I Criteri della Cassazione per Escluderlo
L’ordinamento giuridico italiano prevede una distinzione cruciale nel reato di spaccio di stupefacenti, differenziando i casi più gravi da quelli di minor allarme sociale. Questa distinzione si concretizza nella fattispecie dello spaccio di lieve entità, disciplinata dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990, che comporta un trattamento sanzionatorio notevolmente più mite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura sui criteri che i giudici devono utilizzare per decidere quando tale ipotesi attenuata non può essere applicata.
Il Percorso Giudiziario del Caso
Il caso in esame ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte d’Appello, per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso con altri. La pena inflitta era stata di 4 anni e 5 mesi di reclusione, oltre a una consistente multa. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: il mancato riconoscimento della fattispecie di spaccio di lieve entità, che avrebbe comportato una pena significativamente inferiore.
La Tesi Difensiva
Secondo la difesa, i giudici di merito avevano errato nel non applicare l’ipotesi lieve del reato. L’obiettivo era ottenere un annullamento della sentenza e un nuovo giudizio che tenesse conto di questa circostanza, con la speranza di una riduzione della pena. La difesa ha insistito su questo punto anche con una memoria successiva, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
La Valutazione dello Spaccio di Lieve Entità
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa sulla correttezza della valutazione compiuta dalla Corte d’Appello, la quale è stata giudicata priva di vizi logici o giuridici. Per comprendere appieno la decisione, è fondamentale analizzare i parametri che, secondo la Cassazione, escludono la configurabilità del reato lieve.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione sulla lieve entità del fatto non può basarsi su un singolo elemento, ma deve derivare da un’analisi complessiva della condotta. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato tre fattori determinanti per escludere l’ipotesi attenuata:
1. Il dato temporale: L’attività di spaccio non era stata episodica o occasionale, ma si era protratta per un periodo di tempo esteso. La continuità nel tempo è un indice di maggiore pericolosità sociale e di una non marginalità del traffico illecito.
2. La diversità delle sostanze: L’imputato aveva la disponibilità non di un solo tipo di droga, ma di diverse sostanze illecite. Questa varietà suggerisce un’organizzazione più complessa e un mercato di riferimento più ampio, caratteristiche incompatibili con un’attività di modesta entità.
3. La consistenza dell’attività: L’insieme delle operazioni di cessione, per quantità e frequenza, delineava un’attività di spaccio tutt’altro che trascurabile. La consistenza complessiva dell’operato è un criterio fondamentale per distinguere il piccolo spaccio da un’attività criminale più strutturata.
Sulla base di questi elementi, la Corte ha concluso che la condotta dell’imputato non poteva rientrare nella nozione di spaccio di lieve entità, giustificando così la decisione dei giudici di merito.
Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: la qualificazione di un fatto di spaccio come di lieve entità richiede un’attenta valutazione di tutti gli indici della condotta. Un’attività sistematica, prolungata nel tempo e diversificata per tipo di sostanze non può beneficiare del trattamento sanzionatorio più favorevole. La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità del ricorso è stata la condanna definitiva dell’imputato, il quale, oltre a dover scontare la pena, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale quando un ricorso viene respinto per manifesta infondatezza senza che vi sia colpa da parte del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
Quando si può escludere la fattispecie di spaccio di lieve entità?
Si può escludere quando l’attività criminale non è marginale, ma presenta indici di una certa gravità, come una durata estesa nel tempo, la disponibilità di diversi tipi di sostanze stupefacenti e una consistenza complessiva significativa dell’attività di spaccio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché il motivo presentato è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione della Corte d’Appello, nel negare l’ipotesi lieve, era corretta e priva di vizi logici o giuridici.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38525 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38525 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che con sentenza depositata il giorno 11 agosto 2023 la Corte di appello di Bologna confermava la precedente decisione con cui il Tribunale di Modena aveva con any to NOME, in concorso con altri, alla pena 2 – ton tAi di anni 4 e mesi GLYPH i e reclusione ed C 49E5 di multa, avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che per l’annullamento di predetta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione affidandolo ad un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di motivazione censurando la decisione della Corte bolognese nella parte In cui i Giudici del merito non avevano ritenuto di applicare l’invocata fattispeci di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309 del 1990;
che con memoria del 16 febbraio 2024 la difesa del ricorrente ha insistito per l’accoglimento dell’impugnazione.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il motivo in esso contenuto risulta manifestamente infondato atteso che la Corte territoriale, con valutazione esente da vizi logici o giuridici, ha esclu la ricorrenza dell’invocata fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. 30 del 1990 dando rilievo al dato temporale esteso della fornitura di stupefacenti, alla disponibilità di diversi tipi di sostanze illecite nonché alla consiste dell’attività di spaccio attribuiti al ricorrente;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la part abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2024
Il onslgli restej2ore
Presidente