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Spaccio di lieve entità: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona condannata per spaccio. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, escludendo l’ipotesi di spaccio di lieve entità a causa del numero elevato di dosi (oltre 318) e della capacità organizzativa. È stata inoltre negata l’attenuante per la collaborazione, ritenuta generica e non decisiva per le indagini.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: I Criteri della Cassazione per Escluderlo

La distinzione tra spaccio di droga e spaccio di lieve entità è una linea sottile ma cruciale nel diritto penale, con conseguenze significative sulla pena. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i parametri utilizzati per negare la qualificazione di lieve entità, focalizzandosi su elementi concreti come la quantità di dosi e la capacità organizzativa del reo. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio la logica dei giudici.

I Fatti del Caso: Oltre 300 Dosi e Denaro Contante

Il caso riguarda una persona condannata nei primi due gradi di giudizio per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa aveva richiesto il riconoscimento dell’ipotesi di reato più lieve, prevista dal comma 5 dell’articolo 73 del Testo Unico Stupefacenti, ma tale richiesta era stata respinta. I giudici di merito avevano basato la loro decisione su diversi fattori oggettivi: la notevole quantità di droga, da cui si potevano ricavare oltre 318 dosi medie singole, la suddivisione della sostanza in pacchetti pronti per la vendita, e la disponibilità di una significativa somma di denaro in banconote di piccolo taglio, tipico provento dell’attività di spaccio. A peggiorare il quadro, l’imputata si trovava in regime di detenzione domiciliare al momento dei fatti.

Il Ricorso in Cassazione: Due Punti Chiave

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali, cercando di ribaltare la decisione della Corte d’Appello.

La Qualificazione come Spaccio di Lieve Entità

Il primo motivo contestava la mancata applicazione dell’ipotesi di spaccio di lieve entità. Secondo la ricorrente, l’attività era circoscritta e non indicativa di una grande capacità criminale. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto questo motivo una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti in appello.

La Richiesta dell’Attenuante per Collaborazione

Il secondo motivo riguardava il mancato riconoscimento dell’attenuante speciale prevista dal comma 7 dello stesso articolo 73, concessa a chi si adopera per aiutare le autorità a identificare altri responsabili o a sequestrare ulteriori quantitativi di droga. La ricorrente sosteneva di aver fornito informazioni utili, ma anche in questo caso la sua collaborazione è stata giudicata insufficiente.

Le Motivazioni: Niente Spaccio di Lieve Entità se c’è Capacità Organizzativa

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha chiarito in modo netto le ragioni del suo rigetto. Per quanto riguarda il primo punto, ha sottolineato che la valutazione sulla lieve entità del fatto non può prescindere da un’analisi complessiva. Elementi come l’ingente numero di dosi ricavabili, la predisposizione di pacchetti per la cessione e la disponibilità di denaro contante dimostrano una “apprezzabile capacità di spaccio” che è incompatibile con la nozione di “piccolo spaccio”. Quest’ultimo, infatti, si caratterizza per una minima offensività e una portata ridotta, elementi assenti nel caso di specie.

Le Conclusioni della Suprema Corte

Per quanto concerne il secondo motivo, i giudici hanno spiegato che la collaborazione deve essere concreta e decisiva. Nel caso esaminato, l’imputata si era limitata a indicare genericamente il fornitore, senza fornire dettagli utili alla sua identificazione o al sequestro di altra droga. La delazione nei confronti del fidanzato è stata ritenuta irrilevante, poiché già esisteva un procedimento a suo carico. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per ottenere l’attenuante non basta una collaborazione qualunque, ma è necessario un contributo conoscitivo apprezzabile e utile per le indagini. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità?
Secondo la Corte, lo spaccio non è di lieve entità quando emergono indici di una notevole capacità organizzativa, come un quantitativo di droga da cui si possono ricavare molte dosi (nel caso specifico oltre 318), la suddivisione in pacchetti pronti alla vendita e la disponibilità di significativo denaro contante in piccoli tagli.

Perché una collaborazione con le autorità può non essere sufficiente per ottenere l’attenuante?
Per ottenere l’attenuante, la collaborazione deve fornire un contributo conoscitivo concreto e decisivo per le indagini. Indicare un fornitore in modo generico, senza permetterne l’identificazione, o fornire informazioni su fatti già noti alle autorità non è considerato un contributo rilevante.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No, il ricorso in Cassazione è inammissibile se si limita a riproporre le stesse argomentazioni già valutate dai giudici di merito o se chiede una nuova valutazione delle prove. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, che verifica solo la corretta applicazione della legge, non un giudice di merito che riesamina i fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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